Parolin ad Ars, rettore del Santuario: un segno di grazia e un incoraggiamento
Gabriella Ceraso e Giancarlo Lavella - Città del Vaticano
Il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, trascorre il 4 agosto, memoria liturgica di san Giovanni Maria Vianney, ad Ars, nel sud est della Francia, dove dal 1818 per un quarantennio, ha svolto il suo servizio pastorale il "patrono dei parroci". Nel piccolo villaggio allora abitato da 230 persone, il Curato dedicò tutte le sue energie alla cura dei fedeli diventando esempio di vita sacerdotale. In mattinata alle 10.00, il porporato presiede la Messa solenne al Santuario dove riposano le spoglie del Santo e che ogni anno accoglie 450 mila pellegrini, poi nel pomeriggio svolge una conferenza sul tema: "Papa Francesco e i sacerdoti, in cammino con il popolo di Dio".
Il programma della visita privata del cardinale Parolin prevede inoltre l'inaugurazione di un itinerario, all'interno del santuario, dedicato al cardinale Emile Biayenda, arcivescovo di Brazzaville in Congo, morto nel 1977, la cui causa di canonizzazione è in corso. Il legame tra il prelato congolese e il santuario francese risale al periodo dei suoi studi, quando frequentava l'Istituto cattolico di Lione. Andò regolarmente ad Ars per approfondire la spiritualità di san Giovanni Maria Vianney. Dopo il suo ritorno in Congo, faceva sempre tappa al Santuario di Ars ogni volta che si recava in Francia.
Una conferma del significato universale della figura del Curato
Si tratta della prima visita ufficiale del cardinale Segretario di Stato all'esterno del Vaticano dall'inizio della pandemia di Covid-19, invitato dal rettore del Santuario che vive questa presenza come un momento di "grazia" in cui si coglie e si conferma il significato universale della vita del santo. Nelle parole di padre Patrice Chocholski anche gli aspetti della visita legati all'Africa attraverso la rivisitazione della figura del cardinale Emile Biayenda, arcivescovo di Brazzaville in Congo:
R. - Noi abbiamo incontrato prima il Papa per invitarlo ad Ars e l'anno scorso abbiamo incontrato e invitato il cardinale Parolin. Ed è stata una grande gioia quando due mesi fa ci ha confermato la sua venuta. Per noi è una grande grazia perché viene in un luogo che è stato benedetto dalla vita e dalla missione del santo Curato d'Ars che è patrono di tutti i parroci del mondo. Quindi è anche una maniera di confermare il significato universale della vita del santo. Siamo convinti infatti della forte configurazione a Cristo, sempre più trasparente in questo umile sacerdote. Da qui il significato universale della visita. Il segretario di Stato, che con il Papa si occupa della missione universale della Chiesa, ci conferma questo significato: il Curato può ancora oggi, dopo 200 anni, essere fonte di ispirazione per i sacerdoti del mondo.
Tante volte il Papa ha parlato del Curato di Ars come modello dei sacerdoti "in trincea" e "in cammino con il popolo di Dio": quale secondo lei l'attualità di questa figura per i parroci di oggi che vivono in particolare la straordinaria situazione della pandemia, con tutte le incertezze e le crisi che ha provocato a vari livelli?
R. - Il Curato d'Ars non si è mai scoraggiato nella sua vita e ne avrebbe avuto tanti motivi, dopo la Rivoluzione, mentre la Chiesa era divisa, le singole chiese erano distrutte e il popolo di Dio era al bando. Ce n'erano tanti di motivi incluse le reazioni di alcuni suoi parrocchiani. Ha attraversato tante prove, ma nessuna lo ha scoraggiato, neanche lo ha toccato la tentazione che si avverte oggi tanto nell'Europa occidentale, dell'accidia e dello scoraggiamento. Il Papa ci ha inviato l'anno scorso proprio il 4 agosto, una lettera proprio per incoraggiarci. E anche la visita del segretario di Stato andrà in questa direzione, in particolare la conferenza del pomeriggio sul tema: "Papa Francesco e i sacerdoti, in cammino con il popolo di Dio" che sarà videotrasmessa sui canali social del Santuario. Questa conferenza certo ci incoraggerà di più a vivere il servizio di presbiteri nell'attualità, accompagnando i nostri fratelli nella fede e andando incontro a tutta la gente del nostro tempo - siano cattolici, o no, credenti o agnostici - a essere facilitatori della grazia come il Curato d'Ars. Gli incoraggiamenti del Papa già l'anno scorso, hanno avuto il loro impatto, e questa presenza ci provocherà ancora di più a vivere come il Curato d'Ars in parrocchie missionarie e aperte, che hanno voglia di fare l'esperienza della fede.
Il cardinale Parolin inaugura ad Ars anche un percorso, all'interno del santuario, dedicato al cardinale Emile Biayenda, arcivescovo di Brazzaville in Congo, morto nel 1977, la cui causa di canonizzazione è in corso. Il cardinale era molto legato al santuario e al santo Giovanni Maria Vianney: come ha vissuto in Africa il modello del curato di Ars e cosa ha dato al continente africano questa figura?
R. - Il cardinale Biayenda era talmente legato alla spiritualità del Curato - che ha imparato a conoscere mentre studiava teologia a Lione - e ne è stato talmente impressionato dall'umiltà, dalla semplicità e dal suo amore per Cristo, che da seminarista e poi da sacerdote è diventato il primo parroco della parrocchia del Curato a Brazzaville. Poi come vescovo e cardinale citava il Curato d'Ars nel suo diario e possiamo dire che il cardinale ha esercitato il ministero della confessione come il Curato, accogliendo le persone per come sono, abbracciandole di misericordia le aiutava a fare un passo in più. Si vede come il Curato abbia inciso sulla sua persona. Quando andava a visitare i villaggi non entrava trionfalmente, portato sulla sedia dai parrocchiani, lui entrava a piedi con gli altri fedeli. Lui portava Cristo in processione e si confondeva da fratello con gli altri fratelli. E questo senso di umiltà e fratellanza è stato proprio un antidoto al clericalismo. Quindi la spiritualità di umiltà, del camminare con l'odore delle pecore, propria del Curato d'Ars, è penetrata a fondo nell'anima del cardinale Byaienda. Il suo popolo africano lo ha riconosciuto come un "conciliatore", tra tribù, religioni e fedi. E' stato riconciliatore non solo nel sacramento della confessione, ma anche nella vita quotidiana a contatto con i fedeli e con i politici ed è morto anche con lo spirito di voler riconciliare il suo Paese. In questa maniera comprendiamo che lo spirito del Curato può attualizzarsi nelle culture del XXI secolo. E questa configurazione a Cristo, questa fonte viva di Vangelo che è stato nei villaggi africani, è possibile viverla ovunque a seconda dei diversi parametri di tempo e luogo. Dunque ancora una volta è un incoraggiamento.
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