Vaticano, le fedi unite per il pianeta: cambiare rotta per avere futuro
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
La penna per firmare l’appello sul quale hanno lavorato dall’inizio dell’anno, il silenzio per pregare insieme, ognuno secondo il proprio credo, tenendo nel cuore soprattutto i più poveri, primi danneggiati dai cambiamenti climatici, la voce per ribadire l’impegno per salvare la Terra, nostra casa comune, e infine la mano per versare un bicchiere di terra nel vaso di un giovane ulivo che sarà piantato nei Giardini Vaticani.
La firma dell'appello, consegnato al presidente della Cop26
Si può racchiudere in questi quattro gesti e momenti lo storico evento che ha luogo nel mattino del 4 ottobre, festa di san Francesco d’’Assisi, nell’Aula della benedizione in Vaticano, dal titolo “Fede e scienza: verso la Cop26”, promosso dalle Ambasciate del Regno Unito e dell’Italia presso la Santa Sede, insieme alla Santa Sede stessa. Protagonisti 22 dei quaranta leader religiosi che hanno preparato e poi aderito all’appello firmato e consegnato oggi al presidente della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Glasgow, nel Regno Unito, dal 31 ottobre al 12 novembre. Ma anche due giovani partecipanti all’evento “Youth4Climate” di Milano, che hanno preparato proposte per la Cop26, gli scienziati presidenti delle Pontificie accademie delle scienze e delle scienze sociali.
La preghiera silenziosa, "con i poveri nel cuore"
L’incontro, presentato dal direttore della Sala Stampa vaticana Matteo Bruni, si apre con la lettura di un riassunto dell’appello, mentre i leader presenti e i rappresentanti di quelli che non hanno potuto partecipare (ma hanno mandato videomessaggi tramessi alla fine della mattinata) lo firmano. Dopo l’ultima firma, quella di Papa Francesco, Bruni invita al momento di preghiera silenziosa “portando nel cuore soprattutto i più poveri e marginalizzati, quelli che per primi e in modo più forte subiscono i danni causati dai cambiamenti climatici”.
Parolin: "Favoriamo il cambiamento di rotta dell'umanità"
A salutare tutti i partecipanti è il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, che sottolinea che come uomini “siamo interpellati da numerose sollecitazioni sul modo in cui stiamo interagendo all’interno della nostra Casa comune in rapporto col creato e con il prossimo. Non solo con le generazioni presenti, ma anche le future, rappresentate dai giovani” come quelli presenti in sala dopo Youth4Climate. Il segretario di Stato sottolinea che “la scienza ha denunciato la pericolosità della traiettoria del percorso che l’umanità sta intraprendendo” e che non si contano ormai più gli appelli “che chiedono un urgente cambiamento di rotta di fronte a questi fallimenti che testimoniano una perdita di valori”. Noi leader religiosi, conclude Parolin, “araldi della coscienza morale dell’umanità, abbiamo il compito di favorire questo cambiamento di rotta e far rifiorire i tanti deserti che si incontrano sul cammino dell’umanità”.
Federica: "Le priorità dei giovani: emissioni zero in 9 anni"
A portare la prospettiva dei giovani e le loro aspettative per il futuro è Federica Gasbarro, della Cop dei giovani, che parla di quattro priorità individuate dai due giovani delegati per ogni Paese membro della Conferenza. Innanzitutto il sostegno economico ai Paesi vulnerabili, “perché da soli non possono far fronte alle catastrofi del riscaldamento globale e non possono avviare la transizione energetica perché l’energia non ce l’hanno”. Poi l’impegno ad arrivare ad emissioni zero entro il 2030, la formazione scolastica sull’ambiente e il climate change, e infine la necessità di “dare altre occasioni ai giovani, dopo quella di Youth4Climate, per poter partecipare attivamente al processo decisionale”.
Sharma (Cop26): "Una forte chiamata all'azione per il mondo"
Dopo il breve intervento del Papa, che invita a leggere il suo discorso, per lasciare spazio a tutte le testimonianze, il presidente della Cop26, il parlamentare britannico di origini indiane Alok Sharma, nel ricevere l’appello da Francesco, sottolinea che “si tratta di una chiamata all’azione molto forte per tutto il mondo, vi ringrazio per la sua forza”. Accanto a lui il ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio sottolinea che “il contributo dei leader religiosi è cruciale”, come “è essenziale la partecipazione dei giovani, quando parliamo del nostro e loro futuro”. Di Maio parla dell’importanza della “diplomazia climatica” nell’assicurare la pace, perché il riscaldamento globale è un moltiplicatore di rischio, ponendo l’attenzione sul Sahel, “la regione che si riscalda 20 volte di più”. E ricorda che anche dal vertice dei capi di Stato e di governo del G20 che l’Italia presiederà a Roma il 30-31 ottobre può arrivare un contributo importante alla Cop26.
