Covid-19 non ferma tratta di esseri umani: fenomeno in crescita
Isabella Piro – Città del Vaticano
“La tratta delle persone è un’attività ignobile per le nostre società che si dicono civilizzate! Sfruttatori e clienti a tutti i livelli dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a se stessi e davanti a Dio!”: era il 24 maggio 2013 quando Papa Francesco, eletto Pontefice da poco più di due mesi, pronunciava queste parole, ricevendo in udienza i partecipanti alla Plenaria dell’allora Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli itineranti. In quasi otto anni di Pontificato, la lotta al traffico di esseri umani è rimasto un punto fermo del magistero di Bergoglio: basti citare la creazione, nel 2014, del “Gruppo Santa Marta” - ovvero un’alleanza globale di capi delle polizie, vescovi e comunità religiose che, in collaborazione con la società civile, operano contro il traffico di esseri umani - e l’istituzione, nel 2015, della “Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta” che si celebra ogni anno l’8 febbraio, in ricordo di Santa Giuseppina Bakhita, la suora originaria del Sudan che da bambina venne venduta come schiava. Fino ad arrivare alla recente Enciclica “Fratelli tutti sulla fraternità e l’amicizia sociale”, diffusa il 4 ottobre scorso, in cui il Papa scrive: “La tratta di persone è una vergogna per l’umanità che la politica internazionale non dovrebbe continuare a tollerare, al di là dei discorsi e delle buone intenzioni” (n.189).
Nel mondo, 40 milioni di vittime della tratta
E proprio alla lotta ed al contrasto del traffico di esseri umani è dedicato l’ultimo numero del Bollettino sulle persone vulnerabili e fragili in movimento in epoca di Covid-19, a cura della Sezione per i migranti e i rifugiati del Dicastero per lo Sviluppo umano integrale, diffuso in concomitanza della 14.ma “Giornata europea contro la tratta”, celebrata il 18 ottobre. I dati in esso riportati sono drammatici: nel mondo, si contano più di 40 milioni di vittime della tratta e dello sfruttamento. Tra loro, 10 milioni sono giovani minori di 18 anni e si calcola che un bambino su 20, al di sotto degli 8 anni di età, è vittima di sfruttamento sessuale. Solo nel 2019, inoltre, sono stati registrati più di 108mila casi in 164 Paesi del mondo, mentre Asia e Africa risultano tra i continenti più colpiti.
Lockdown impedisce a vittime di fuggire e chiedere aiuto
L’emergenza sanitaria provocata dal coronavirus ha peggiorato ulteriormente il problema: il Bollettino sottolinea, infatti, che “il traffico di esseri umani si è aggravato durante la crisi di Covid-19, principalmente a causa dell'isolamento e delle difficoltà economiche”. Non solo: come ricordato da Monsignor Janusz Urbańczyk, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’Osce (Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa), “l’attuale pandemia da Covid-19 con i blocchi e le restrizioni imposte in molti Paesi, ha permesso ai criminali di trasformare ulteriormente la tratta di esseri umani in un business in continua crescita su Internet”, riducendo al contempo per le vittime le possibilità di fuggire e di chiedere aiuto.
Caritas Ambrosiana: non si tratta di “merce”, ma di persone
In Italia la situazione è ugualmente drammatica: secondo i dati riferiti al 2019, tra le 2.033 persone prese in carico dal sistema anti-tratta, la forma più diffusa di sfruttamento è quella sessuale (84,5 per cento), con l’86 per cento di donne e ragazze tra le vittime. Una vittima su 12, inoltre, ha meno di 18 anni, mentre il 5 per cento è minore di 14. Non solo: la paura del Covid non ha fermato, né sta fermando la domanda di sesso a pagamento sulle strade. Ad evidenziarlo è la Caritas Ambrosiana che, nel corso di questo 2020, ha intercettato 135 vittime di tratta costrette alla prostituzione lungo la circonvallazione nord di Milano. E confrontando i dati del 2020 con quelli del 2019, ne esce un quadro preoccupante: nel settembre 2019, le donne incontrate sulla strada dalla Caritas Ambrosiana sono state 52, mentre 12 mesi dopo se ne contano 45. In pratica: la cifra è rimasta più o meno la stessa, il che significa che il coronavirus non ha ridotto il numero di chi cerca sesso a pagamento. Come conferma Sr. Claudia Biondi, responsabile dell’area “Maltrattamento donne” della Caritas Ambrosiana:
R. Noi abbiamo continuato, anzi abbiamo ripreso ad uscire dopo il confinamento che c’è stato fino a maggio ed a giugno abbiamo visto che le donne erano tornate in strada, il che significa che c’è una domanda corrispondente all’offerta. La paura del contagio e le restrizioni si erano allentate e quindi tutto era tornato più o meno come prima.
D. Da dove provengono principalmente le vittime di prostituzione con le quali riuscite a stabilire un contatto e quali sono le necessità più urgenti che vi presentano?
R. In questo momento, possiamo dire che il 60 per cento delle donne sulla strada sono della Romania: si tratta di ragazze abbastanza giovani che provengono da contesti di grave deprivazione. Poi troviamo delle donne albanesi e un altro gruppo di donne nigeriane. Quello che loro chiedono, essenzialmente, è il cibo. Quindi ci siamo organizzati per poter offrire loro alcune borse della spesa o la possibilità di ricevere cibo tramite canali del Comune o altri organismi solidali.
D. La Caritas Ambrosiana è molto attiva su questo fronte, tanto da aver avviato una collaborazione con la cooperativa “Farsi prossimo” per istituire progetti dedicati alle vittime di prostituzione. Di cosa si tratta, esattamente?
R. La cooperativa “Farsi prossimo” gestisce i servizi che, insieme come Caritas, abbiamo aperto. Ad esempio, in questo momento, abbiamo due strutture di accoglienza: “Casa Lirì” che ha la disponibilità di dieci posti sia per il pronto intervento che per la prima accoglienza, e “Casa Zoe” che, oltre a tutto questo, offre anche strutture di seconda accoglienza per tracciare una via di autonomia per le donne. Ci sono, poi, alcuni appartamenti dislocati nella città di Milano che vengono utilizzati per le donne che hanno ancora bisogno di un minimo di accompagnamento prima di poter trovare un proprio alloggio in base al libero mercato della casa. Inoltre, abbiamo un’unità di assistenza in strada, denominata “Avenida”, e un servizio di ascolto a cui le donne possono rivolgersi per consulenze e per tutte le informazioni relative alla documentazione necessaria a chi fa richiesta dello status di rifugiato.
D. Come sensibilizzare la società sul dramma di queste donne?
R. Il problema della tratta a scopo di sfruttamento sessuale è dovuto al fatto che c’è una domanda frequente di sesso a pagamento, tanto che nel corso degli anni le donne sono ritornate in modo massiccio sulla strada. Nonostante gli appelli, i tanti convegni e seminari su questa problematica, sembra davvero che non si riesca a far sì che le persone si interroghino in modo serio e profondo su cosa significhi la prostituzione. Spetta soprattutto ai clienti devono interrogarsi su questo, perché comprare sesso a pagamento significa comprare il corpo di una donna, significa essere conniventi di uno sfruttamento gestito da organizzazioni criminali, significa ignorare che queste donne sono persone e quindi hanno una dignità precipua, uguale a quella di qualsiasi altra persona. Non è possibile, quindi, trattarle come una merce e un corpo da usare, e non considerarle come persone.
Per i precedenti numeri del Bollettino, visitare il sito:
https://migrants-refugees.va/it/blog/2020/04/21/covid-19-nessuno-va-dimenticato/
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