Parolin porta in Camerun il messaggio di pace e riconciliazione del Papa
Davide Dionisi
“Il Papa è ben consapevole delle difficoltà che avete vissuto in questi anni e che state ancora vivendo: chiede per voi la consolazione del Signore, in particolare per coloro che sono stati vittime della violenza o che, in questa crisi, hanno perso amici e persone care”. Così il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, nel corso dell’omelia in occasione dell’imposizione del Pallio a monsignor Andrew Nkea Fuanya, arcivescovo di Bamenda, ha espresso la vicinanza di Francesco alla popolazione camerunense e, più in generale, al continente africano, terra ricca di umanità ma segnata da tante sofferenze. Il Papa, ha aggiunto il porporato, “si unisce al desiderio di pace e di riconciliazione che da questa amata e meravigliosa terra sale verso Dio”.
Riconciliazione, compassione, accoglienza
Il cardinale Parolin è arrivato in Camerun giovedì scorso accompagnato da monsignor Ivan Santus, officiale della Sezione per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato. Il suo è un viaggio che vuole essere un segno concreto di quell'impegno comune, solidale e partecipativo, per proteggere e promuovere la dignità e il bene di tutti e per interessarsi alla compassione, alla riconciliazione e alla guarigione, al rispetto, all’accoglienza, soprattutto nel contesto dell'attuale emergenza umanitaria da coronavirus.
In comunione con il Papa
“Il Pallio - ha spiegato il Segretario di Stato durante la Messa nella Cattedrale di Bamenda - è simbolo di un particolare legame di comunione con il Papa: tessuto con la lana di agnelli da lui benedetti nella festa di Sant’Agnese, esso evoca la figura del buon Pastore, che va in cerca della pecora smarrita ponendosela sulle spalle. Rappresenta la potestà che l’Arcivescovo esercita nella Provincia Ecclesiastica, in comunione con il Sommo Pontefice. È un segno ricco di significato, che inaugura con forza il mandato di ogni nuovo Arcivescovo: il suo nuovo ministero viene posto fin dall’inizio sotto il segno della comunione, in obbedienza e unione al Santo Padre e in condivisione con i confratelli Vescovi”.
Con il Vangelo in tasca
“Mentre molte voci risuonano e si rincorrono intorno a noi; mentre tanti vogliono fare da maestri nella nostra vita” - ha sottolineato il Cardinale - occorre dare “un peso unico alla Parola di Cristo” che è la Parola che non passa: “Per questo motivo, il Papa, in diverse occasioni, ci ha invitati a portare con noi un piccolo libro del Vangelo. Il Vangelo in tasca non è uno slogan ma un programma spirituale”.
L’efficacia della Parola
“Gesù vuole il bene dell’uomo e per questo lo libera dal Male” ha indicato il porporato. “Gesù è in grado di operare una totale liberazione precisamente attraverso la sua semplice e potente Parola: Esci da lui! Non formule magiche; neppure strani gesti: è la Sua Parola che risulta oltremodo efficace”. Il Segretario di Stato ha evidenziato che “il Male c’è e Cristo è in grado di sconfiggerlo. Sta a noi esercitarci, ogni giorno, in tale combattimento”.
Serenità e vigilanza
Il cardinale Parolin ha poi evocato l’insegnamento dell’apostolo Paolo, indicando due termini preziosi che devono segnare il cammino spirituale di ciascuno: serenità e vigilanza: “Serenità perché con Cristo siamo vincitori, nell’adesione a lui attraverso la preghiera e la vita sacramentale; vigilanza per poter discernere il Male lì dove si annida, a cominciare dal nostro cuore”.
Il seme di speranza
Rivolgendosi ai fedeli, ha poi esortato a contrastare le violenze, le divisioni e le lotte fratricide che affliggono questa terra: “Chi lotta contro il male che alberga nel suo cuore, diventa portatore di bene e di pace nella sua famiglia, tra i suoi amici, nella sua comunità: e diviene, in questo modo, un seme di speranza per tutti”.
Evitare il rischio della superbia spirituale
Il Segretario di Stato ha concluso l’omelia ricordando che dopo duemila anni, lo stupore e la domanda, di fronte al Signore Gesù, sono atteggiamenti preziosi da custodire con cura: “Non dovremmo mai smettere di riflettere su tale Mistero per evitare il rischio della superbia spirituale, di chi è convinto di saper già tutto su Gesù, senza rendersi conto che egli è sempre più grande di quanto possiamo umanamente comprendere. Non dovremmo mai smettere di meravigliarci davanti al Mistero fondamentale della nostra fede cristiana: quello del Figlio di Dio che si è fatto uomo per la nostra liberazione”.
Tanti i fedeli che hanno voluto partecipare alla Messa nella Cattedrale di Bamenda, segno dell’affetto per l’arcivescovo Fuanya e di gioiosa comunione con il Papa rappresentato dal suo Segretario di Stato.
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