Arellano: il Nobel per la pace al Pam per l’obiettivo Fame Zero
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Con il Nobel della pace al Programma alimentare mondiale, il Comitato di Stoccolma mette in risalto “che fame e pace sono un binomio molto connesso” e che “non va aumentato il commercio di armi, ma gli aiuti”, come disse Papa Francesco visitando la sede del Pam nel 2016. Lo spiega a Vatican News l’arcivescovo Fernando Chica Arellano, Osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, l’Ifad e il Pam, che ricorda che per raggiungere il secondo obiettivo dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, la Fame zero, mancano ormai solo 10 anni, “e siamo ancora molto lontani”.
Uno stimolo a continuare a lottare contro la fame
Ecco come il 57 enne presule spagnolo, osservatore dal 2015, commenta il premio Nobel per la Pace assegnato al Pam:
R. – Questo premio mette in risalto, soprattutto, l'importanza di continuare a lottare contro la fame, e di non dimenticare che fame e pace sono un binomio molto connesso. Già l'aveva detto il Santo Padre quando ha fatto visita al Programma alimentare mondiale, il 13 giugno 2016. Lì ha avuto veramente delle parole lungimiranti quando ha parlato dell’instabilità mondiale che viviamo e come i conflitti esistenti, queste armi, abbiano acquistato una preponderanza inusitata, si stanno moltiplicando. Il Papa allora ha fatto un vigoroso appello alla pace, soprattutto a non moltiplicare il commercio delle armi ma gli aiuti. Perché anche tante volte, diceva Papa Francesco, la fame stessa viene usata come arma di guerra, e le vittime si moltiplicano.
Bisogna invece di investire in armi, investire in pace. Urge de-burocratizzare tutto quello che impedisce che i piani di aiuti umanitari si realizzino. E in questo il Programma alimentare mondiale ha un ruolo fondamentale, perché il mondo ha bisogno di veri eroi, cioè di persone ed istituzioni che si impegnino ad aprire strade, a costruire ponti, in modo che le persone che soffrono diminuiscano, aumenti la pace e la fame sia totalmente debellata.
Possiamo dire che una fondazione laica come quella del Nobel si pone sulla linea di Papa Francesco, prima con l’enciclica Laudato si’ e poi con Fratelli tutti, per chiedere un nuovo modello economico mondiale che metta proprio i più vulnerabili al primo posto?
R. – Certo. Io penso che il mondo deve dimenticare tutto quello che può essere una ferita alla dignità dell'uomo e mettere i più vulnerabili, i poveri, gli scartati, gli affamati, gli ammalati e tutti quelli che stanno soffrendo per la pandemia, al centro dell'interesse e soprattutto dei lavori dell'umanità. Che questa umanità veramente dimentichi l'egoismo, il pensare a se stessa e che veramente rifulga dappertutto l'amore ai più poveri e un aiuto che possa fare in modo che queste persone possano vivere con dignità. L'ultima enciclica di Papa Francesco è veramente una lezione meravigliosa per continuare a lottare contro tutti questi virus che stanno facendo soffrire l'umanità.
Il Papa nell'enciclica Fratelli tutti propone di costruire un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei paesi più poveri con il denaro che ora si impiega con le armi. Ci vuole però una forte volontà politica degli Stati, quelli che producono e quelli che utilizzano le armi…
R. – Il Papa ha ripreso il pensiero di Paolo VI che quando è andato in India, a Bombay, ha visto tutti quei poveri, e ha avuto questa geniale idea del Fondo e poi l’ha ripetuta nella Populorum progressio. Papa Francesco, adesso, riprende questa meravigliosa idea e la lancia di nuovo ad un mondo assetato di pace, assetato di dignità e mi pare che sarebbe una cosa meravigliosa, se ci fosse la volontà. Contro la fame ci sono tante parole, c’è una grande retorica. Ma adesso bisogna che cominci il tempo dell’agire: ci vogliono fondi, ci vogliono gesti, ci vogliono programmi concreti in maniera che la fame sia come un pezzo di museo, qualcosa del passato, e non un flagello che sta tormentando nel presente e soprattutto che, se non facciamo qualcosa, lo farà anche nel futuro. Nel 2030 la comunità internazionale aveva fissato la data per l'eliminazione della fame, ma mi pare che siamo ancora molto lontani, se non si fa qualche cosa. L’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile non deve restare soltanto una bella idea, perché il mondo è stanco di parole. Ci vogliono veramente gesti, e gesti veri, concreti. Bisogna coniugare il verbo “fare” e dimenticare tutta questa grande retorica che alla fine conduce al nulla.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui