Disastro naturale sull' Himalaya: cordoglio e vicinanza dei vescovi
Isabella Piro - Città del Vaticano
Sarebbero almeno 14 i morti e 200 i dispersi della calamità naturale che ha colpito lo Stato di Uttarakhand, in India: domenica 7 febbraio, un pezzo di ghiacciaio a ridosso dell’Himalaya è crollato nel fiume Rishiganga, causando massicce inondazioni. La zona è servita da una diga, ora danneggiata, alla quale stavano lavorando molti operai, rimasti intrappolati sul bordo del fiume. La Chiesa cattolica locale ha espresso subito il suo cordoglio e la sua vicinanza alle vittime: “Siamo rattristati dalla notizia della perdita di così tante vite preziose – ha detto monsignor John Vadakel, vescovo della circostante diocesi di Binjor - Preghiamo per i dispersi, sperando che vengano trovati sani e salvi". "L'inondazione è stata improvvisa – ha aggiunto il presule – ed è stato un vero un disastro naturale. Sappiamo che il governo sta facendo del suo meglio, quindi possiamo solo aspettare e osservare la situazione”, anche se le premesse non sono delle migliori: “Il luogo in cui si è verificata la catastrofe – ha osservato monsignor Vadakel – è particolarmente impervio e le condizioni meteorologiche sono avverse”.
Dal canto loro, alcuni esponenti cristiani attivisti per i diritti umani hanno sottolineato che “l'Uttarakhand è una delle regioni meno monitorate e più vulnerabili" dell’India: situata ai piedi dell'Himalaya, essa è infatti particolarmente esposto al maltempo e alle calamità naturali. Già nel giugno 2013, questo Stato settentrionale del Paese aveva subito una grave inondazione provocata da un forte temporale, con conseguenti frane, smottamenti ed un drammatico bilancio di 5.700 morti.
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