Zollner: l’isolamento, un rischio grande per i bambini più vulnerabili
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Colpiscono i numeri in aumento degli abusi on line sui bambini e le persone vulnerabili. L’isolamento ha favorito un maggiore accesso al web dove è più semplice produrre e condividere materiale pedopornografico, adescare i soggetti più deboli, intimidirli. Sono stati segnalati abusi anche sui bambini di età inferiore ai due anni. Le stime sono state riportate da padre Hans Zollner, membro della Pontificia Commissione per la tutela dei minori, che ha condotto il webinar: “La tutela on line in tempo di isolamento”. Si tratta del secondo confronto dei quattro in programma promosso dalla Pontificia Commissione per la tutela dei minori, dall'Unione Internazionale delle Superiore Maggiori, dal Centro per la protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana e da Telefono Azzurro. Almeno 300 persone si sono collegate da tutto il mondo per prendere parte al webinar.
Trend paurosamente in crescita
Se internet ha migliorato le nostre vite – ha sottolineato nel corso del webinar padre Zollner – è anche vero che ha sollevato importanti domande sugli “aspetti fisici, sessuali, psicologici, educativi, relazionali e spirituali della nostra vita”. Il ricorso al web da parte degli abusatori si trasforma in “adescamento online, sexting (che spesso si svolge tra coetanei), abusi sessuali in diretta, cyber-bullismo e intimidazioni”. La fascia di età più colpita è quella tra gli 11-13 anni, a seguire quella tra i 7-10 anni. Nel mirino soprattutto le ragazze, il 90% dei casi. Nel Regno Unito ci sono stati 9 milioni di tentativi, in aprile, di accedere a siti web contenenti abusi sessuali su minori. L’accesso a video hot in Spagna è cresciuto del 20%, in Australia si è registrato un aumento delle immagini degli abusi pari all'86% nelle prime tre settimane dopo il 21 marzo.
Nel mirino bimbi di due anni
Padre Hans Zollner, presidente del Centro della protezione dei minori della Pontificia Università Gregoriana, spiega nel dettaglio l'aumento dei casi di abusi durante la pandemia di Covid-19:
R. - Quello che sappiamo è che ci sono già alcune statistiche e anche dei dati che abbiamo ricevuto sia dalle forze dell'ordine sia da studiosi. Indicano che certamente questo periodo, come era prevedibile, ha portato un rischio maggiore di abuso tramite quello che si chiama in inglese il grooming, ovvero l'adescamento. E’ il relazionarsi dei giovani tramite chat con una persona che è in realtà un’altra ma che si nasconde, fingendosi della stessa età, dello stesso sesso, camuffando la vera identità e così entrando in confidenza con lo scopo ultimo di un contatto sessuale o almeno di avere immagini sessuali da parte del giovane con cui si è entrati in contatto.
Già prima del lockdown, le stime sull’adescamento online erano molto alte, oggi queste stime sono ulteriormente aumentate. C’è un particolare allarme che vuole lanciare per determinati Paesi?
R. - Penso che siano numeri che abbiamo da tutte le parti del mondo e che indicano che il problema è lo stesso, perché appunto il lockdown era o è, più o meno, lo stesso in tutti o quasi tutti i Paesi del mondo. Quindi il fatto che una persona giovane stia a casa tanto tempo, da sola, on-line, con nessuna supervisione o nessun controllo e che tutti i canali di chat siano aperti e anche il materiale pornografico diventa più accessibile perché non ci sono i controlli dell'età, ci porta a dire che ci sono molti rischi che aumentano quando i giovani, e non solo i giovani, non hanno alcuna indicazione su cosa fare e cosa non fare. Non hanno dei limiti e non sanno cosa possono fare per proteggersi anche di fronte a persone sconosciute che vogliono entrare in contatto. Particolarmente grave è la situazione quando tutto il mondo vive praticamente molto tempo di fronte allo schermo, ed è quello che abbiamo vissuto tutti noi negli ultimi tre o quattro mesi. Dunque dobbiamo educare per proteggere la dignità e il rispetto delle persone vulnerabili innanzitutto dei giovani.
La protezione dei bambini è stata relegata ad una priorità inferiore in questo tempo di lockdown, secondo lei?
R. - Ma è proprio questo che abbiamo dovuto notare. Quando tutto il mondo pensa, anche comprensibilmente, alla propria salute, al proprio stato economico, il fatto di non pensare ai bambini è quasi scontato e purtroppo questo avviene proprio nel momento in cui ci sarebbe la necessità di stare attenti rispetto ai rischi che i giovani e le altre persone vulnerabili corrono. Pensiamo ad esempio che sono a casa eventualmente con una persona che abusa di loro dentro la loro famiglia, dunque senza ulteriore protezione, senza la possibilità di contattare i servizi sociali o la polizia. A noi occidentali è successo qualcosa che in molte parti del mondo avviene quando c’è una guerra o una catastrofe naturale, quando la situazione economica è spaventosa: non ci si preoccupa della sicurezza e della dignità dei bambini. E’ successo proprio nei nostri Paesi dove pensavamo che l'area della protezione dei minori avesse già acquisito una posizione fondata e solida.
Lei ha detto che ci sono state segnalazioni di abusi anche su bambini di età inferiore a 2 anni..
R. - E questo purtroppo è il numero in assoluto, per quello che sappiamo, che sta aumentando ed è molto preoccupante.
Quali sono le buone pratiche da seguire da parte della famiglia e degli educatori?
R. - Una buona pratica che veramente ha un effetto positivo è ad esempio quella di comprare alcuni software che limitano l'accesso a certi siti e non permettono l’accesso ad altri. Però questa non è una misura di sicurezza assolutamente solida perché i giovani di oggi sono molto capaci in qualche maniera di trovare una strada. E’ necessario educare ad un uso limitato sia nel tempo che nello spazio, ad esempio creare spazi in cui non si usa lo smartphone. So molto bene che questo è difficile da introdurre, soprattutto se non ci sono delle regole ma senza queste regole penso che non arriveremo mai a una vera protezione. E’ poi importante conoscere ciò che stanno usando i giovani, quali sono i loro canali di comunicazione sia Facebook che Snapchat. Educare anche tramite l'esempio, cioè guardare con loro, andare sui siti ammissibili con loro, giocare on-line con loro ma dimostrando cosa si fa e cosa non si fa.
Quale ruolo può giocare la Chiesa in questo ambito?
R. - Io penso che con tutte le nostre scuole che sono più di 220 mila scuole cattoliche nel mondo, con le nostre università che sono 1500, con tutte le nostre altre istituzioni accademiche ed educative, abbiamo veramente un grande peso e una grande responsabilità in questo. Mi pare che potremmo fare molto nell’educazione sana di bambini nell'ambito della sicurezza su internet. Possiamo fare molto come Chiesa e non vedo molte altre organizzazioni, non vedo molte altre istituzioni che prendono sul serio questo problema. Parliamo di una questione veramente importante soprattutto per il futuro dell'umanità.
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