Santa Sede: garantire l’accesso universale ai vaccini
Isabella Piro – Città del Vaticano
La solidarietà internazionale, il dramma dei rifugiati, ma anche l’importanza di un’educazione olistica, la condanna della violenza sulle donne e il tema della privacy nel mondo digitale: sono stati questi gli argomenti affrontati dalla Missione permanente della Santa Sede presso l’Onu di Ginevra in cinque diversi interventi, pronunciati tra il 24 giugno e il 6 luglio. Quattro di essi sono stati enunciati nel corso della 47.ma sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, mentre uno è stato presentato durante l’81.ma sessione del Comitato permanente dell’Unhcr (Alto Commissariato Onu per i rifugiati). Gli interventi sono stati pronunciati a nome della Santa Sede, in attesa della nomina di un nuovo Osservatore permanente che subentri a monsignor Ivan Jurkovič, nominato il 5 giugno Nunzio apostolico in Canada.
Promuovere solidarietà internazionale
Il 24 giugno, dunque, la Santa Sede ha lanciato un forte appello alla solidarietà internazionale, principio definito “più necessario che mai” se si vuole uscire “più forti” dall’attuale pandemia da Covid-19. L’emergenza sanitaria, infatti, oltre al coronavirus, ha favorito la diffusione del “virus dell’individualismo”, facendo prevalere “le leggi del mercato” a quelle “dell’amore e della salute dell’umanità”. Ma “individualismo ed egoismo non portano alla libertà o all’uguaglianza – ha detto la Santa Sede – quanto piuttosto a conflitti e indifferenza di fronte alle sofferenze altrui”. Di qui, l’esortazione del Vaticano alla necessità di “fornire basi giuridiche ed etiche” alla solidarietà internazionale, così da favorirne l’attuazione.
No alla proprietà intellettuale su vaccini anti-Covid
In tale ambito, in particolare, la Santa Sede ha esortato gli Stati e le agenzie multilaterali a “lavorare insieme per attuare una rinuncia ai diritti sulla proprietà intellettuale, al fine di garantire l'accesso universale alle cure e ai vaccini anti-Covid”. L’obiettivo finale, è stato ribadito, deve essere quello di “abbandonare l'individualismo e plasmare un quadro etico più solido, basato sulla solidarietà internazionale e la promozione del bene comune”.
I genitori hanno il diritto di educare i figli
Sempre il 24 giugno, la Santa Sede si è soffermata sul diritto all’istruzione, ricordando, in primo luogo, “il ruolo fondamentale”, nonché “il diritto e la responsabilità” dei genitori nel “fornire un'educazione di qualità ai loro figli, in particolare per quanto riguarda la loro formazione morale e religiosa”, in modo da “promuovere il benessere dei bambini in tutte le sue dimensioni umane, compresa quella fisica, mentale, morale, spirituale e sociale”. No, quindi, ad un’educazione “riduttiva o eccessivamente generalizzata”, ha detto la Santa Sede; sì, invece, ad un approccio educativo che sia “solido ed olistico”, in modo da evitare “il rischio di omogeneizzazione” che rende i sistemi formativi “incapaci di adattarsi alle esigenze dei singoli studenti”.
Forgiare un nuovo patto educativo
Centrale anche il richiamo al finanziamento dell’istruzione pubblica, affinché la formazione delle giovani generazioni non sia “determinata dalla ricchezza o meno della famiglia”, con l’inevitabile conseguenza di “radicare ulteriormente le disuguaglianze socio-economiche”. Di qui, l’appello della Santa Sede ad “un nuovo patto educativo”, secondo le linee-guida ribadite tante volte da Papa Francesco, ovvero “la promozione di una cultura dell’incontro e della comprensione reciproca, in uno spirito di serenità e di tolleranza”. In tal modo, l’educazione renderà i giovani “capaci di individuare e promuovere i veri valori umani in una prospettiva interculturale e interreligiosa”.
