Jurkovič: non può esserci dialogo senza rispetto della dignità umana
Isabella Piro - Città del Vaticano
Monsignor Ivan Jurkovič, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, domenica scorsa, intervenendo a Jeddah, in Arabia Saudita, alla presentazione del libro "La promozione del dialogo interculturale e interreligioso come strumento di pace e di fraternità”, ha espresso tutta la sua gratitudine agli organizzatori dell’iniziativa, anche per i loro contributi alla pubblicazione, “che si propone di promuovere il dialogo interculturale e interreligioso come strumento di convivenza pacifica e di fraternità tra i popoli”.
Il libro, che vuole portare avanti il percorso iniziato con la visita dello Sceicco Muhammad bin Abdulkarim Al-Issa, Segretario Generale della Lega musulmana mondiale, al Papa, in Vaticano, tre anni fa, e con lo storico viaggio del cardinale Jean Louis Tauran in questo Paese, tocca tre questioni principali: la fraternità umana; la giustizia; e il dialogo come strumento di pace.
La fratellanza reciproca "capovolge" i conflitti
Invitato dalla Lega Musulmana Mondiale e dall’Università della Pace delle Nazioni Unite a lavorare a questa pubblicazione e a questo panel di discussione, monsignor Jurkovič ha spiegato come il suo primo pensiero sia andato al Documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, firmato da Papa Francesco e dal Grande Imam di Al-Azhar, ad Abu Dhabi, il 4 febbraio 2019. Storica dichiarazione, che non solo avvicina persone di diverse nazionalità, di diverse culture e fedi, ma invita a “considerare e trattare tutti gli esseri umani come fratelli e sorelle”.
Vivendo in società multiculturali e multireligiose, in cui “le differenze sono molto spesso vissute in termini di conflitto”, sottolinea il presule, ci si rende conto che "la fratellanza è essenziale", come già sottolineato dal Santo Paolo VI. E “oggi, ancora di più attraverso l'ultima Enciclica di Papa Francesco ‘Fratelli tutti’, la fraternità non è evocata come aspirazione astratta e consolatoria, ma come criterio efficace e realistico di convivenza”. Il riconoscimento della fratellanza reciproca – osserva monsignor Jurkovič - ha la capacità di cambiare, di capovolgere il conflitto e diventare un messaggio forte, con un valore religioso e anche politico, nonché di portare direttamente a riflettere sul significato di "cittadinanza". Siamo infatti tutti fratelli e sorelle, e quindi tutti cittadini con uguali diritti e doveri. Ma come sottolineato dallo sceicco Al-Issa durante la sua visita a Ginevra – afferma il presule -, "La pace non può essere raggiunta senza una giustizia totale, la giustizia astratta può portare solo a una falsa pace". Quando la giustizia trionfa, regna la pace e quando la giustizia è offesa, anche la pace è messa in pericolo.
Giustizia, dignità e pace
Poiché tutti noi – precisa - condividiamo la stessa natura umana, e quindi pari dignità, la giustizia esige il rispetto dei diritti di ogni persona. E “il rispetto della dignità umana è solo il primo pilastro, anche se essenziale, per costruire una solida base per il dialogo, prima sul piano interculturale e poi su quello interreligioso - afferma monsignor Jurkovič -. Non può esserci dialogo se la dignità umana non è prima di tutto rispettata. Quando la dignità umana è tutelata, uomini e donne sono liberi di dedicarsi con coscienza libera alla ricerca della Verità”.
Egli, inoltre, distingue tra tolleranza religiosa e libertà religiosa. “Quando la tolleranza si basa sul rispetto reciproco della dignità umana, può essere un passo importante per assicurare la pace tra i popoli. Tuttavia, la semplice tolleranza non è sufficiente! Questo perché la tolleranza, di per sé, ha la connotazione negativa di ‘sopportare’ o ‘soffrire’ con l'altro, piuttosto che apprezzare le differenze ed esprimere un rispetto reciproco delle reciproche religioni”. È più fruttuoso, dunque, facilitare i rapporti tra le tradizioni religiose basandosi sul concetto più dinamico di fratellanza reciproca.
Serve il contributo di tutti i credenti
Accettazione e tolleranza derivano, poi, da una conoscenza più profonda dell'altro, che è possibile solo attraverso il dialogo. Senza il dialogo, infatti, le barriere del pregiudizio, del sospetto e dell'incomprensione non possono essere efficacemente rimosse, e affinché il dialogo arricchisca entrambe le parti, deve esserci un reciproco atteggiamento di dare e avere, quindi di conseguenza, il dovere di ascoltare ciò che dice l'altro. “Ogni persona - infatti - è portatrice della dignità umana e brilla di ‘un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini’”, essendo gli esseri umani creati a immagine e somiglianza di Dio. Essi sono parte del piano di Dio e, “pertanto, non devono essere privati in alcun modo della loro umanità, che è la fonte della propria dignità, o del proprio diritto di cercare ed esprimere la Verità”. La dignità umana è la premessa che permette un dialogo tra le diverse culture (anche non religiose), e “frutto del dialogo è l'unità tra le persone e l'unione delle persone con Dio, che è la fonte e il rivelatore di ogni Verità e il cui Spirito guida gli esseri umani nella libertà quando si incontrano in tutta onestà e amore”.
monsignor Jurkovič, infine, invitando a non perdere di vista i principi che ci uniscono sul piano spirituale, ricorda che “la pace non è né un sogno né un'utopia; la pace è possibile”. La sua costruzione però non deve essere affidata solo alle istituzioni politiche, ai tavoli dei negoziati, ma deve essere radicata nelle relazioni quotidiane, in modo “che ci permettano di guardare e trattare ogni persona come una vera sorella o un vero fratello". Perché solo con questo tipo di fraternità potremo superare "l'egoismo individuale che entra in conflitto con la possibilità delle persone di vivere in libertà e in armonia..." Tutti noi, dunque, “- cristiani, musulmani e tutti i credenti - siamo chiamati a offrire il nostro particolare contributo” per una civiltà della pace e dell'incontro, conclude il presule.
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