Cattolica, Cantalamessa ai futuri medici: "La tecnica non sostituisca il contatto umano"
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
Torna da cardinale, padre Raniero Cantalamessa, nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma dove, negli ’60 e ’70, è stato prima studente e poi insegnante della Facoltà di Lettere e filosofia e nella direzione del Dipartimento di Scienze religiose. Il predicatore della Casa Pontificia – creato cardinale da Papa Francesco nel Concistoro del novembre 2020 – ha celebrato ieri una messa per il centenario dell’Ateneo nel Policlinico Gemelli. E ha avuto parole di incoraggiamento per tutti gli studenti, medici del futuro, ai quali ha raccomandato di “coltivare insieme con la mente, anche il cuore”, in modo da mettere “le idee e la scienza al servizio delle persone” e “mai il contrario”.
Ai medici: dietro le cartelle cliniche, ci sono persone
“Non dimenticate mai che dietro una cartella clinica e i risultati di esami, c’è una persona umana e spesso una vostra carezza, un sorriso e una parola di speranza può fare più bene di ogni medicina. Non permettete che la tecnica e la strumentazione sostituiscano il contatto umano”, ha detto il cardinale durante la messa, concelebrata con monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico della Cattolica.
Dalla cattedra al pulpito
E a proposito di vocazione, nella stessa omelia, il cappuccino ha ricordato la sua chiamata a predicare, fiorita proprio tra le aule dell’Università romana. “Nel 1979… sentii la chiamata a lasciare la cattedra per il pulpito, cioè a dedicare completamente la mia vita all’annuncio del Regno di Dio”. All’inizio non sapeva dove andare, poi è arrivata la chiamata di Giovanni Paolo II che lo nominò predicatore della Casa pontificia: “Era in Vaticano che dovevo cominciare a predicare il Regno di Dio!”, ricorda padre Cantalamessa, che tuttavia a giovani e seminaristi sconsiglia di seguire il suo esempio: “Non lasciate gli studi, se non siete sicuri di aver ricevuto una diversa chiamata. Utilizzate al meglio le possibilità che gli studi universitari vi offrono”. Essi “sono un privilegio di cui si è responsabili nei confronti di sé stessi e della società”.
L'umiltà di tre Papi
Per 41 anni, Cantalamessa è stato “testimone dell’incredibile umiltà degli ultimi tre Papi” che ogni venerdì, in Avvento e in Quaresima, mettevano tutto da parte “per andare ad ascoltare la predica di un semplice sacerdote della Chiesa cattolica”. Almeno fino all’anno scorso, quando Papa Francesco lo ha voluto tra i membri ultraottantenni del Collegio cardinalizio.
La conoscenza non dà la felicità
Nel corso della sua riflessione, il porporato si è soffermato sul significato del “Sacro Cuore” che dà il nome all’Università, scelto allora “per il ruolo che il culto del Sacro Cuore rivestiva al momento della sua fondazione”. Un culto che non rammenta “un evento passato”, bensì “una realtà in atto”, ossia “il cuore vivo e palpitante del Risorto”. È di questo cuore che “la nostra civiltà, dominata dalla tecnica ha bisogno, se vogliamo evitare che, mentre si surriscalda fisicamente, il nostro pianeta ripiombi, spiritualmente, in un’era glaciale”, ha detto. “Si sta lavorando da tempo a un tipo di computer che ‘pensa’... ma nessuno finora ha prospettato la possibilità di un computer che ‘ama’, che si commuove, che viene incontro all’uomo sul piano affettivo, facilitandogli l’amare, come gli facilita il calcolare le distanze tra le stelle, il movimento degli atomi e la memorizzazione dei dati”. “Al potenziamento dell’intelligenza e delle possibilità conoscitive dell’uomo, non va di pari passo, purtroppo, il potenziamento della sua capacità di amore”, ha osservato Cantalamessa. Anzi, sembra che quest’ultima non conti nulla, “mentre sappiamo che la felicità o l’infelicità non dipende tanto dal conoscere o non conoscere, quanto dall’amare o non amare, dall’essere amato o non essere amato”.
Ansiosi di amare
La raccomandazione che il cardinale lascia agli studenti della Cattolica è quindi a non essere “ansiosi” di accrescere le conoscenze, quanto piuttosto la capacità di amare, perché “la conoscenza si traduce automaticamente in potere, l’amore invece in servizio”. “Solo l’amore redime e salva mentre la scienza e la sete di conoscenza, da sole possono portare alla dannazione”, ha rimarcato il porporato, richiamando, come plastico esempio, la scena del famoso film di Ermanno Olmi “Cento chiodi”, in cui il protagonista fa inchiodare al pavimento i volumi preziosi di una biblioteca, urlando: “Tutti i libri del mondo non valgono una carezza!”.
Al termine della celebrazione il rettore Franco Anelli ha consegnato a nome della comunità universitaria alcuni doni al cardinale e alla direttrice dei Musei Vaticani, Barbara Jatta.
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