Come luci in un mondo smarrito
di João Braz de Aviz
L’uomo e la donna di ogni tempo si sono messi sempre alla ricerca del volto di Dio. In alcuni periodi storici hanno adorato gli idoli, altre volte sono rimasti fedeli al Signore e, nonostante le difficoltà, hanno continuato a seguirLo, a rendere visibile la Sua presenza nella storia. Nella Scrittura e anche durate lo scorrere dei secoli si trovano molteplici esempi di coloro che hanno testimoniato la loro fedeltà al Signore, perché chiamati a tenere le lampade accese, per «scoprire i segni della presenza di Dio nella vita quotidiana» (Vultum Dei quaerere [VDq ], 2) e indicarli agli altri.
Ancora oggi ci sono uomini e donne che «continuano ad orientare tutta la loro vita e attività alla contemplazione di Dio, quale segno e profezia della Chiesa vergine, sposa e madre; segno vivo e memoria della fedeltà con cui Dio, attraverso gli eventi della storia, continua a sostenere il suo popolo» (VDq 3). Le comunità contemplative, intimamente unite a Cristo, vivono, infatti, secondo le promesse battesimali e, con il loro esserci, sono segno visibile e tangibile della presenza di Dio sulla terra e memoria del Suo amore fedele.
Dai monasteri si irradia preghiera e offerta, gioia e profezia. Papa Francesco rivolto alle sorelle contemplative ribadisce con forza nella costituzione apostolica Vultum Dei quaerere il valore della loro vocazione: «La Chiesa apprezza molto la vostra vita interamente donata. La Chiesa conta sulla vostra preghiera e sulla vostra offerta per portare agli uomini e alle donne del nostro tempo la buona notizia del Vangelo. La Chiesa ha bisogno di voi» (6).
In questo tempo in cui mancano punti stabili di riferimento, in cui si avverte un senso di smarrimento, la Chiesa ritiene le contemplative dei fari, delle fiaccole per gli uomini e le donne del nostro tempo (cfr. VDq 6). Mentre la fluttuazione degli eventi, i cambiamenti epocali in atto fanno percepire la precarietà del tempo e della stessa vita, scoprire la fragilità a tutti i livelli, l’esserci delle contemplative nella storia diviene risonanza della presenza di Dio che continua a prendersi cura dell’umanità. La loro continua ricerca del volto del Signore nel quotidiano, nella consapevolezza della Sua presenza, permette di cogliere già in loro l’esserci tangibile dello Spirito nella storia.
Riconoscendo in Dio il Signore della vita, testimoniano il profondo desiderio di consegnarsi a Lui senza condizioni, proprio in questo tempo in cui molti difendono il proprio orticello a scapito della custodia del bene comune.Vivendo sulla soglia del Mistero, sono in ascolto di Colui che in Gesù Cristo dona la sua Parola e comunica l’amore trinitario. Nella relazione profonda con Lui apprendono l’arte della preghiera e dell’amore, attraverso cui Dio imprime nella loro vita i sentimenti e i tratti del volto di Cristo. Tutta la loro esistenza, determinata dalla Parola, è voce della Chiesa, in particolare durante la liturgia. Divengono, nel popolo di Dio, lode, ringraziamento, offerta, richiesta e supplica al Signore.
Trascorrono la vita raccontando con il loro esserci, nel luogo dove sono state collocate, che vivono totalmente per seguire Gesù Cristo, il senso della loro esistenza. La storia oggi ci fa vedere che l’individuo spesso parte da sé e finisce con sé e che cammina senza dare un significato alla propria la vita ricevuta gratuitamente da Dio. Le contemplative, consapevoli del dono ricevuto, testimoniano la bellezza dell’esistenza nell’essenzialità e nella profondità. In qualsiasi situazione si trovano, vivono nella fede sotto lo sguardo d’amore del Signore, divenendo memoria vivente della cura di Dio per tutta l’umanità.
In questo periodo in cui c’è l’amplificazione dei rumori, delle voci altisonanti che cercano di coprire tutte le altre, le contemplative, con il silenzio abitato dalla presenza dello Spirito, si allenano, ruminando la Parola, ad acquisire sempre più uno sguardo di fede. Infatti «la Parola di Dio ci è data proprio per costruire comunione, per unirci nella Verità nel nostro cammino verso Dio» (VDq 19) e per «poter condividere questa esperienza trasformante della parola di Dio con i sacerdoti, i diaconi, gli altri consacrati e i laici» (VDq 19).
La vita nello Spirito permette loro di cogliere nella quotidianità l’azione del Signore nell’attimo presente, non solo nella storia personale, ma anche in quella dei fratelli e delle sorelle, vicini e lontani, consente di ascoltare Dio e il grido dell’umanità (cfr. VDq 33).
Le contemplative scelgono di vivere per il Signore ai margini della storia, senza escludersi dal popolo di Dio e senza cercare, nello stesso tempo, il protagonismo individuale o di gruppo. L’autentica vicinanza al Signore, attraverso la contemplazione, conduce ogni contemplativa a scoprirsi, giorno dopo giorno, persona profondamente umana. Coloro che seguono Gesù in questa particolare forma di vita, imparano da Lui a custodire la solitudine e la comunione fraterna e comunitaria. Testimoniano che è possibile fermarsi, per curare nella stabilità le relazioni, proprio oggi in cui il tempo sembra sfuggire e non permette di rimanere in ascolto di se stessi, degli altri, di Dio, di contemplare e di custodire il creato.
Con la loro esistenza sono chiamate a dimostrare che la loro bussola è Gesù Cristo e il Vangelo. Quando le contemplative vivono con fedeltà la loro vocazione, spesso interpellano indirettamente gli uomini e le donne di oggi, che sembrano soccombere nella vita per la mancanza di senso, soprattutto perché non trovano un orientamento da dare alla propria esistenza. Spesso le domande immediate che si pongono in contatto con un monastero sono: perché vivono così? Perché lo fanno? Eppure sono persone umane e divine nello stesso tempo...
Una vocazione attuale allora che parla di senso e di umanità.
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