Giovanni Paolo I: la storia della causa di canonizzazione
di Stefania Falasca
Manca solo il riconoscimento del miracolo. E Papa Luciani potrà salire agli onori degli altari. La storia della causa di Giovanni Paolo I abbraccia un arco di quasi quindici anni. È stata aperta tardi, nel 2003, a venticinque anni dalla morte. Ed è stato l’unico, tra i Papi del Novecento avviati alla canonizzazione, ad aver aspettato tanto tempo per aprire la sua causa. Seppure le richieste per la sua introduzione cominciarono a pervenire da ogni parte del mondo alla diocesi natale di Giovanni Paolo I subito dopo la morte, il 28 settembre 1978. L’allora vescovo di Belluno-Feltre, Maffeo Ducoli, dichiarava di aver «ricevuto in crescendo migliaia di richieste per l’introduzione della causa, tutte conservate presso l’Archivio della Curia di Belluno». Senza alcuna ufficialità, con iniziativa che partiva dal basso, si era avviata una raccolta di firme per il Papa dei 34 giorni, che interessò a livello internazionale diversi paesi, tra i quali Brasile, Svizzera, Francia, Canada e Stati Uniti.
Il 9 giugno 1990, è l’arcivescovo di Belo Horizonte, dom Serafim Fernandes de Araújo, a presentare direttamente la richiesta per l’introduzione della causa a Papa Giovanni Paolo II con una petizione firmata dall’intera Conferenza episcopale del Brasile. I 226 vescovi firmatari evidenziarono le motivazioni che li avevano portati all’istanza solidale, considerato l’esempio dell’habitus virtuoso del Vescovo di Roma Albino Luciani che si mostrò «sintesi tipica dell’uomo di Dio, il quale è pienezza di umanità e insieme pienezza di Cristo» e come tale egli «fu apostolo del Concilio, di cui spiegò con cristallina lucidità gli insegnamenti e tradusse rettamente in pratica le direttive». Pertanto «la nostra più intima convinzione — affermavano in conclusione i vescovi brasiliani — è che stiamo interpretando il giudizio favorevole di molti altri fratelli nell’episcopato, e traducendo una vivissima aspirazione dei fedeli della Chiesa del Brasile, come dei cattolici di tutto il mondo». Tuttavia, solamente durante il ministero del salesiano Vincenzo Savio, vescovo di Belluno-Feltre dal 18 febbraio 2001 al 31 marzo 2004, si poté avviare l’Inchiesta diocesana sull’eroicità della vita, delle virtù e della fama di santità di Giovanni Paolo I.
Preso atto della continua e crescente fama di santità del Papa di origini bellunesi, il 26 aprile 2003 il vescovo di Belluno-Feltre Vincenzo Savio richiese formalmente al cardinale Camillo Ruini, allora Vicario di Roma, il consenso per aprire la causa non presso il vicariato di Roma, sede naturale per competenza, ma nella nativa diocesi di Belluno-Feltre, suffragando queste motivazioni: «A motivo della brevissima permanenza — il pontificato di poco più di un mese del Servo di Dio nella diocesi di Roma — la maggior parte della sua vita si è svolta, e, conseguentemente, il suo magistero si è espresso, in questa diocesi prima, nella diocesi viciniore di Vittorio Veneto poi, infine nel patriarcato di Venezia». Il vescovo Savio, comunicando alla diocesi l’iniziativa assunta, spiegò ampiamente le motivazioni che lo avevano indotto a compiere questo passo, spinto dalle oltre trecentomila firme di petizione che erano pervenute, e a formulare la richiesta che la causa venisse istruita presso la diocesi natale: «Albino Luciani aveva vissuto la sua infanzia, la sua formazione seminaristica, il suo servizio presbiteriale e di vicario generale della diocesi di Belluno fino all’età di 46 anni e i suoi impegni da vescovo prima e da patriarca poi non lo avevano allontanato dalla natia terra veneta, se non per i 33 giorni del suo pontificato». Affiancava questi motivi anche la possibilità «di approfondire il contesto di fede familiare e locale in cui Albino Luciani era cresciuto». Il 17 giugno 2003 la Congregazione delle cause dei santi concedeva il nihil obstat.
Così, il 23 novembre 2003, a venticinque anni esatti dalla morte di Papa Luciani nella basilica cattedrale di Belluno si tenne in forma solenne l’apertura della causa. La sessione inaugurale dell’Inchiesta diocesana venne presenziata, in via del tutto eccezionale, dall’allora prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il cardinale José Saraiva Martins, il quale sottolineò come questa circostanza offriva la possibilità di conoscere e approfondire la figura e l’operato di Albino Luciani, «affinchè un giorno si possa invocare, come santo, questo grande uomo di Chiesa dalla Chiesa locale di Belluno a quella universale come Vescovo di Roma». Essendo il vescovo salesiano, come postulatore della causa venne nominato il postulatore generale della famiglia salesiana, don Pasquale Liberatore, alla morte del quale, nell’ottobre del 2013, venne nominato il salesiano don Enrico dal Covolo, nel frattempo subentrato a don Pasquale Liberatore come postulatore generale della famiglia salesiana. Il tribunale ecclesiastico per l’Inchiesta diocesana cominciò a operare il 22 novembre 2003 e concluse i lavori tre anni dopo, il 10 novembre 2006.
