I poveri invitati d'onore alla Messa per Giovanni Paolo II
OSSERVATORE ROMANO
Evangelicamente il “posto d’onore” lo hanno avuto loro - i più poveri - e non poteva essere altrimenti nella messa celebrata da Papa Francesco lunedì mattina, 18 maggio, per ricordare san Giovanni Paolo II a cento anni dalla nascita. Sì, sono proprio loro, i poveri, “corpo diplomatico speciale” accreditato presso i Papi, a testimoniare, con la loro stessa presenza, la forza spirituale - e anche sociale - di una celebrazione che fa memoria per vivere l’oggi e costruire il futuro.
Prima della messa hanno chiesto di confessarsi, «sennò non me la sento di partecipare e fare la comunione» confida, con un filo di voce, un giovane uomo assistito al “Dono di Maria”, la casa di accoglienza che Papa Wojtyła volle affidare a madre Teresa in Vaticano. E forse proprio nel gesto e nelle parole di quest’uomo - sbrigativamente etichettato come “povero” - si riconosce il senso della celebrazione e persino l’icona della meditazione suggerita da Francesco nell’omelia.
Una meditazione profondamente vissuta che già Papa Bergoglio ha iniziato a proporre, a condividere, prima della messa. Con il passo lento della preghiera Francesco, qualche minuto prima delle 7, ha camminato - da solo - verso l’altare che è poi la tomba di Karol Wojtyła. Accarezzando con lo sguardo la Porta Santa e la Pietà di Michelangelo. Le voci di un coro “colorato” dalle vesti di diverse congregazioni religiose femminile hanno scandito il suo passo.
Ad attenderlo, accanto all’altare, per concelebrare c’erano i cardinali Angelo Comastri, arciprete della basilica Vaticana, e Konrad Krajewski - cerimoniere pontificio con Giovanni Paolo II - e gli arcivescovi Jan Romeo Pawłowski, delegato per le Rappresentanze pontificie, e Piero Marini, che per diciotto anni è stato accanto a Karol Wojtyła come maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie. Con loro anche dodici sacerdoti.
Nella colletta Francesco ha pregato «Dio, ricco di misericordia», che ha chiamato «il santo Giovanni Paolo II Papa a guidare l’intera Chiesa», perché conceda a noi, «forti del suo insegnamento, di aprire con fiducia i nostri cuori alla grazia salvifica di Cristo, unico Redentore dell’uomo». E, al termine della messa, ha nuovamente pregato Dio di suscitare in tutti «la fiamma di carità che alimentò incessantemente la vita di san Giovanni Paolo II Papa» e «lo spinse a consumarsi» per la Chiesa. Infine, dopo la benedizione, è stata intonata l’antifona mariana Regina Caeli.
Proprio la sobrietà e l’essenzialità spirituale della celebrazione hanno dato l’opportunità di viverla fino in fondo. Nessuna distrazione ha fatto perdere di vista l’essenziale. Tanto che fare un elenco dei presenti - oltretutto fortemente limitato dalle disposizioni per contenere la diffusione del coronavirus - sarebbe quasi sciupare il valore di questa giornata “eucaristica” di rilancio della memoria. E non era certo neppure il momento di chiedere o condividere un ricordo, neppure a mo’ di intervista prima o dopo la messa. Ha prevalso la preghiera. Il silenzio.
Ma proprio questo stile suggerito da Papa Francesco ha consentito quasi di “ri-ascoltare”, interiormente, la voce e la testimonianza di san Giovanni Paolo II.
E, in questo senso, ci hanno pensato le suore missionarie della Carità, la congregazione fondata da santa Teresa di Calcutta, a suscitare un brivido intonando delicatamente - dopo la comunione - Jesus Christ you are my life, il canto che ha caratterizzato la Giornata mondiale della gioventù nel Giubileo del 2000.
Così, mentre le religiose col “sari” bianco orlato d’azzurro cantavano appunto che «tu, Gesù Cristo, sei la mia vita», tra un ritornello e l’altro è stato come riascoltare la voce stanca ma “ragazzina” di Giovanni Paolo II salutare quel “mare” di giovani nella notte di Tor Vergata: «C’è un proverbio polacco che dice: “Kto z kim przestaje, takim się staje”. Vuol dire: se vivi con i giovani, dovrai diventare anche tu giovane. Così ritorno ringiovanito». Sì, i santi sono giovani per sempre.
E si è rivelata davvero azzeccata quella battuta di Papa Wojtyła nel congedarsi dai giovani a Tor Vergata: «Questo “chiasso” ha colpito Roma e Roma non lo dimenticherà mai!». È proprio vero, Roma e il mondo non hanno dimenticato.
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