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Fisichella: catechesi del primo annuncio, attenta al digitale e alla globalizzazione

Il presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, monsignor Rino Fisichella, sul nuovo Direttorio per la catechesi: l’obiettivo non è il sacramento, ma l’inserimento nella vita della comunità cristiana. Catechismo anche nelle carceri, tra i migranti e le persone disabili

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Un passo ulteriore nel cammino di “dinamica continuità” della catechesi nel post Concilio, per rispondere alle sfide della cultura digitale e della globalizzazione della cultura. Per l’arcivescovo Rino Fisichella, che presenta ai mass media il nuovo Direttorio per la catechesi approvato da Papa Francesco, la continuità sta nel ribadire che “la catechesi abbraccia tutta la vita di ogni battezzato, in quanto incontro col Signore e partecipazione del suo mistero nella nostra vita”.

Catechesi che ci inserisce nella comunità cristiana

E la novità del documento è nel sottolineare “che non si fa catechesi per ricevere un sacramento”, ma “per inserirsi progressivamente nella vita della comunità cristiana” e poter dare “anche oggi la nostra testimonianza coerente”. Inoltre, nel separare la catechesi da ogni modello e modalità scolastica: “Come ci sono aula e testo di scuola, si sono aula e testo di catechismo… ma non è così”. Per questo la catechesi va nelle carceri, incontra i migranti, abbraccia le persone disabili e quelle più deboli “perché nessuno sia lasciato solo nel suo cammino di fede”.

Tenere unite l’evangelizzazione e la catechesi

In punto fondante e che qualifica il nuovo Direttorio è però “l’intensa azione che lega la catechesi con l’evangelizzazione” e che fa “del primo annuncio di Cristo il punto di forza” di una catechesi rinnovata. Ecco come l’arcivescovo Fisichella lo spiega a Vatican News:

Ascolta l'intervista a monsignor Rino Fisichella

R. - L' ultimo direttorio è stato pubblicato nel '97. Quindi, a poco più di vent'anni, noi ci presentiamo con un nuovo direttorio per la catechesi, che è stato il tentativo di mettersi sempre di più in questa nuova fase che la cultura mondiale sta vivendo. Una cultura digitale, dove lo spazio e il tempo passano molto velocemente e quindi l'esigenza anche di avere un contatto più immediato con la cultura dei nostri giovani, con quelli che ormai sono i nativi digitali, e da parte nostra l'esigenza di una azione pedagogica e formativa che sia corrispondente. Quindi, il nuovo Direttorio si pone sulla lunghezza d'onda di quanto Papa Francesco ha voluto lasciare nella “Evangelii gaudium” nel merito della catechesi. La sua intuizione è stata quella di volere una catechesi kerigmatica: l’esigenza di tenere unite l'evangelizzazione e la catechesi. La catechesi è una tappa dell'evangelizzazione, non è alternativa all'evangelizzazione. Ma all'interno di questo grande processo, che si sviluppa su diversi fronti, dalla liturgia, alla  testimonianza della Carità, alla preghiera personale alla dimensione  anche  morale, la  catechesi  intende però  fare  del primo annuncio di Gesù Cristo il  suo punto di forza.

 

Nella prefazione lei scrive che il Direttorio è uno strumento perfettibile, non ha alcuna pretesa di completezza e si basa sul contributo di molti. Ci può sintetizzare che cosa contiene nelle diverse parti?

R. - Innanzitutto questo nuovo direttorio si presenta in una maniera molto sistematica. Ci sono alcune parti che cercano di evidenziare lo sviluppo sistematico della catechesi. C'è una prima parte che presenta il fondamento teologico: la catechesi appartiene  al processo  della  evangelizzazione  e  la  Chiesa  è  parte  di  questo  processo  di  trasmissione  di  generazione  in  generazione. Per cui  la  catechesi  ci  riporta  a  quel  momento  fondamentale  della  vita  della  Chiesa  ricordato  anche, all’ inizio  del  suo  Vangelo, dall'evangelista Luca, quando dice che intende  presentare a Teofilo, che è già un  battezzato, un  sostegno forte, storico, della ricerca che ha fatto su Gesù e usa proprio il verbo katechein, cioè  fare la catechesi. Quel Vangelo quindi diventa, con il suo annuncio, una catechesi per i battezzati. Poi  abbiamo ovviamente delle parti che introducono, poco  alla  volta, a  comprendere  sempre  di  più  il  ruolo  della  catechesi. In  primo  luogo  la natura  della  catechesi  e  il  ruolo  del  catechista, la  formazione  che  è  dovuta  al  catechista, senza  dimenticare che il  vescovo è il primo catechista. Per giungere poi alle  nostre famiglie, a tutte quelle  situazioni che coinvolgono la conoscenza dei  misteri di Gesù  Cristo. Non fa dimenticare in modo particolare, mi sembra,  ai  vescovi, che sono i primi destinatari  del  direttorio, qual è la loro funzione. Dalle  catechesi di Cirillo di Alessandria alle catechesi  di  Ambrogio, da  quelle  di  Agostino a  quelle  di  Ruffino  d'Aquileia, la  catechesi  era  il  compito  particolare  che  i  vescovi  hanno  sempre  compreso  per  loro.  E quindi, in questa luce, il  Direttorio  consegna  anche  delle  pagine  importanti  sulla  pedagogia, sulla dimensione  formativa  e  soprattutto  sul  riconoscimento  di  tante  situazioni  che oggi  sono nuove  in  questa  cultura  globale  e  che  impegnano  sempre  di  più  la  Chiesa ad  una  vicinanza. 

