Un mondo libero dalle armi nucleari per il bene della famiglia umana
Giancarlo La Vella e Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
“Un mondo libero dalla armi nucleari”. È questo il tema del webinar sul disarmo atomico organizzato in occasione della presentazione del libro edito da Georgetown University Press e intitolato “A World Free from Nuclear Weapons”. L’incontro, che si terrà oggi a partire dalle ore 16, potrà essere seguito sul canale YouTube di Vatican News.
Non armi ma sviluppo
In questo tempo segnato dalla pandemia sta diventando più che mai urgente l’appello lanciato da Papa Francesco che nella lettera enciclica "Fratelli tutti" indica un preciso “imperativo morale e umanitario”: "La pace e la stabilità internazionale non possono basarsi su un falso senso di sicurezza, sulla minaccia di distruzione reciproca o di annientamento totale, o semplicemente sul mantenimento di un equilibrio di potere”. “In questo contesto - aggiunge il Pontefice - l'obiettivo finale della totale eliminazione delle armi nucleari diventa sia una sfida che un imperativo morale e umanitario” “Con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari - sottolinea Francesco - creiamo un fondo mondiale che possa finalmente porre fine alla fame e favorire lo sviluppo nei Paesi più poveri”.
La pace si costruisce giorno per giorno
Le parole di Papa Francesco sulla pace si inseriscono nel cammino tracciato da San Paolo VI nella lettera enciclica “Populorum Progressio”. Lo sviluppo - scrive Papa Montini è il nome nuovo della pace. “Le disuguaglianze economiche, sociali e culturali troppo grandi tra popolo e popolo provocano tensioni e discordie, e mettono in pericolo la pace”. “La pace non si riduce a un’assenza di guerra, frutto dell’equilibrio sempre precario delle forze”. “Essa - sottolinea Papa Paolo VI - si costruisce giorno per giorno, nel perseguimento d’un ordine voluto da Dio, che comporta una giustizia più perfetta tra gli uomini”.
Le armi nucleari sono funzionali ad una logica di paura
Il webinar odierno si lega dunque alle due encicliche “Fratelli tutti” e “Populorum progressio”. Ma anche alle parole pronunciate da Papa Francesco il 10 novembre del 2017 in occasione del discorso rivolto ai partecipanti al Simposio internazionale sul disarmo promosso dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e incentrato sul tema: “Prospettive per un mondo libero dalle armi nucleari e per un disarmo integrale”. “Non possiamo non provare un vivo senso di inquietudine – aveva detto in quell’occasione Papa Francesco - se consideriamo le catastrofiche conseguenze umanitarie e ambientali che derivano da qualsiasi utilizzo degli ordigni nucleari”. “Pertanto, anche considerando il rischio di una detonazione accidentale di tali armi per un errore di qualsiasi genere, è da condannare con fermezza la minaccia del loro uso, nonché il loro stesso possesso, proprio perché la loro esistenza è funzionale a una logica di paura che non riguarda solo le parti in conflitto, ma l’intero genere umano. Le relazioni internazionali non possono essere dominate dalla forza militare, dalle intimidazioni reciproche, dall’ostentazione degli arsenali bellici”. “Le armi di distruzione di massa, in particolare quelle atomiche – aveva aggiunto il Santo Padre - non possono costituire la base della pacifica convivenza fra i membri della famiglia umana, che deve invece ispirarsi ad un’etica di solidarietà”.
Dialogo interculturale e sviluppo umano integrale
L’incontro odierno mira a continuare la discussione iniziata in quel Simposio tenutosi nel 2017. E si basa sul libro “A World Free from Nuclear Weapons” pubblicato per commemorare il settantacinquesimo anniversario di Hiroshima e Nagasaki. L’obiettivo è quello di promuovere il dialogo interculturale e una maggiore comprensione dello sviluppo umano integrale come immaginato da Papa Francesco nella enciclica "Laudato si'" È quanto sottolinea a Vatican News il cardinale Silvano Maria Tomasi, a lungo osservatore permanente della Santa Sede presso la sede Onu di Ginevra e collaboratore del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ricordando le finalità dell’odierno incontro:
R. - È un invito a rinnovare gli sforzi per eliminare la minaccia e l'uso delle armi atomiche e anche a rafforzare e a far comprendere la posizione presa da Papa Francesco che è andata a chiarirsi in maniera progressiva: non è solo eticamente inaccettabile l'uso delle armi nucleari, ma è eticamente inaccettabile anche il loro possesso. Questo passo ha suscitato una riflessione nuova e più profonda per far capire che la pace non è soltanto assenza di guerra, ma abbraccia lo sviluppo e la giustizia delle relazioni tra le popolazioni e gli Stati. Questa idea fondamentale, che è stata spinta in avanti da Papa Francesco, è stata poi ribadita nel suo viaggio storico in Giappone e nell'ultima enciclica “Fratelli tutti”. È una valutazione morale del fatto che le armi nucleari, per le loro conseguenze, non sono in alcun modo accettabili e che la vera pace abbraccia una panoramica più vasta che include una sicurezza per tutti e non soltanto per pochi.
