Parolin: il Papa chiede di essere testimoni di una Chiesa rivolta al mondo
Massimiliano Menichetti
Il Papa si prepara a partire per il 34.mo viaggio apostolico: domenica 12 settembre chiuderà a Budapest il Congresso eucaristico internazionale, poi visiterà la Slovacchia fino al 15 settembre. Grande è l’attesa per l’arrivo del Successore di Pietro, che – afferma il Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin – invita ad essere Chiesa in uscita, trovando un linguaggio capace di parlare del Vangelo al mondo. Al Santuario nazionale di Šaštin – rimarca – sarà un “pellegrinaggio che avviene dopo l’intervento chirurgico che il Papa ha avuto, quindi in un certo senso anche per ringraziare la Madonna della buona riuscita di questo intervento”.
Eminenza, come è nato il progetto di questa doppia visita apostolica?
Il Papa stesso, nel corso dell’intervista nel viaggio di ritorno dall’Iraq, ha annunciato un po’ questo suo desiderio, questa sua intenzione che – come spesso accade per i viaggi – è nata, lui dice, dalla preghiera: il desiderio, l’intenzione di andare a presiedere la Messa conclusiva del Congresso eucaristico internazionale di Budapest, che già era stato rimandato a causa del Covid, e poi appunto, data la vicinanza, di passare anche in Slovacchia e visitare il Paese.
L’arcivescovo di Budapest, il cardinale Erdö, ha ribadito che l’Ungheria ha bisogno della luce della fede per sentire e approfondire la fratellanza con tutti i popoli. Quali frutti si attendono dal Congresso eucaristico?
I Congressi eucaristici sono occasioni di celebrazione, di riflessione, di studio, di approfondimento sul mistero dell’Eucaristia, e quindi anche il Congresso internazionale di Budapest ha questa finalità. Infatti, in questi giorni si stanno svolgendo proprio tutti questi momenti, sia celebrativi sia più accademici, di approfondimento. Il Congresso eucaristico dovrebbe portare poi ad una vita che sia eucaristica: proprio in questi giorni ho riletto il discorso, l’omelia che Papa Francesco ha pronunciato – era il 2018 – a Molfetta, in occasione del 25.mo anniversario della morte di don Tonino Bello e allora diceva, tra le altre cose: “In ogni parrocchia, in ogni chiesa dovrebbe essere affissa questa scritta: ‘Dopo la Messa non si vive più per se stessi, ma si vive per gli altri’”. Credo che questo sia il senso di quanto diceva il cardinale Erdö, cioè: l’Eucaristia ci immerge nell’amore di Cristo, nella vita stessa di Cristo che è un amore dalle dimensioni universali, e quindi ci deve rendere capaci di vedere in ogni uomo, in ogni persona un fratello di cui portare i pesi.
In Slovacchia, ad accogliere il Papa sarà una popolazione in cui è viva la memoria dei Santi Cirillo e Metodio: una visita che ribadisce il ponte spirituale di dialogo tra Oriente e Occidente …
Certamente. La figura dei Santi Cirillo e Metodio è una figura che ha profondamente caratterizzato tutta la storia della Nazione slovacca: nella stessa Costituzione, nel preambolo mi pare che si parli di loro come Padri spirituali e culturali della Nazione. E Giovanni Paolo II, nella Slavorum Apostoli, parla di loro come di un ponte tra Oriente e Occidente. Quello che possiamo cogliere di questi Santi – e credo che il loro messaggio sia attuale, perenne, tra l’altro, sono anche Patroni d’Europa, voluti proprio da Giovanni Paolo II – è questa capacità, prima di tutto, di inculturare il Vangelo. Hanno saputo parlare alla gente del loro tempo, hanno saputo annunciare il Vangelo in categorie che fossero loro accessibili, e questo è un invito a fare quanto ci chiede Papa Francesco parlando di una Chiesa in uscita, di una Chiesa che deve essere tutta rivolta all’evangelizzazione del mondo: essere rivolta all’evangelizzazione del mondo significa trovare il linguaggio adatto perché il mondo possa ricevere l’annuncio del Vangelo. Quindi, da una parte questa inculturazione, questa spinta missionaria, e dall’altra anche il fatto di sapere inserire questa diversità di spiritualità, di forme espressive della spiritualità, di cultura della lingua anche nell’unità cattolica che diventa così un’unità sinfonica e non uniforme.
Fitto il programma della visita, tra cui l’incontro con la Comunità Rom, segno dell’attenzione del Papa nei confronti di questa realtà …
Mi sembra che questo incontro si collochi in continuità con l’incontro che due anni fa il Papa ebbe in Romania, con la Comunità Rom, e dove espresse proprio dal profondo del suo cuore tutto il dolore per le sofferenze di cui questa comunità era stata oggetto, che questa comunità aveva dovuto sopportare nel corso del tempo: questa partecipazione forte del Papa proprio al dolore della gente, e quindi anche la richiesta di perdono per quanta responsabilità potessimo avere avuto – la Chiesa o gli uomini di Chiesa potessero avere avuto – in questa situazione. E nello stesso tempo diventa anche, da una parte, attenzione a questa popolazione, quindi rispetto, ma anche apprezzamento per i valori che essi esprimono – e sono tanti: dal valore della famiglia al valore della solidarietà, dell’ospitalità, alla cura degli anziani e via dicendo – e dall’altra parte, allo sforzo che si sta facendo di inserirli e di integrarli pienamente nella società.
Il Papa presiederà la Messa al Santuario nazionale di Šaštin nel giorno della festa della Madonna dei Sette dolori, Patrona della Slovacchia. Una tappa, questa, a cui il Papa non ha proprio voluto rinunciare …
Certamente, ed ha anche prolungato, in un certo senso, il suo viaggio proprio per poter partecipare a questa festa popolare di grande devozione alla Patrona della Slovacchia. Credo che da una parte questo sia indice della grande considerazione che il Papa ha sempre dato alla religiosità popolare, alla pietà popolare ma soprattutto alla devozione nei confronti della Madonna, che lui ha conosciuto direttamente in America Latina, in Argentina, un po’ in tutti i Paesi di quel Continente, ma che è fortemente radicata anche in Europa. Questo Santuario di Šaštin è un esempio di quanto importante sia la devozione alla Madonna per la vita di fede di un popolo, di una comunità. E nello stesso tempo sottolineo anche il fatto che questo è un pellegrinaggio che avviene dopo l’intervento chirurgico che il Papa ha avuto, quindi in un certo senso anche per ringraziare la Madonna, certamente, della buona riuscita di questo intervento ma anche per affidare a Lei tutti coloro che si trovano in situazioni di fragilità, di vulnerabilità, di sofferenza anche fisica, come l’ha passata lui in questo periodo, tenendo conto soprattutto della situazione, della contingenza della pandemia che ancora, purtroppo, è provoca ancora dolore in molti Paesi.
Eminenza, con quale spirito parte il Papa?
L’ha detto lui stesso, domenica scorsa, al post-Angelus del 5 settembre. Disse: “Desiderio …”, quindi veramente un grande desiderio di incontrare questi fedeli, di incontrare queste Chiese, tenendo conto anche che i viaggi apostolici si sono diradati a causa del Covid, il Papa sente il bisogno, proprio, intensamente di riprendere questa forma di esercizio del suo ministero petrino e questa possibilità di contatto con la gente che caratterizza proprio il suo stile e il suo modo di essere.
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