Violenza sulle donne è grave violazione dei diritti umani
Il dramma della violenza sulle donne è stato, invece, il focus dell’intervento pronunciato dalla Missione permanente vaticana il 28 giugno. Una tragedia che costituisce “una grave violazione dei diritti umani” e che “affligge la vita di donne e ragazze in tutto il mondo”. E infatti i dati diffusi dall’Onu parlano chiaro e sono raccapriccianti: ogni giorno, 137 donne vengono uccise da membri della loro stessa famiglia; le donne adulte costituiscono quasi la metà delle vittime del traffico di esseri umani in tutto il mondo; a livello globale, 1 donna su 3 ha subito violenza fisica o sessuale in qualche momento; e 15 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni, in tutto il globo, hanno avuto rapporti sessuali forzati. A tutto questo, ha sottolineato la Santa Sede, si è aggiunta nel 2020 la pandemia, “fattore aggravante che ha reso molte donne più vulnerabili alla violenza domestica, a causa del lockdown, dell'isolamento sociale e dell'insicurezza economica”.
Il crimine di stupro è intollerabile
“Il crimine di stupro – ha ribadito ancora la Santa Sede – è una gravissima offesa alla dignità della donna, che viene violata non solo nel corpo, ma anche nello spirito, con un trauma difficile da cancellare e con effetti anche sulla società", perché “quanto più la dignità delle donne è promossa e protetta, tanto più lo sono anche la famiglia e la comunità”. Al contrario, ogni tipo di “violenza psicologica, verbale, fisica e sessuale è un atto di viltà e una degradazione di tutta l’umanità”. Ferma, dunque, la condanna della Missione permanente di fronte a tali delitti: “Ogni silenzio sugli atti violenti perpetrati contro le donne – ha rimarcato - ogni impunità degli abusatori e qualsiasi impassibilità o indifferenza verso i crimini fisici o sessuali è intollerabile”.
Tutelare i bambini concepiti in seguito a violenza
Per questo, è stato richiamato “il dovere morale di fornire alle vittime di violenza sostegno e protezione adeguati”, attraverso “il facile accesso a strutture che forniscano loro assistenza psicosociale, medica, finanziaria e legale”, così da favorirne “la guarigione e il reinserimento sociale”. Il pensiero della Missione permanente è andato, poi, ai bambini concepiti in seguito a violenza sessuale, la cui dignità ed i cui diritti, “a cominciare da quello alla vita, vanno riaffermati”, affinché essi non diventino “vittime collaterali dell'abominevole violenza perpetrata contro le donne”. Questi bambini devono essere “sostenuti e amati – ha sottolineato la Santa Sede – perché il rispetto per la vita umana dal concepimento alla morte naturale è il punto di partenza per superare la cultura della violenza” e per “promuovere un autentico rispetto per l'altro, fondato sulla verità intrinseca della pari dignità di tutte le persone”.
Proteggere i minori dai pericoli del web
La tutela dei minori è stata al centro anche dell’intervento della Santa Sede pronunciato il 2 luglio: in particolare, ci si è soffermati sul diritto alla privacy dei bambini nel contesto del mondo digitale. A causa della pandemia, infatti – è stato ricordato – i minori hanno sviluppato “una maggiore dipendenza di Internet e dalle forme virtuali di comunicazione”, il che li ha resi “ancora più vulnerabili e sovraesposti alle attività criminali online”. Di conseguenza, ha detto la Missione permanente vaticana, l’intera società deve cooperare ed impegnarsi in modo “autentico e fermo” per tutelare la dignità dei bambini nel mondo digitale.
Diritti dei genitori e diritti dei bambini non sono contrapposti
In questo ambito, un ruolo speciale spetta i genitori, ma con le dovute attenzioni: la Santa Sede ha messo in guardia dal contrapporre “i diritti dei genitori” ai “diritti dei bambini”. Non si tratta, infatti di “regole autonome contrastanti poste su un piano di parità”, perché in realtà “i bambini hanno bisogno dei genitori”, i quali devono guidare i figli "verso uno sviluppo umano integrale e verso la maturazione dell’autonomia e della responsabilità personale”. In questa prospettiva, la capacità dei genitori di “monitorare e controllare” l'uso di dispositivi elettronici da parte dei bambini “non è una violazione del diritto alla privacy” dei figli, bensì “è un modo essenziale per promuovere e proteggere la loro dignità e i loro diritti”, nonché “una misura di sicurezza per fare in modo che i piccoli non siano sfruttati e abusati”.
