Gambetti: nasce la Fondazione vaticana “Fratelli tutti”, laboratorio di futuro
Eugenio Bonanata – Città del Vaticano
Formazione e dialogo, arte sacra ed economia, giovani e startup. È il poliedro della nascente Fondazione vaticana “Fratelli tutti”, annunciata dal cardinale Mauro Gambetti, arciprete della Basilica di San Pietro, vicario generale del Papa la Città del Vaticano e presidente della Fabbrica di San Pietro. Per il porporato sono tre le parole chiave per costruire insieme il futuro: dialogo, incontro e condivisione. Tre cardini che si riflettono nella nascente istituzione, che parte dalla Fabbrica di San Pietro per seguire il percorso tracciato da Papa Francesco in pieno stile sinodale. Dopo il lancio dell’idea - a margine della presentazione in Senato del libro di padre Francesco Occhetta e di Mariella Enoc, aperta dalla lettura di un messaggio in cui Francesco ha auspicato che la cura alle persone unisca "scienza e umanità" - il cardinale Gambetti ha fornito maggiori dettagli nel corso di un’intervista rilasciata ai media vaticani. Si comincerà all’inizio dell’anno prossimo, probabilmente con iniziative nel campo dell’arte sacra. Ma poi si proseguirà con altre attività sul fronte della formazione, coinvolgendo personalità del mondo delle imprese, delle istituzioni e anche della politica. Non solo i dicasteri vaticani, dunque. Lo spazio sarà aperto al mondo, nell’intento di individuare le direzioni di un cammino comune verso il futuro stimolando il confronto sulle principali tematiche che stanno a cuore alle persone di oggi, in sintonia con il magistero di Papa Francesco.
Eminenza, lei ha paragonato la costituente Fondazione Vaticana Fratelli tutti a un “sogno”. Quando è nato questo sogno?
Nasce in Assisi ancora prima che il Papa scrivesse l’enciclica Fratelli tutti. E nasce come un desiderio di entrare sempre di più dentro le problematiche e le tematiche di attualità, quelle che la gente vive sulla propria pelle. Il desiderio è di entrarvi con uno spirito di dialogo, di incontro, di condivisione per cercare di costruire insieme il futuro. In fin dei conti, è di questo che si tratta: costruire un futuro fondato su un confronto che consenta di interpretare oggi in modo creativo e innovativo quegli ideali e quei valori che l’uomo si porta dentro, ma che probabilmente, se non trova le condizioni per tirarli fuori, rimangono sepolti. È così che tutti quanti in certi momenti corriamo il rischio di essere sovrastanti, direi spazzati via, dalle onde in ambito economico, climatico, politico, sociale. Se non c'è una crescita una coscienza civica, di un umanesimo fraterno, credo che siamo destinati al degrado. Degrado che è sempre più dannoso per le persone: se ciascuno vive il suo mondo, se si pensa solo a se stessi, se ci parcellizziamo sempre di più, e se sempre di più abbiamo interessi personali, il mondo così diventa invivibile.
Quindi questo sogno parte da lontano. E poi cosa è successo?
Dopo che il Papa ha scritto la Fratelli tutti - che secondo me è la visione verso la quale dobbiamo tendere globalmente - questo desiderio è passato dal sogno, alla visione, all’ideale. E adesso vorremmo arrivare alla concretezza dando il via a delle attività. Quindi costituiremo questa Fondazione e poi cominceremo.
Lei ha accennato che la Fondazione coinvolgerà anche altri Dicasteri vaticani. Ma come funzionerà in pratica?
La Fondazione compone diversi soggetti, anche vaticani, che già si occupano di temi legati a questi grandi ambiti che toccano alla vita dell'uomo. Nasce dunque in Vaticano, ma si apre verso il mondo. L’intenzione è di coinvolgere anche altri soggetti, appartenenti società civile, al mondo imprese, delle istituzioni per progettare insieme alcuni dei percorsi che vorremmo mettere in campo. Soprattutto i progetti educativi si rivolgono a tutte le fasce della popolazione: dai giovani - e quindi il mondo che verrà, ma che è già il presente - fino a coloro che adesso hanno ruoli di responsabilità in vari settori compresa la politica. Tutto questo perché pensiamo che soltanto mettendosi insieme e guardando la stessa tematica e la stessa problematica da angolature diverse possa fiorire ed emergere una possibile soluzione, una direzione nella quale camminare con una visione comune e non semplicemente trasportati da una corrente che magari ci porta lontano dall'uomo e dalla dall'amore fraterno.
Immergersi per far riemergere: è un po’ questo il punto?
Sì, una bella sintesi, direi. È così: immergersi dentro la realtà, in cui ciascuno è con la propria identità e con il proprio pensiero - ma farlo con spirito costruttivo affinché possa venir fuori qualcosa che poi è seminato dentro. Ad esempio, si parla sempre dei giovani: loro sono dei veri e propri custodi di novità e di potenzialità, che probabilmente hanno solo bisogno di metterle insieme a quelle delle generazioni precedenti e di altri che guardano il mondo diversamente. Ecco: metterle insieme perché possano fiorire questi semi di speranza e di forza.
Quale potrebbe essere il primo frutto di questa Fondazione?
Noi abbiamo già in mente, probabilmente all’inizio del prossimo anno, alcune iniziative legate al binomio arte e spiritualità che sono le prime e anche le più semplici da attivare. Ma poi pensiamo anche a qualcosa sulla formazione, ed è probabile che inizieremo dai giovani, sebbene ancora non sia deciso perché dobbiamo studiarlo bene. Comunque l’idea è di qualche settimana di incontro di tipo residenziale per consentire alle persone di ritrovarsi, di condividere, di ragionare su alcune tematiche e poi cercare appunto di fare emergere una novità o una modalità nuova. Ad esempio, se pensiamo ai giovani, potrebbe essere una startup in qualche segmento dell'economia, della mobilità, dei temi legati al clima e all'ambiente. Oppure se ci rivolgiamo al mondo dell’impresa, mettendo insieme persone che hanno ruoli di managerialità, o comunque di rilievo, si potrebbe guardare al tema dei nuovi modelli si sviluppo.
Si guarda anche alla politica?
Si potrebbe pensare anche a modalità nuove di fare politica, che forse è un po’ stanca o soffocata dai problemi che ci sono, problemi evidentemente reali e che bisogna affrontare. Però assieme a questa fatica occorre anche guardare oltre, al dopo. Se non ci aiutiamo vicendevolmente a immaginare il futuro, o una società nella quale desideriamo vivere, non soltanto vedere che gli altri la vivano, forse anche politica in particolare perde un po’ della sua vocazione.
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