Il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione
Gabriella Ceraso – Città del Vaticano
Una struttura votata all’annuncio, missionaria nelle sue fibre per volontà dei Papi. Nato con Benedetto XVI e ampliato nelle sue responsabilità da Francesco, il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione in un decennio di vita ha percorso strade diverse per portare in modi nuovi il Vangelo tra i centri e le periferie dell’umanità. La Domenica della Parola di Dio, il Giubileo della Misericordia, la Giornata mondiale dei Poveri sono solo la punta di un “iceberg” apostolico, che si avvale di un gruppo di lavoro snello e di un bilancio di missione che, nel dato ufficiale 2021 della Santa Sede, è parte dei 21 milioni di budget stanziati complessivamente per una trentina di dicasteri e istituzioni vaticane. Il presidente del Pontificio Consiglio, monsignor Rino Fisichella, che lo guida fin dalla sua istituzione, ne spiega il funzionamento e le realizzazioni.
Istituito da Benedetto XVI nel settembre del 2010, il Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione è tra i più giovani dicasteri della Curia romana. Che bilancio si può tracciare del suo primo decennio di vita e quali sono le priorità che lo attendono nell’immediato futuro?
Come annunciato nel motu proprio di fondazione Ubicumque et semper di Benedetto XVI, le priorità del Pontificio Consiglio si concretizzano nel sostenere la riflessione sui temi della nuova evangelizzazione e soprattutto nell’individuare e nel promuovere le forme e gli strumenti per realizzarla. Con l’elezione di Papa Francesco, il Dicastero ha raccolto e fatte sue le ulteriori sfide annunciate dalla sua Esortazione apostolica Evangelii gaudium. Nel corso del suo primo decennio di vita, il Pontificio Consiglio ha ricevuto varie ulteriori competenze che ne hanno specificato l’azione. In particolare, nel 2013 con il motu proprio Fides per doctrinam ha ricevuto la competenza sulla catechesi e nel 2017 con il motu proprio Sanctuarium in ecclesia quella sui santuari.
Allo stesso modo, sono state affidate al Pontificio Consiglio alcune iniziative che sono diventate una consuetudine in tutta la Chiesa universale, come 24 ore per il Signore, la Giornata Mondiale dei Poveri e la Domenica della Parola di Dio. Nel corso di questi 10 anni, infine, a questo Dicastero è stata affidata l’organizzazione dell’Anno della Fede (2012-2013) e del Giubileo Straordinario della Misericordia (2015-2016). Queste competenze, così come gli eventi hanno ulteriormente definito le sfide e le attenzioni della Chiesa sul versante della nuova evangelizzazione, e quindi del Dicastero che di volta in volta cerca di animare anzitutto la comunità cristiana perché prenda coscienza dell’opera dell’evangelizzazione, senza dimenticare comunque il contesto culturale soprattutto dell’Occidente che vive un profondo cambiamento epocale con conseguenze anche per la fede.
Le limitazioni imposte dalla pandemia stanno cambiando anche le modalità di annuncio del messaggio evangelico. In che modo questa situazione di emergenza influisce sull’attività del dicastero? E quale ruolo possono giocare al riguardo i nuovi mezzi di comunicazione e le piattaforme social?
In questo ultimo anno, le iniziative e le attività del Dicastero hanno dovuto confrontarsi con la pandemia in atto. Il Dicastero ha potuto costatare la volontà di rendere ancora più fattivo l’annuncio del Vangelo e abbiamo realmente assistito a tante iniziative di nuova evangelizzazione, compatibilmente con le norme sanitarie. Un grande ruolo lo hanno svolto i social e le varie piattaforme che hanno consentito di realizzare incontri e conferenze on line. Ben consapevoli che l’annuncio del Vangelo non può e non deve prescindere dall’incontro personale, non possiamo non riconoscere come quella digitale sia una delle maggiori sfide odierne della nuova evangelizzazione, di cui questo periodo ha accelerato gli inevitabili sviluppi. Personalmente ho potuto intervenire in molte conferenze on line, organizzate in tutto il mondo, che hanno visto la partecipazione di molte persone (in alcuni incontri oltre mille) e che hanno realizzato moltissime visualizzazioni in seguito, fatto che magari in presenza non sarebbe potuto accadere.