Il processo diocesano si articolò in 203 sessioni, durante le quali — nelle sedi episcopali di Belluno, Vittorio Veneto, Venezia e Roma — vennero escussi 167 testimoni, tutti de visu a eccezione di uno, dei quali nove ex officio e ai quali si aggiungono le deposizioni di tre periti della Commissione storica. A due teologi bellunesi, insegnanti presso il seminario diocesano, venne dato l’incarico di esaminare i suoi scritti editi. Gli atti del processo diocesano vennero trasmessi a Roma, alla Congregazione delle cause dei santi, nel novembre 2006.
Il 9 novembre 2017, prendendo in esame gli atti pervenuti per concedere a questi la validità, il Congresso ordinario della Congregazione osservò come la documentazione pervenuta presentasse diverse lacune in riferimento particolare a quella conservata presso l’Archivio storico del Patriarcato di Venezia e presso l’Archivio della Conferenza episcopale del Triveneto. Per acquisire tale documentazione la Congregazione delle cause dei santi richiese un supplemento di indagine. Il 25 marzo del 2008, il vescovo di Belluno-Feltre, Giuseppe Andrich, istituì quindi il tribunale per l’Inchiesta diocesana suppletiva conferendomi l’incarico di direzione dell’indagine. Solo in seguito alla consegna di queste carte d’archivio, il 13 giugno 2008, venne riconosciuta con decreto la validità formale degli atti dell’Inchiesta diocesana, principale e suppletiva. Si avviò così la fase romana del processo, che prevede la ricerca necessaria ai fini dell’acquisizione completa delle carte del Servo di Dio, lo studio di natura storico-scientifica, il vaglio di tutte le fonti documentarie e testimoniali con relativa valutazione critica e dunque l’elaborazione e composizione della Positio, il dossier che comprende il corpus delle prove documentali e testimoniali che devono dimostrare l’eroicità della vita, delle virtù e della fama di santità del candidato agli onori degli altari.
Il 27 giugno 2008 venne incaricato come relatore della causa padre Cristoforo Bove il quale mi affidò la composizione e la stesura della Positio che a partire dal 2012, vide la collaborazione del sacerdote Davide Fiocco, nativo di Canale d’Agordo, teologo e docente di patrologia. Venuto a mancare il padre Bove, la causa fu assegnata a padre Vincenzo Criscuolo, relatore generale della stessa Congregazione delle cause dei santi, il quale proseguì il lavoro intrapreso, richiedendo gli opportuni approfondimenti e le necessarie ulteriori acquisizioni, sia per quanto concerne la parte documentale sia per la parte testimoniale. Del resto, la tardiva apertura della causa aveva compromesso l’acquisizione di testimonianze oculari preziose, così come aveva comportato una certa dispersione del materiale documentario, per il quale si richiedeva un’accorta ricerca. Tra il 2008 e il 2015 vennero quindi acquisite agli atti anche le deposizioni extraprocessuali di altri 21 testimoni, con particolare riferimento al periodo del pontificato e alla morte di Giovanni Paolo I, dei quali un’importanza del tutto eccezionale riveste la testimonianza di Papa Benedetto XVI per il suo finora unicum storico, in quanto è la prima volta che un Papa emette una testimonianza de visu su un altro Papa. Oltre alla redazione degli atti rituali, alla luce delle nuove acquisizioni documentali — sulla base di una omnino plena investigazione archivistica, che ha interessato più di settanta archivi in trenta diverse località, innanzitutto gli archivi istituzionali conservati nelle sedi dove si stanziò Luciani da Belluno al Vaticano — notevole impegno è stato inoltre profuso nel reperimento e nella trascrizione critica di testi finora inediti e nell’inventariazione di tutte le pubblicazioni firmate o attribuite al Servo di Dio, grazie anche al contributo prezioso delle nipoti di Giovanni Paolo I, Lina Petri e Pia Luciani. Questo lavoro di paziente ricerca, che fin dall’inizio della fase romana mi ha coinvolto come vice postulatrice della causa, non era stato mai prima compiuto per il Papa Giovanni Paolo I. Il 16 ottobre 2015 il vescovo di Belluno-Feltre nominò come nuovo postulatore della causa il cardinale Beniamino Stella, originario della diocesi vittoriese, che a suo tempo proprio l’allora vescovo Albino Luciani aveva avviato alla Pontificia Accademia ecclesiastica. Il 17 ottobre 2016, con la consegna della Positio in Congregazione, composta in cinque volumi per oltre tremilaseicento pagine complessive si è concluso il lavoro scientifico e redazionale durato otto anni e si è così avviato l’esame di giudizio conclusivo da parte degli organi giudicanti della Congregazione che, secondo la prassi, sono chiamati a esprimersi con voto in due sessioni di esami: quella del Congresso dei consultori teologi e quella ordinaria dei cardinali e vescovi. Il Congresso dei teologi ha espresso il suo voto positivo unanime il 1° giugno 2017 e lo stesso responso ha dato la Sessione ordinaria dei cardinali e vescovi il 3 novembre 2017. La causa sì è dunque conclusa con il decreto di venerabilità sancito da Papa Francesco il 9 novembre 2017, con il quale sono state proclamate le virtù di Giovanni Paolo I.
Per procedere alla beatificazione, come è noto, è necessario il riconoscimento di un miracolo. Attualmente è in corso il processo Super miro per il caso di una presunta guarigione straordinaria avvenuta per intercessione di Giovanni Paolo I nel 2011 in Argentina, nella diocesi di Buenos Aires. La fase diocesana del processo Super miro si è chiusa nel novembre 2017 e l’iter giudiziale presso la Congregazione delle cause dei santi è ora giunto alle sessioni di esami conclusive.
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