Ayuso: la fratellanza è una identità che rispetta le differenze
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Le religioni non incitano mai alla guerra e alla violenza, non producono mai sentimenti di odio, e il nome di Dio non può mai essere usato per questo. E’ il cuore del Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato il 4 febbraio del 2019 ad Abu Dhabi, dal Papa e dall’Imam di Al-Azhar, Al-Tayyib. Durante il suo Pontificato, Francesco più volte ha chiesto di fermare la strumentalizzazione delle religioni, e proprio a questo è indirizzata la Giornata odierna, istituita il 28 maggio del 2019 dalle Nazioni Unite, che riafferma il sostegno alle vittime di atti violenza basati sulla religione o sul credo. E’ un importante e fondamentale cammino che la società deve compiere, spiega a Vatican News il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, presidente del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso:
R. – In primis, vorrei esprimere solidarietà e preghiera per tutte le vittime e i loro familiari, che purtroppo sono tantissimi, per tutta la sofferenza che in questi anni questo terrore cieco ha portato al mondo e alle nostre società. Possa questa giornata, indetta dalle Nazioni Unite, davvero essere qualcosa di vitale importanza, per la gravità della situazione, nonostante si sia nel XXI secolo.
Eminenza, strumentalizzare la religione è il modo più utilizzato per incitare alla violenza, Papa Francesco non ha mai smesso di dirlo e questo è un punto estremamente importante è che è stato ribadito anche nel documento sulla Fratellanza Umana…
R. - Infatti sappiamo il male che comporta per l’umanità la strumentalizzazione della religione per incitare alla violenza, è qualcosa che si continua a condannare con tanta insistenza. Però, nonostante i ripetuti appelli e le condanne fatte contro questa strumentalizzazione, è importante insistere perché la legge internazionale sia applicata contro coloro che commettono questi atti atroci e abominevoli. Da parte dei leader religiosi, inoltre, si deve lavorare per educare ogni comunità religiosa ai valori insiti nelle differenti tradizioni religiose. Io sono lieto che nel messaggio di auguri per la fine del mese di Ramadan di quest’anno, come Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso abbiamo condiviso con i nostri fratelli e sorelle musulmani, l'importanza del rispetto dei luoghi di culto e abbiamo fatto cenno a quanto il documento per la Fratellanza umana dice a riguardo, e cioè che la protezione di luoghi di culto è un dovere garantito dalle religioni, dai valori umani, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali.
Lei ritiene che le società stiano facendo abbastanza per difendere i propri cittadini dagli attacchi condotti per la loro religione o credo? Crede che le leadership stiano mettendo in campo tutti i mezzi a disposizione per fermare le persecuzioni?
R. – Io credo di sì, che si sta cercando di fare tanto per difendere i propri cittadini. Però, potrei pure dire che c’è ancora tanto da fare e da camminare. Secondo me, ciò che si dovrebbe proporre, innanzitutto, è di proseguire la strada dell’educazione ai veri valori della religione, e questa è una responsabilità dei leader religiosi: come educare ai veri valori perché una nuova generazione di credenti sia veramente, solidamente, radicata nei valori della loro tradizione religiosa. Poi serve educare alla ‘cittadinanza per tutti’, in modo che, attraverso questa cittadinanza per tutti, vengano rispettate le differenze, impegnandosi allo stesso tempo nella promozione dei diritti umani nel rispetto e nella reciprocità. Credo che ci sia sempre bisogno di richiamare, di ricordare e di riproporre alle autorità civili e religiose, che ogni membro delle nostre società va protetto e valorizzato, affinché si costruisca insieme una coesione sociale per il bene comune, che allontani il fantasma dell’esclusivismo di ogni tipo, perché soltanto a partire dalla differenza e nel rispetto si possono costruire società più sicure e protette.
Quindi secondo lei si dovrebbe fare di più si dovrebbe fare ancora di più rispetto a quello che viene messo in campo attualmente?
R. – Certo, perché è nella esperienza umana aspirare a migliorare, a fare di più, in ogni ambito, E questo fa parte della nostra natura umana. In questo senso apprezziamo tantissimo, gli sforzi, gli appelli, che Papa Francesco non cessa di rivolgere alla comunità internazionale, perché essa possa camminare per la strada dell’inclusione, del dialogo e persino della tenerezza, che si pone radicalmente in contrasto con coloro che promuovono violenza e terrore. Perciò credo che sia importante che si lavori in questo senso. Questa Giornata internazionale è un segno concreto di come la comunità internazionale si stia adoperando per incoraggiare, attraverso la memoria, a fare sempre di più per una convivenza comune e per la pace mondiale, da qui la necessità di percorrere insieme nel cammino dell'unità, della solidarietà e della fratellanza, per far rinascere i veri valori spirituali, per alleviare le sofferenze di questa umanità ferita nella quale noi oggi viviamo.
Che cosa la preoccupa maggiormente?
R. – Io direi, tra le altre cose, l'importanza dell'educazione a tutti i livelli, soprattutto in questo periodo buio, nel quale vive immersa l'umanità a causa della pandemia del Covid-19. Occorre educare ai veri valori, laddove scompare ogni violenza, perché una nuova generazione possa crescere nello spirito della fratellanza umana che presuppone il rimanere radicati alla propria identità ma, nello stesso tempo, avventurandosi a conoscere l’altro, a rispettare l'altro, perché attraverso questa sincerità delle nostre intenzioni, si possa collaborare a costruire un mondo nuovo, più pacifico e solidale, insomma più fraterno.
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