Alla Gregoriana, per la prima volta una Licenza in Studi Giudaici
Fabio Colagrande – Città del Vaticano
“Il dialogo va portato avanti a due voci, e la testimonianza di docenti ebrei e cattolici che insegnano insieme vale più di tanti discorsi”. Lo ricordava Papa Francesco il 28 febbraio 2019 durante l’udienza per il 50° della scomparsa del cardinale Agostino Bea, gesuita che fu pioniere del dialogo ebraico-cristiano. Proprio nello spirito di queste parole del Pontefice, la Congregazione per l’Educazione Cattolica ha recentemente istituito una Licenza canonica in Studi Giudaici e Relazioni Ebraiche presso l’Università Pontificia Gregoriana. L’iniziativa, che rappresenta una novità assoluta, simbolicamente rilevante, è preparata e gestita proprio dal Centro “Cardinal Bea” ed è caratterizzata da un programma accademico, piuttosto intensivo, di due anni, dunque al livello di un Master. Il nuovo percorso accademico, che sarà presentato con un evento on-line il prossimo 21 aprile, prevede anche diverse Borse di studio per favorire la presenza a Roma degli studenti da diversi circuiti internazionali. È possibile iscriversi e avere altre informazioni tramite il sito web dell'Università Gregoriana. Padre Etienne Emmanuel Vetö, direttore del Centro "Cardinal Bea", ha presentato così ai nostri microfoni la nuova Licenza:
R.- Penso che non dobbiamo sottovalutare questa novità che, a mio parere, rappresenta un evento storico, un segno dei tempi. Per la prima volta in duemila anni di cristianesimo, infatti, si rilascia un diploma canonico, quindi riconosciuto dalla Santa Sede, in studi giudaici e relazioni ebraico-cristiane. Si tratta di un vero e proprio riconoscimento del fatto che la conoscenza dell'ebraismo e il dialogo fra cristiani e ebrei fanno parte della vita cristiana, sono una parte integrante di una teologia completa e di una vita di fede completa.
Perché per un cristiano è fondamentale approfondire gli studi giudaici?
R.- Come ha ricordato recentemente in un videomessaggio l’arcivescovo Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, le nostre radici affondano nella cultura giudaica. Spesso noi associamo a questo concetto l’idea di qualcosa che appartiene al passato: ma in realtà in un albero le radici sono fondamentali anche nel presente, danno alla pianta la linfa vitale per crescere. Ciò significa che noi anche oggi abbiamo bisogno di ricevere questa linfa dalle nostre radici e l'ebraismo ci fornisce tanti elementi che sono centrali per il cristianesimo. Penso alla conoscenza di un Dio uno, di un Dio amore, al fatto che l'essere umano è creato a immagine di Dio, all'importanza del corpo e dell'anima, all'idea di salvezza, di peccato e di perdono e all’idea del “Messia”. Dobbiamo renderci conto che negli ultimi anni ebraismo e cristianesimo si sono sviluppati, in un certo senso, “l'uno contro l'altro” e dunque abbiamo perso degli aspetti che sono proprio costitutivi della nostra identità. Pensiamo, ad esempio, a tutta la parte delle promesse messianiche che sono nella Bibbia o al semplice fatto che non si può comprendere a fondo il Nuovo Testamento senza l'Antico.
Intende dire che studiare insieme la rivelazione arricchisce reciprocamente cristiani ed ebrei?
R.- Assolutamente, sì. Si potrebbe dire che come cristiani abbiamo ricevuto dal popolo ebraico una rivelazione e abbiamo ricevuto da Gesù Cristo una comprensione nuova di questa rivelazione. Quindi solo quando leggiamo i testi della Sacra Scrittura nella loro completezza possiamo avere una comprensione più profonda e illuminante della rivelazione.
Come sarà strutturato il corso di questa Licenza?
R.- Una parte dei corsi sono dedicati al giudaismo e un’altra al dialogo ebraico-cristiano, con tutte le domande che il dialogo pone e le nuove attuali comprensioni della fede cristiana. Un aspetto caratterizzante di questa Licenza è poi, soprattutto, che quasi la metà dei docenti sono ebrei e dunque molti corsi sono fatti, per così dire, a due voci. Questo è molto arricchente per gli studenti. Nel febbraio 2019, come Centro “Cardinal Bea”, abbiamo avuto un’udienza con Francesco e in quell’occasione il Papa sottolineò l’importanza, non solo di studiare la tradizione dell'altro, ma di studiare con l'altro, di studiare “insieme”. Mi rendo conto, infatti, che i cristiani che studiano presso il nostro Centro alla fine dei corsi hanno una comprensione molto più grande della propria fede. Ma è anche interessante verificare la reazione degli ebrei. Ricordo, in particolare, la testimonianza di un Rabbino, che mi raccontò che quando era venuto per la prima volta da noi la sua idea era quella di insegnare ai cristiani “chi sono gli ebrei”. Poi però, piano piano, ha capito che era lui stesso a ricevere tanto e a capire sempre meglio la sua tradizione ebraica.
Qui a Roma, la vicinanza con la Comunità ebraica crea le condizioni ideali per vivere il dialogo…
R.- La presenza della Comunità di Roma è importantissima perché permette di avere un rapporto vissuto con gli ebrei: andare alla preghiera alla Sinagoga, avere dei veri scambi. Dunque è per noi un vero e proprio tesoro.
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