Qual è l'importanza di questo documento nel rinnovamento della catechesi?

R. - Permette di  compiere un passo ulteriore. Dal Concilio a oggi, quindi in più di 50  anni, non dimentichiamo la  “Catechesi  tradendae”  di  Giovanni  Paolo  II  con  i  due Direttòri  che  lo  hanno  preceduto, è  una  continuità, è  una  dinamica, è  il  tentativo  di  far  compiere  alla  catechesi  un  passo  ulteriore. Mi  sembra che ci  sono diverse indicazioni nel  nuovo Direttorio  che  vanno  in  questa  direzione. La prima, anzitutto, è quella di  fare di  tutto  perché  la  catechesi  non  sia  pensata  come  una  realtà  solo  per  i  bambini  o  per  i  ragazzi. La  catechesi  abbraccia  tutta  la  vita  di  ogni  battezzato  e  di  ogni  credente, perché  la  catechesi, in  quanto  incontro  con  il  Signore  e  partecipazione  di  questo  suo  mistero  nella  nostra  vita  personale,  richiede  anche  lo  sforzo  di  una  conoscenza  sempre  più  profonda  di  ciò  che noi professiamo  e  di  quanto  crediamo.  Dopo l’incontro con  il  Signore, quando  lo  si  è  incontrato, la  catechesi  manifesta  il  desiderio  di  conoscere  sempre  di  più  e  quindi  tocca  tutte  le  persone, nei  vari  stadi  della  propria  vita. Quindi,  c'è  una  catechesi  per  i  ragazzi, per  i  giovani, per  i  bambini, per  gli  adulti, per  le  famiglie, per  gli  immigrati,  per  quanti  sono  nelle  carceri,  per  quanti  sono  anziani. Cioè,  nulla può  essere  escluso da  questo  desiderio  di  conoscere  meglio  il  Signore. E poi  c'è  il  tentativo  di  fare  uscire  la  catechesi  dalle  strette  del  dover  ricevere  un  Sacramento. Non  si  fa  catechesi  per  ricevere  un  Sacramento, ma  per  comprendere  meglio  il  mistero  della  nostra  vita  inserito  nel  mistero  di  Cristo  e , quindi,  di  come  mettersi  ognuno  di  noi  con  i  propri  doni  a  servizio  della  comunità  cristiana, della  Chiesa, perché  il  Signore  possa  essere  annunciato e  conosciuto  da  tutti.  E da ultimo,  togliere  la  catechesi  dalla gabbia del  riferimento  scolastico. Come  c'è  l'aula  di  scuola, c'è  l'aula di  catechismo, come  c'è  il  testo  di  scuola,  c'è  il  testo  del  catechismo,  come  c'è  la  maestra  o  il  docente,  così  c'è  la  catechista… Non è questo! La  catechesi  è  piuttosto  un  inserimento  progressivo  nella  vita  della  comunità  cristiana, per  essere  capaci  di  assumere  in  sé tutte  le  potenzialità  che  la  fede  ci  pone  dinanzi, tutte  le  sfide  che  la  cultura  ci  offre, per  essere  capaci  di  dare  anche  oggi  la  nostra  testimonianza  coerente.

Lei ha parlato di continuità rispetto ai precedenti Direttòri del 1971 e del 1997. Quali invece le novità, anche pratiche, introdotte da questo documento approvato da Papa  Francesco?

R. - Il Direttorio  parte da alcune premesse  teoriche  ma  è  fatto  perché  i  consigli  che  vengono  dati  siano  delle  direttive, innanzitutto  per  elaborare  dei  nuovi  direttorii  ad  opera  delle conferenze episcopali.  Dove  c'è  una  conoscenza  più  diretta  della  cultura, delle  tradizioni  locali, il  direttorio  deve  essere  anche  capace  di  adeguare  la  propria  proposta. Ma dando  queste  linee  concrete  il  Direttorio  si  sofferma  su  come  inserire  sempre  di  più  nella  catechesi  i  genitori, la  famiglia.  Come  essere  capaci  di  sviluppare  una  catechesi  nei  luoghi  più  impensati  e  quindi  ad  esempio, un  capitolo, nuovo  nelle  carceri, per gli  immigrati, gli emigrati. Perché  nessuno  sia  lasciato  solo  nel  suo  cammino  di  fede. C’è un'attenzione  particolare  alla  catechesi  per  le  persone  disabili, perché  è  sempre  di  più  l'attenzione  della  Chiesa  deve  essere  verso  le  persone  che  sono  più  deboli, all'interno  della  comunità  e  nella  nostra  società. E così  una  catechesi  nei  confronti  delle  persone  più  emarginate:  abbiamo  cercato  di  non  dimenticare  nessuna  condizione  storica, proprio  per  dare  la  forza  alla  concretezza  di  una  catechesi  vissuta, sperimentata e testimoniata. 

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25 giugno 2020, 11:30