Guardie Svizzere, una recluta: volevo esserlo fin da bambino
Alessandro De Carolis e Mario Galgano – Città del Vaticano
Il timbro di una appartenenza viene da una pagina di storia carica di onore, come tutte le pagine che parlano di eroismo. Il 6 maggio, il Sacco di Roma, il Papa difeso a costo del sangue da un manipolo di coraggiosi, tutto questo possiede un appeal che cinque secoli non hanno affievolito. E c’è poi l’attrattiva attuale, quella di un servizio in divisa nella Città Eterna che conserva e perpetua, sia pure in un contesto diverso, la dignità di quell’antico sacrificio.
Sui passi di un esempio antico
I giovani svizzeri che ogni anno chiedono di entrare nel Corpo delle Guardie facendo la scelta di vita che li porta dalle città dei loro cantoni alla Città del Vaticano sanno e si lasciano permeare dal fascino di diventare soldati del Papa come i 147 predecessori che per un Papa diedero la vita. E c’è chi, come Joshua Lunghi, recluta originaria della Svizzera italiana, confessa di aver sognato questa divisa fin da piccolo.
“Sarò uno di loro”
“Sembrerà assurdo – racconta a Vatican News – ma a 4-5 anni avevo già chiara la mia idea. Mi ricordo che ero a casa di mia nonna, c'era una udienza di San Giovanni Paolo II sulla piazza e io ero rimasto incantato da quei strani vestiti tutti colorati e mi son detto che avrei voluto diventare uno di loro vogliono. E adesso che vesto i panni di uno di loro è un'emozione molto forte ogni volta che ci penso”.
Conta l’amore messo nelle cose
Joshua Lunghi e i suoi commilitoni si ritroveranno domani pomeriggio schierati nel Cortile di San Damaso per la cerimonia del giuramento. La pandemia del Covid toglierà molto alla cornice abituale delle presenze, limitate ai familiari delle nuove Guardie Svizzere. Non toglierà nulla alla solennità di un gesto che ieri Papa Francesco ha ricordato ricevendo in udienza le reclute: “Vi ringrazio non solo per quello che fate - che è tanto! - ma anche per come lo fate. Santa Teresa di Calcutta diceva che alla fine della vita non saremo giudicati per quante cose avremo fatto, ma per quanto amore avremo messo in quelle cose”.
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