Mosca ricorda Papa Wojtyła
di Miguel Palacio
A Mosca l'evento commemorativo per i cento anni della nascita di san Giovanni Paolo II si è svolto - in forma virtuale per contenere la diffusione del contagio del coronavirus - su iniziativa della Biblioteca di Letteratura straniera. E gli interventi, anche degli intellettuali ortodossi, non hanno mancato di evidenziare l’attualità del suo insegnamento.
Forse poche persone sanno che, nel centro di Mosca, c’è un monumento a Giovanni Paolo II. Si trova proprio nell’atrio della Biblioteca di Letteratura straniera, realtà culturale molto conosciuta in Russia. Su iniziativa della ex direttrice Ekaterina Guenieva, la Biblioteca da trent’anni si sforza di promuovere la cultura cristiana e il dialogo ecumenico. Guenieva venne ricevuta da Giovanni Paolo II in Vaticano e gli mostrò un catalogo de libri tedeschi antichi portati dall’allora Unione sovietica dopo la seconda guerra mondiale. “Con queste pubblicazioni state cercando di porre fine alla guerra, però non finisce” le disse il Papa.
L’inaugurazione a Mosca del monumento al vescovo di Roma, realizzato da artisti ucraini e russi su idea del regista Grigoriy Amnuel, non passò inosservata. Era il 14 ottobre 2011, festa del Manto Protettore della Vergine Maria secondo il calendario giuliano. Lo stesso anno, la Biblioteca pubblicò “Comprendendo l’amore”, una collezione di testi teologici, sociali e teatrali di Karol Wojtyła.
In occasione dei cento anni della nascita, perciò, la Biblioteca di Letteratura straniera ha dato voce alla memoria. E così l’arcivescovo dell’arcidiocesi della Madre di Dio di Mosca, monsignor Paolo Pezzi, ha ricordato che, secondo Giovanni Paolo II, per molti europei “il luogo” di Cristo ora è occupato da un sentimento religioso molto vago e poco significativo. Da parte sua il cardinale Stanisław Dziwisz ha avuto parole di incoraggiamento per l’iniziativa di dialogo. Mentre padre Hyacinthe Destivelle, officiale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei cristiani, ha confidato di essersi reso conto della propria vocazione ecumenica riflettendo sulla nota espressione di Papa Wojtyła: “Per un cristiano è impossibile respirare con un polmone; deve avere tutti e due i polmoni, l'occidentale e l'orientale”.
La poetessa Olga Sedakova ha potuto parlare più volte, tra il 1996 e il 1999, con Giovanni Paolo II sul pensiero del filosofo russo Vladímir Soloviov. Papa Wojtyla, ha ricordato, era un ammiratore e conoscitore della cultura russa. Per la scrittrice Natalia Zazúlina, autore del libro su Benedetto xv e il suo aiuto alla Russia e alla Chiesa ortodossa russa negli anni dieci e venti del secolo scorso, il momento più alto del ministero di Giovanni Paolo ii è stato il mea culpa a nome di tutta la Chiesa cattolica, pronunciato il 12 marzo 2000.
La storica e presentatrice televisiva Alexey Yúdin, organizzatrice di questo incontro virtuale moscovita, ha ricordtao di aver partecipato a varie udienze con Giovanni Paolo ii, facendo notare che il Pontefice, già malato, “ci confidò il potere dimenticato della vecchiaia, il potere dello spirito umano della sua resistenza alla debolezza del corpo”. Una volta, ha aggiunto Yúdin, Papa Wojtyła si sentì male mentre pronunciava un discorso e consegnò le pagine a un suo collaboratore perché lo terminasse. Ma, comunque, riuscì a racimolare le forze e “poté pronunciare con la sua voce le ultime righe”.
E un particolare finale: Giovanni Paolo II nacque l'anno del cosiddetto “esodo russo”, quando alcuni milioni di chierici, intellettuali e ufficiali cominciarono a emigrare dalla Russia a causa della rivoluzione e della guerra civile. Il Paese sperimentava la persecuzione antireligiosa più seria nella storia che riguardò tanto gli ortodossi quanto i cattolici. Nel 2001 Giovanni Paolo II beatificò padre Leonid Feodorov, il primo santo cattolico nato in territorio russo, che passò per i campi di lavoro forzati sovietici. In quell’occasione sottolineò che il sacrificio dei martiri del secolo XX si convertì in una “lezione pratica su come vivere per tutti”. Precisamente vivere, non soffrire e morire. Il ministero di Giovanni Paolo II testimonia che il dono di vivere per tutti è una vera chiave per il dialogo, la reciproca comprensione e l’unità.
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