No al così detto “diritto all’aborto”
Fondamentale, in questo contesto, la sottolineatura della Santa Sede al fatto che “il diritto internazionale non riconosce un cosiddetto ‘diritto’ ad informazioni e servizi relativi alla salute sessuale riproduttiva, che implica l’accesso all'aborto e ai servizi di pianificazione familiare”. Inoltre, è stato ricordato che la "notifica e/o il consenso obbligatorio dei genitori per la prescrizione di contraccettivi e l’interruzione volontaria di gravidanza" non è una violazione del diritto alla privacy dei minori, ma rappresentano “il diritto e il dovere del genitore di valutare il migliore interesse per il proprio figlio”.
I rifugiati non sono numeri, ma nostri fratelli
Infine, ieri, 6 luglio, rivolgendosi all’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, la Santa Sede si è soffermata sugli spostamenti forzati che distruggono famiglie e provocano in chi ne è vittima “una continua incertezza sull’accesso all’assistenza sanitaria, all’istruzione e al lavoro dignitoso”. Alle origini, è stato ricordato, ci sono cause “sempre più complesse”, tra cui il cambiamento climatico, che “hanno un effetto sproporzionato sui poveri e i vulnerabili”. E i dati non sono affatto incoraggianti: alla fine del 2020, si contavano 82,4 milioni di sfollati forzati, un numero aggravato dalla pandemia. Ma dietro tali numeri e statistiche ci sono persone, “ci sono i nostri fratelli e le nostre sorelle”, ha detto la Missione permanente vaticana.
Chiedere asilo è un diritto
Per questo, occorrono “politiche di reinsediamento più generose” ed “un impegno più forte per la condivisione delle responsabilità” tra i vari Paesi del mondo, in modo da “costruire insieme un futuro di giustizia e di pace, ed assicurare che nessuno sia lasciato indietro". È infatti “deplorevole”, ha detto la Santa Sede, che “la pandemia sia diventata anche una crisi di protezione e un’altra causa di ritardo nel raggiungimento di soluzioni durature”, perché “il diritto di chiedere asilo, in definitiva, riconosce che siamo una sola famiglia umana” e soprattutto in tempo di pandemia “rappresenta un faro di speranza per molti”.
Rifugiati sono soggetti di diritti e doveri
Incertezza e vulnerabilità, mancanza di risposte adeguate, quote di reinsediamento diminuite, soluzioni elusive: l’emergenza sanitaria da coronavirus ha provocato tutto questo tra migranti e rifugiati, ha ribadito la Santa Sede, oltre alla loro esclusione dall’accesso a beni fondamentali come l’assistenza sanitaria, inclusi i vaccini, e l’istruzione. Per questo, è stata sottolineata l’importanza di “rafforzare la cooperazione e la solidarietà internazionale”, in modo da “assistere efficacemente gli Stati che ospitano un gran numero di rifugiati”. Al contempo, è importante riconoscere – ha aggiunto la Missione permanente – “la resilienza dei rifugiati stessi e il loro contributo di fronte alla pandemia, ovvero il loro mettere a disposizione degli altri le proprie capacità, esperienze e competenze, spesso su base volontaria”. Ciò a dimostrazione che “i rifugiati e gli sfollati non sono solo oggetto di assistenza, bensì anche soggetti di diritti e doveri, come tutti gli esseri umani”.
Rispettare il principio di non respingimento
Quanto al diritto che gli Stati hanno di gestire le proprie frontiere, la Santa Sede ha rimarcato che tale diritto va rispettato, ma allo stesso tempo ha incoraggiato il bilanciamento tra “le preoccupazioni della salute pubblica e il rispetto del principio di non respingimento e del diritto di chiedere asilo”. Infine, la Missione permanente ha rivolto un pensiero riconoscente a tutti coloro che, in tempo di pandemia da Covid-19, si sono messi al servizio del prossimo, “persone coraggiose che sono rimaste in prima linea per offrire un'attenzione speciale ai bisogni dei rifugiati e dei migranti”.
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