Ecco il vademecum sulle procedure nel trattare i casi di abuso sui minori
Isabella Piro - Città del Vaticano
Una risposta precisa e puntuale alle così dette “FAQ”, ovvero alle domande più ricorrenti: in sostanza, il Vademecum della CDF è questo. Un manuale di istruzioni che, in poco più di 30 pagine e 9 capitoli, risponde alle questioni principali su alcuni punti di procedura nel trattamento dei casi di abuso sessuale di minori commessi da chierici.
Non si tratta, dunque, di un testo normativo o di una nuova legislazione in materia, bensì di uno strumento pensato per aiutare gli ordinari e gli operatori del diritto che hanno la necessità di tradurre in azioni concrete la normativa canonica sui delicta graviora i quali costituiscono “per tutta la Chiesa, una ferita profonda e dolorosa che domanda di essere guarita”. Richiesto durante l’incontro dei presidenti delle Conferenze episcopali del mondo sulla tutela dei minori nella Chiesa, svoltosi in Vaticano nel febbraio 2019, il Vademecum viene diffuso nella versione denominata “1.0” perché se ne prevede l’aggiornamento periodico in base alla modifica della normativa vigente o della prassi della Congregazione.
“Soltanto una conoscenza approfondita della Legge e dei suoi intendimenti – si legge - potrà rendere il debito servizio alla verità e alla giustizia, da ricercarsi con peculiare attenzione in materia di delicta graviora in ragione delle profonde ferite che infliggono alla comunione ecclesiale”.
Fonti giuridiche di riferimento
Cosa configura un delitto, come avviene l’indagine previa, quali sono le procedure penali possibili sono, dunque, alcune delle domande a cui si dà risposta in modo puntuale e specifico, con continui rimandi ai Codici vigenti, al Motu proprio Sacramentorum Sanctitatis Tutela di Giovanni Paolo II, risalente al 2001 e aggiornato da Benedetto XVI nel 2010, e al più recente Motu proprio Vos estis lux mundi, varato nel 2019 da Papa Francesco. In alcuni casi, inoltre, si specificano le differenze tra il Codice dei Canoni per le Chiese Orientali e il Codice di Diritto Canonico per la Chiesa Latina: ad esempio, nello svolgimento di un processo penale extragiudiziale - ossia amministrativo, che riduce le formalità processuali per accelerare la giustizia, ma ne mantiene intatte le medesime garanzie - la Chiesa latina non prevede la presenza di un Promotore di giustizia, mentre per le Chiese orientali essa è obbligatoria.
Accoglienza, ascolto e accompagnamento della vittima
Quattro, in particolare, le esigenze che emergono dal Vademecum: in primo luogo, la tutela della persona umana. Alle autorità ecclesiastiche viene richiesto di “impegnarsi affinché la presunta vittima e la sua famiglia siano trattati con dignità e rispetto”. Bisogna offrire loro “accoglienza, ascolto e accompagnamento, anche tramite specifici servizi, nonché assistenza spirituale, medica e psicologica, a seconda del caso specifico”. “Altrettanto può essere fatto nei confronti dell’accusato”, sottolinea il manuale. Si ricorda, inoltre, l’importanza di tutelare “la buona fama delle persone coinvolte”, anche se, in caso di pericolo del bene comune, si sottolinea che diffondere notizie sull’esistenza di un’accusa non rappresenta la violazione della buona fama.
Diritti dell’accusato
Anche se “il compimento del delitto è manifesto”, all’accusato deve essere sempre garantito l’esercizio del diritto di difesa. Al contempo, nel capitolo 9, si sottolinea che fin da quando si ha la notizia di un possibile delitto, “l’accusato ha diritto di presentare domanda di essere dispensato da tutti gli oneri connessi con il suo stato di chierico, compreso il celibato, e, contestualmente, dagli eventuali voti religiosi”. Tale domanda va presentata per iscritto al Papa, attraverso la CDF. Inoltre, l’accusato può presentare appello contro una procedura penale o ricorso contro una procedura amministrativa, mentre la decisione del Sommo Pontefice è inappellabile.
Verifica attenta di qualunque informazione
Un secondo aspetto che emerge dal Vademecum è l’esigenza della verifica scrupolosa ed accurata di qualunque informazione ricevuta da un ordinario su un presunto caso di abuso. Anche se non c’è stata denuncia formale, anche se la notizia è stata diffusa dai mass-media, inclusi i social network, anche se la fonte è anonima, il documento suggerisce di valutare attentamente ogni informazione recepita e di approfondirla. Resta valido, naturalmente, il sigillo sacramentale: in tal caso, il confessore dovrà convincere il penitente a dare notizia del presunto abuso per altre vie.
Segreto d’ufficio e i comunicati pubblici
Il terzo aspetto riguarda la comunicazione: in più punti del Vademecum si ricorda l’obbligo di rispettare “il segreto d’ufficio”, anche se si sottolinea che, durante l’indagine previa, la presunta vittima ed i testimoni non hanno “il vincolo del silenzio riguardo ai fatti”. Si chiede comunque di evitare ogni “inopportuna e illecita” diffusione di informazioni al pubblico, soprattutto nella fase dell’indagine previa, per non dare l’impressione di aver già definito i fatti. Al contempo, si spiega che se c’è un sequestro giudiziario o un ordine di consegna degli atti da parte dell’autorità civile, la Chiesa non può più garantire la confidenzialità della documentazione acquisita. Un paragrafo si sofferma, poi, sui comunicati pubblici che si debbano diffondere durante un’indagine previa: in questi casi, si raccomandano la cautela e l’uso di forme “essenziali e stringate”, senza “annunci clamorosi” per non anticipare il giudizio sui fatti.
Collaborazione tra Chiesa e Stato
E ancora: come quarto aspetto si evince l’importanza della collaborazione Chiesa/Stato. Ad esempio, si sottolinea che “anche in assenza di un esplicito obbligo normativo, l’autorità ecclesiastica presenti denuncia alle autorità civili competenti ogni qualvolta ritenga che ciò sia indispensabile per tutelare la persona offesa o altri minori dal pericolo di ulteriori atti delittuosi”. Al contempo, si ricorda che “l’attività di indagine deve essere svolta nel rispetto delle leggi civili di ogni Stato”.
Evitare i trasferimenti dei chierici coinvolti
Infine, si sottolineano altre indicazioni particolari. La prima riguarda le misure cautelari: esse non sono una pena, bensì sono un atto amministrativo che si può imporre sin dall’inizio di un’indagine previa per tutelare la buona fama delle persone convolte e il bene pubblico, o per evitare lo scandalo, l’occultamento delle prove o possibili minacce alla presunta vittima. Una volta venute meno le cause scatenanti o terminato il processo, le misure cautelari possono essere revocate, ma nel farlo si raccomandano “prudenza e discernimento”. La seconda indicazione riguarda l’uso della terminologia di “sospensione a divinis” per indicare il divieto di esercizio del ministero imposto come misura cautelare a un chierico: il Vademecum suggerisce di “evitare questa denominazione” in fase di indagine previa, perché si tratta di una pena che in tale fase “non può ancora essere imposta”. Piuttosto, si usi il temine “divieto o proibizione” di un esercizio del ministero. Sempre durante l’indagine previa si chiede di evitare i trasferimenti del chierico coinvolto.
Leggi il testo integrale del Vademecum con le procedure per trattare i casi di abuso
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