La scomparsa dell’insigne latinista vaticano “Cletus” Pavanetto
Fabio Colagrande – Città del Vaticano
Nel giro di quindici giorni sono scomparse due colonne dell’Ufficio lettere latine della Segreteria Stato vaticana. A Milwaukee, nel giorno di Natale, ci aveva lasciato il padre carmelitano Reginald Foster, mentre nella sera del giorno dell’Epifania, si è spento a Roma, all’età di 89 anni, don Anacleto Pavanetto, salesiano e insigne latinista originario di Piombino Dese, in provincia di Padova, conosciuto da tutti come don Cletus.
Presidente della Fondazione Latinitas
Don Pavanetto, come il suo collega statunitense, era entrato in Segreteria di Stato nel 1970, restando per trent’anni - prima come scriptor e poi come responsabile - nella sezione che si occupa di tradurre nella lingua di Cicerone i discorsi dei Pontefici. Docente emerito di lingua e letteratura greca classica nella Facoltà di Lettere dell’Università Pontificia Salesiana a Roma, don Cletus era stato inoltre per vent’anni presidente dell’Opus Fundatum Latinitas, organismo istituito da Paolo VI nel 1976 per promuovere lo studio della lingua e della letteratura latina classica e cristiana, dirigendo anche la rivista trimestrale Latinitas.
Insegnava il greco... in latino
Autore di numerosi pregevoli saggi letterari in lingua latina - tra i quali si ricordano i due volumi Litterarum Graecorum classicarum lineamenta potiora del 1986 e gli Elementa linguae et grammaticae latinae del 1991 - don Pavanetto aveva anche redatto una grammatica latina, Elementa linguae et grammaticae latinae, giunta nel 2016 alla sesta edizione. Restano storiche le sue lezioni di letteratura greca classica in lingua latina che lo portarono nel 1994 a pubblicare un saggio sulla tragedia di Euripide Le Baccanti, da lui tradotta in latino e italiano.
Come padre Foster, don Pavanetto considerava una vera e propria missione culturale l’insegnamento delle lingue classiche e, anche in pensione, continuava a dare lezioni gratis a studenti di varie nazionalità. In lui c’era la consapevolezza che il latino, con il suo linguaggio preciso che non si presta a equivoci, fosse via ineludibile per conoscere la cultura dell’antichità, del Medioevo e del Rinascimento, ma anche per ricostruire la storia della Chiesa.
Divulgatore sulla Radio Vaticana
Tra il giugno del 2019 e il marzo 2020, don Cletus era stato brillante affabulatore e divulgatore ai microfoni della trasmissione “Anima Latina” di Radio Vaticana Italia. “Anche al giorno d’oggi - ci aveva confidato con rammarico - ci sono persone che non amano la lingua latina perché sembra non portare guadagni immediati”. “Quid non mortalia pectora cogis, auri sacra fames!”, aveva esclamato citando Virgilio. “Eppure la conoscenza di quell’immenso tesoro che è la lingua latina è fondamentale per darci una spina dorsale quando parliamo in italiano”. “Troppe volte sui media sentiamo pronunce sbagliate o troviamo parole usate in modo scorretto perché non si conosce il latino”, sottolineava don Cletus. “E anche i ‘fanatici’ della lingua inglese - concludeva con un sorriso - dovrebbero riflettere sul fatto che i vocaboli che indicano gli strumenti digitali moderni sono vocaboli latini”.
Il ricordo del Rettore della Salesiana
Particolarmente colpita dalla scomparsa di don Pavanetto è stata la comunità della Pontificia Università Salesiana, dove il latinista aveva insegnato e tutt'ora risiedeva. "Siamo grati al Signore per il dono di don Cleto alla Chiesa e alla Congregazione salesiana - ha dichiarato a Vaticannews il Rettore don Mauro Mantovani - specie per i lunghi anni in cui ha sapientemente congiunto il costante e qualificato servizio per la Santa Sede e la sua efficace azione di docente e formatore all’interno del Pontificium Institutm Altioris Latinitatis, la nostra Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche". Il prof. Mantovani definisce don Cletus "un uomo colto e di animo gentile, estimatore e promotore della classicità", ma soprattutto "un salesiano autentico, appassionato, che ha interpretato con intelligenza e lungimiranza l’urgenza di investire oggi sulla cultura e sul patrimonio umanistico per costruire, di fronte alle sfide che stiamo affrontando, un futuro sempre più umano e umanizzante”.
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