Saper parlare di Dio agli uomini nell’era del digitale è oggi una delle sfide più urgenti per la Chiesa. Che indicazioni ha fornito in proposito il Direttorio per la Catechesi pubblicato lo scorso anno dal dicastero?
Il Direttorio per la Catechesi dedica vari numeri al rapporto con la cultura digitale (359-372). Per comprendere a pieno questa sfida si deve capire, anzitutto, che essa è molto più complessa della mera presenza della Chiesa in internet. Pensare di essere al passo coi tempi solo perché ogni diocesi e parrocchia possiede la propria pagina web, è un’illusione da cui stare lontani. La presenza nel mondo di internet è certamente un fatto positivo, ma la cultura digitale va ben oltre. Essa tocca in radice la questione antropologica decisiva in ogni contesto formativo, quello della verità e della libertà. La domanda che in merito il Direttorio si pone non è come utilizzare le nuove tecnologie per evangelizzare, ma come diventare una presenza evangelizzatrice nel continente digitale. Infatti, la catechesi ha certamente bisogno di conoscere la potenza del mezzo e usarne tutte le potenzialità e le positività, con la consapevolezza, comunque, che non si fa catechesi solo usando gli strumenti digitali, ma offrendo spazi fattivi di esperienze di fede. In questo nuovo contesto quindi, compito della catechesi è quello di favorire l’accompagnamento e l’esperienza di Dio in modo da offrire senso all’esistenza. La trasmissione di fede infatti si fonda su esperienze autentiche che si trasformano in testimonianza per fornire senso alla vita.
Qual è la struttura attuale del Pontificio consiglio e come è articolato il suo servizio? Quali costi comporta e in che misura il bilancio economico corrisponde al “bilancio” della missione affidata al dicastero?
Il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione è presieduto da un Presidente, affiancato da un Segretario. Ci sono poi un Sotto-Segretario e un Capo-Ufficio e gli Officiali ai quali, per lingue e competenze, sono affidati gli ambiti del Dicastero. La sezione della Catechesi poi, ha un Delegato speciale mentre altro personale è addetto alla segreteria tecnica. È ovvio che il bilancio del Dicastero provvede alle necessità più immediate mentre la grande generosità dei benefattori consente di realizzare le varie iniziative che vengono sviluppate, soprattutto quelle che sono orientate alla Settimana per celebrare la Giornata Mondiale dei Poveri.
“L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo” scriveva san Girolamo. Alla luce di questo monito, la celebrazione della Domenica della Parola – istituita due anni fa da Papa Francesco e affidata al Pontificio consiglio – può contribuire a favorire nel popolo di Dio una maggiore familiarità con i testi sacri?
Con il motu proprio Aperuit illis, del 2019, Papa Francesco ha voluto istituire la Domenica della Parola di Dio, da celebrarsi la III Domenica del Tempo Ordinario, proprio perché la comunità cristiana si concentri sul grande valore che la Parola di Dio occupa nella sua esistenza quotidiana. Con questa istituzione, il Papa ha inteso rispondere a tante richieste che sono giunte da parte del popolo di Dio, perché in tutta la Chiesa si potesse celebrare questa Domenica della Parola di Dio con un risvolto che può trovare la sua analogia con la festa del Corpus Domini dedicata all’Eucaristia. La Domenica della Parola di Dio, pertanto, si colloca come una iniziativa pastorale di nuova evangelizzazione, con lo scopo di ravvivare la responsabilità che i credenti hanno nella conoscenza della Sacra Scrittura e nel mantenerla viva attraverso un’opera di permanente trasmissione e comprensione, capace di dare senso alla vita della Chiesa nelle diverse condizioni in cui si viene a trovare. Questa Domenica, quindi, può essere l’occasione per riflettere e cercare di incarnare la Bibbia nella vita quotidiana. Ogni comunità cristiana ha trovato le modalità più adatte per poterlo fare attraverso iniziative a questa dedicate, da una particolare attenzione nella liturgia, alla lectio divina, alle varie iniziative di approfondimento della Sacra Scrittura e tante altre. Da parte del Dicastero inizia ora l’impegno più concreto per sostenere le Conferenze Episcopali in modo che l’innovazione voluta da Papa Francesco circa il ministero del lettorato trovi maggior riscontro e attenzione.