Perché l'arma nucleare è più immorale delle armi convenzionali? In fondo tutte e due uccidono…
R. - È vero, infatti l'obiettivo della Santa Sede e della Chiesa è quello di eliminare tutte le armi e che ci sia un monitoraggio del traffico anche di armi convenzionali. Ma le armi di distruzione di massa, come soprattutto quella nucleare, hanno delle conseguenze che vanno al di là del controllo delle persone che le usano. Hanno un impatto sull'ambiente e, soprattutto, sulle persone. Anche le persone non coinvolte in azioni militari vengono colpite e distrutte. Questo rende l'uso delle armi nucleari moralmente inaccettabile. Le conseguenze sono il criterio che spinge ad arrivare a questa conclusione. E poi, se uno possiede armi nucleari, le possiede in funzione di un eventuale uso. Non si possono stabilire relazioni di pace e di fiducia tra i Paesi del mondo basandosi sulla paura e sulla minaccia della loro distruzione o della distruzione reciproca. Bisogna fare un passo al di là, un passo che sia più positivo e che porti in avanti e faccia vedere che, attraverso la fiducia e il dialogo serio e sincero e controllato tra Paesi e tra gruppi di persone, si può veramente costruire un contesto di pace, che dia benessere e serenità per tutti.
A tre anni dal Simposio, quali sono stati i frutti che avete potuto monitorare all'interno della comunità internazionale?
R. - Le discussioni portate avanti dalla Santa Sede hanno rafforzato veramente l'opinione pubblica nel dialogare e nel conoscere meglio le conseguenze negative dell’eventuale uso di queste armi di distruzione di massa. Questa nuova mentalità, lentamente, si sta imponendo. L’esempio della Santa Sede, che è stata la prima a firmare e a ratificare il Trattato di messa al bando delle armi nucleari, ha portato altri Paesi a fare altrettanto fino al punto che adesso questo Trattato è entrato in vigore. Questo passo intrapreso dal Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale, di radunare esperti e rappresentanti di Paesi per discutere sull'utilizzazione delle armi nucleari, ha portato ad allargare il consenso. Consenso che lentamente cresce in molti Stati, anche se non possessori di armi nucleari. La maggioranza dei Paesi vuole e percepisce la sicurezza non basata sul possesso di armi nucleari, ma sul fatto che se nessuno dispone di armi nucleari, tutti siamo più sicuri. C'è stato un dialogo con altre fedi, con altri interlocutori mettendo l'accento sul fatto che il nuovo nome della pace, come diceva San Paolo VI, è lo sviluppo. E camminando su questa strada, il tema della sicurezza nazionale viene proiettato e visto nel contesto della sicurezza globale. Questo è un passo positivo in avanti che aiuta a prevenire conflitti a fare in modo che l'affermazione o la ricerca della pace, sia fondata su una base molto più ampia.
Da quasi un anno il mondo è alle prese con la pandemia di coronavirus. Si sta comunque lavorando per sperare in un mondo libero dalle armi nucleari?
R. - La speranza è una virtù teologale, è una caratteristica del cristiano. Lavorando assieme, dialogando, facendo conoscere i rischi che ci sono nell’uso di queste armi di distruzione di massa, è possibile trovare un modo nuovo di rapportarci e di creare un futuro più sereno. Un futuro dove le nuove minacce che stanno apparendo - come l'uso dell'intelligenza artificiale o le armi letali autonome oppure la manipolazione delle comunicazioni - vengono controllate. La pandemia attuale ci dice che non si possono risolvere i problemi da soli. Dobbiamo lavorare assieme: gli Stati devono cooperare per arrivare a quel tipo di sviluppo che abbraccia tutta la famiglia umana. L'ultima enciclica di Papa Francesco mette appunto l'accento su questo fatto, sulla realtà che siamo la stessa famiglia di Dio, la famiglia umana. Dobbiamo tenere conto delle conseguenze dell'uso di certe armi che toccano non soltanto i combattenti, ma di fatto toccano tutta la famiglia umana. Per questa ragione, è importante che si continui a camminare e a creare una cultura non solo per alcuni esperti o capi di Stato e di governo. Ogni cittadino deve collaborare nel creare un mondo più pacifico dove un’inversione di rotta ci porta a usare le risorse disponibili non per creare nuove tecnologie di morte, ma per creare strutture di educazione, di salute, di benessere per tutta la popolazione.
L'obiettivo dell'eliminazione delle armi nucleari va poi realizzato attraverso i contatti tra i vari Paesi, negoziati e accordi. Come la Santa Sede sta operando, concretamente, per raggiungere questo obiettivo?
R. - Il cammino che si sta facendo, giorno dopo giorno con molta pazienza e con perseveranza, è anzitutto quello di rafforzare la convinzione che nel regime giuridico di controllo delle armi nucleari e delle armi di distruzione di massa dobbiamo sostenere quegli accordi che già esistono o che dobbiamo rinnovare. Per non far dimenticare che, con fatica durante gli ultimi 20 e 30 anni, sono stati raggiunti alcuni accordi. Dobbiamo sostenere questa inquadratura giuridica che facilita il dialogo per il disarmo. E dobbiamo sostenere dei passi concreti per ridurre l'arsenale atomico. La diplomazia pontificia è continuamente al lavoro. Nel contesto delle Nazioni Unite anch'io ho avuto occasione, per molti anni, di fare questo servizio, di far conoscere le ragioni della posizione della Santa Sede. Non è soltanto un'affermazione secondo cui è moralmente inaccettabile l'uso e il possesso di queste armi, lo si fa perché veramente lo esige il bene comune, il bene della famiglia umana. In questo processo lento per la creazione di una mentalità nuova, si sono fatti dei piccoli passi in avanti. Ed è attraverso questi piccoli passi che si spera e si prega: si spera che si riesca ad ottenere un consenso abbastanza ampio in modo da poter davvero mettere al bando tutte queste armi di morte.
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