E' beato Michael Mc Givney, fondatore dei Cavalieri di Colombo
Roberta Barbi – Città del Vaticano
I cavalieri sono sempre a disposizione dei loro fratelli, pronti al sacrificio di sé stessi per difendere i più deboli. Proprio come i sacerdoti: così era Michael Mc Givney, l’energico fondatore dell’associazione cattolica dei Cavalieri di Colombo, nata nel 1882 ad Hartford, nel Connecticut, dove oggi viene proclamato Beato. Quattro i pilastri che uniscono e guidano i cavalieri tra le sofferenze del mondo: carità, unità, fratellanza e patriottismo; principi cardine dai quali ancora oggi, a quasi 140 anni di distanza, si fanno ispirare.
Amore e dolore: due lezioni imparate in famiglia
Michael nasce in Connecticut, negli Stati Uniti, in una famiglia di immigrati irlandesi. Nella sua infanzia, trascorsa nelle piccole scuole del distretto operaio di Waterbury, respira i fumi della fonderia di ottone in cui lavora suo padre Patrick, quelli dell’alcol consumato in grande quantità all’interno della comunità irlandese, ma anche molte parole del Vangelo e delle Scritture. Conosce presto l’amore di una famiglia enorme di 13 figli, ma anche il dolore per la perdita prematura di sei di loro, finché a 13 anni è costretto dalle circostanze a lasciare gli studi per lavorare in una fabbrica di cucchiai di ottone per sopravvivere.
La vocazione e i primi passi da sacerdote
A 16 anni, però, Michael non ce la fa più: non può ignorare oltre la chiamata del Signore che sente urlare dentro di sé e lascia il lavoro per riprendere gli studi. Parte per il Canada, dove frequenta un collegio francese, si sposta poi in un seminario nei pressi dell’università del Niagara e infine vicino Montreal nel seminario Santa Maria dei padri gesuiti. Torna negli States quando è chiamato dal vescovo di Hartford e finalmente viene ordinato sacerdote a Baltimora il 22 dicembre 1877. Il giorno di Natale inizia la sua missione pastorale dalla chiesa di St. Mary a New Haven dove è stato destinato. Qui non avrà vita facile: la sua è la prima parrocchia dell’aristocratico centro che i residenti considerano loro proprietà e che invece ora è “macchiato da una chiesa romana”. Questi gli saranno ancora più ostili quando inizierà a preoccuparsi delle famiglie irlandesi della classe operaia che a stento hanno di che vivere. Non si ferma mai, padre Michael: la sua giornata corre tra l’insegnamento del catechismo, la lotta alla piaga dell’alcolismo e l’assistenza materiale e spirituale delle famiglie sopraffatte dalla povertà e dalla malattia.
I Figli di Colombo
Nel 1881 padre Michael ha un’idea: costituire una società fraterna che si occupi del rafforzamento della fede religiosa e anche dei bisogni finanziari degli assistiti. Siamo in un periodo in cui i circoli parrocchiali e le associazioni di questo tipo stanno avendo un grande consenso nelle comunità. È così che, appoggiato da alcuni laici, l’anno successivo fonda i “Figli di Colombo”, nome scelto ad hoc per fondere insieme l’anima cattolica con quella profondamente americana dell’associazione. In seguito il nome cambierà da “figli” a “cavalieri” in omaggio ai molti membri irlandesi dell’organizzazione. Fin dall’inizio, la fondazione viene accolta come una benedizione e si moltiplicano le adesioni di quanti desiderano rimboccarsi le maniche per “mettere in pratica” la loro fede. Intanto nel 1884 padre Michael viene spostato da New Haven a Thomaston, dove ricomincia da capo con entusiasmo. Qui inizia a perdere le forze mentre, al contrario, l’associazione ne guadagna sempre di più, espandendosi in molti Stati. A Thomaston padre Michael resta fino alla morte, sopraggiunta il 14 agosto 1890, quando lui ha appena 38 anni.
Un’eredità raccolta da migliaia di cavalieri
Padre Michael riposa ora nella chiesa di St. May a New Haven, in cui ha trascorso gran parte della sua missione. Intorno a lui, in tutto il mondo operano un milione e 700mila cavalieri che ogni anno contribuiscono al bene comune con 61 milioni di ore di servizio al prossimo e con 130 milioni di dollari di raccolte fondi. Hanno oltre 12mila uffici e sono attivi in 13 Paesi. È sulle loro gambe che cammina il carisma del fondatore, e sono le loro mani, rigorosamente con le maniche rimboccate all’insù, che, sporcandosi ogni giorno, ne hanno raccolto l’eredità.
Ultimo aggiornamento 01.11.2020 ore 13.18
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