Dalle parole ai fatti: la Giornata mondiale del Poveri invita ogni anno, dal 2017, a spezzare il pane della Parola e della carità soprattutto con quanti sono vittime della “cultura dello scarto”. Quanto strada resta ancora da fare per realizzare quella “Chiesa povera per i poveri” che Papa Francesco auspicò all’indomani della sua elezione?
Papa Francesco nella Lettera Misericordia et misera a conclusione del Giubileo Straordinario della Misericordia affermava: “Ho intuito che, come ulteriore segno concreto di questo Anno Santo straordinario, si debba celebrare in tutta la Chiesa, nella ricorrenza della XXXIII Domenica del Tempo Ordinario, la Giornata mondiale dei poveri. Sarà la più degna preparazione per vivere la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, il quale si è identificato con i piccoli e i poveri e ci giudicherà sulle opere di misericordia”. È una Giornata che aiuta le comunità e ogni battezzato a impegnarsi perché, fino a quando Lazzaro giace alla porta della nostra casa, non potrà esserci giustizia né pace sociale. Questa Giornata costituisce anche una genuina forma di nuova evangelizzazione che rinnova il volto della Chiesa nella sua perenne opera di conversione pastorale per essere testimone di misericordia. Il prossimo novembre sarà la quinta Giornata Mondiale dei Poveri, che sarà celebrata con tante iniziative in tutto il mondo, ma soprattutto con una rinnovata consapevolezza di attenzione a queste persone troppo spesso vittime della “cultura dello scarto” insieme alla comprensione che proprio loro, i poveri, ci evangelizzano. Questa dimensione della reciprocità trova riscontro nel logo che è stato scelto per questa giornata: una porta aperta e sul ciglio due persone. Ambedue tendono la mano; una perché chiede aiuto, l’altra perché intende offrirlo. In effetti, è difficile comprendere chi tra i due sia il vero povero. O meglio, ambedue sono poveri. Chi tende la mano per entrare chiede condivisione; chi tende la mano per aiutare è invitato a uscire per condividere. Sono due mani tese che si incontrano dove ognuna offre qualcosa. Due braccia che esprimono solidarietà e che provocano a non rimanere sulla soglia, ma ad andare incontro all’altro. La strada da percorrere ovviamente è sempre lunga, ma sicuramente la Giornata sta contribuendo a far camminare la Chiesa verso questa direzione.
Sei anni fa, indicendo il Giubileo straordinario con la bolla Misericordiae vultus, il Pontefice istituiva la figura dei “missionari della misericordia”. Che ruolo hanno e quali compiti svolgono attualmente?
Indicendo il Giubileo Straordinario della Misericordia Papa Francesco nella bolla Misericordiae vultus ha istituito i Missionari della Misericordia. Sono Sacerdoti a cui il Papa ha dato l’autorità di perdonare quei peccati che sono riservati al Sommo Pontefice, perché sia resa evidente l’ampiezza del loro mandato. I Missionari sono soprattutto il segno vivo di come il Padre accoglie quanti sono in ricerca del suo perdono. Il mandato dei Missionari della Misericordia è poi stato prolungato anche oltre il Giubileo. Il Papa ha voluto intendere che la loro azione pastorale rende evidente che Dio non pone alcun confine per quanti lo cercano con cuore pentito, perché a tutti va incontro come un Padre, soprattutto nel sacramento della Riconciliazione. Attualmente i Missionari sono circa mille, sacerdoti e religiosi di tutto il mondo che, nei rispettivi contesti, attraverso il ministero della confessione, incontri spirituali e predicazione, promuovono e fanno sperimentare la grande misericordia di Dio. Quasi giornalmente arrivano al Pontificio Consiglio lettere dei Missionari in cui ci fanno partecipi della loro azione e di come tante persone e molti sacerdoti abbiano realmente bisogno di sperimentare il perdono di Dio nella propria vita.
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