Al-Tayyeb: "La nostra influenza spirituale su chi decide"
Il primo del leader religiosi che prende la parola, per un breve intervento, è il grand imam dell’università Al-Azhar de Il Cairo, Al-Tayyeb, che con il Papa ha firmato il Documento sulla Fratellanza umana di Abu Dhabi. Saluta Francesco chiamandolo “fratello” e riassume in tre punti l’approccio dell’Islam sull’ambiente. La religione di Maometto attribuisce una coscienza anche agli animali e le piante “elementi vivi che glorificano Dio nel loro linguaggio, a noi uomini non comprensibile”. La storia della Creazione nel Corano “ribadisce che al primo uomo Dio ha assegnato la Terra come suo servitore, e lo ha messo in guardia nel corromperla”. Infine “Dio ha incaricato i profeti di ricordare agli umani di non corrompere la Terra”. E’ chiaro quindi, conclude il grand imam, massima autorità dell’Islam sunnita, “che Dio ha affidato la Terra all’uomo e gli ha chiesto di relazionarsi con animali e piante da amico ad amico”. Ai giovani musulmani Al-Tayyeb chiede “di denunciare qualsiasi attività che corrompe l’ambiente”, ed esorta i fratelli religiosi “ad assumersi la loro responsabilità in questa crisi, esercitando la loro influenza spirituale su decisori politici, i costruttori e responsabili di imprese, per renderli coscienti dei rischi della corruzione dell’ambiente”.
Bartolomeo: "Il risultato di un dialogo, che deve continuare"
Lo segue al microfono il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo, che sottolinea come quello dei leader religiosi firmatari dell’appello “è un gesto simbolico di grande forza, perché è il risultato di un dialogo e l’appello a continuarlo”. Un dialogo innanzitutto tra tutte le religioni del mondo e i credenti per preservare il creato donato da Dio, perché “le generazioni future meritano di ereditare un modo migliore e più pulito”. Un dialogo poi tra fede e scienza, che è stato rafforzato in questi mesi, e infine “il dialogo tra le creature e il nostro creatore, in modo che, come noi cristiani preghiamo nel Padre Nostro, la volontà di Dio sia fatta in cielo come in terra”. Abbiamo bisogno di questo dialogo, conclude il patriarca ecumenico “per respirare in semplicità e amarci l’un l’altro in semplicità”.
Il rabbino Marans: "Uniti nella preoccupazione per la Terra che Dio ci ha dato"
Quindi in rabbino Noam Marans, dell’International Jewish Commitee for Interreligious Consultations, ribadisce come tutti i leader fimatari siano “uniti nella preoccupazione per la Terra affidataci da Dio, come è scritto nella Torah, per lavorarla e proteggerla”. E se nel Talmud è scritto che “salvare una vita è come salvare il mondo intero, se riusciamo a salvare il mondo salveremo molte vite create ad immagine di Dio”. Chiediamo ai leader politici, conclude il rabbino, “di agire e fare ciò che devono per preservare la nostra casa comune”.
Welby: "Il nostro pellegrinaggio verso un'economia pulita"
L’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, primate della Chiesa anglicana, chiarisce come sia indispensabile “un pellegrinaggio verso un’economia pulita che riduca le emissioni di carbonio e aumenti l’utilizzo delle fonti rinnovabili”. Un’ economia verde globale, per Welby, da sostenere anche con una nuova tassazione che penalizzi chi non la segue. Fondamentale poi “un vero partenariato con il Sud del mondo, non solo per prevenire i danni del riscaldamento globale”, ma per dare a questi Paesi la possibilità di collaborare con l’Occidente più sviluppato “come motore di cambiamento”. Infine il primate anglicano sottolinea che in questo ultimo secolo “Abbiamo dichiarato guerra alla creazione e questa guerra colpisce prima di tutto i più poveri tra noi. Al mondo è rimasto poco tempo per fare ciò che è giusto”.
Il buddista Mineghisi: "Con nostre azioni concrete, il mondo può cambiare"
Tra i ventidue brevi interventi sottolineiamo anche quello del direttore dell’ufficio europeo del “Soto Zen Buddhist”, Shoten Mineghisi, che sottolinea, come buddista, di essere “profondamente consapevole del fatto che ogni cosa è collegata: se adottiamo azioni concrete nel nostro quotidiano, tutto il mondo può cambiare”. E pone l’accento sull’importanza “di una vita semplice, che segua la tradizione e si affidi il più possibile al riciclo”. La vera ricchezza della vita, conclude, “non è quella materiale, ma è spirituale, per arrivare ad una prospettiva di vita in armonia con tutti gli esseri viventi”. Dopo di lui Il metropolita Hilarion, rappresentante del patriarca di Mosca Kirill, spiega che la Chiesa ortodossa russa “promuove un senso di responsabilità condivisa nei confronti della creazione di Dio“. Possa questo appello, è il suo auspicio, “diventare un nuovo inizio per le nostre comunità e il mondo intero: serve una conversione del cuore. La distruzione ecologica è stata causata dal desiderio di un iniquo arricchimento di alcuni a danno di altri”.
L'ayatollah Damad: "Chi crede in Dio non può corrompere la natura"
La voce dell’Islam sciita è quella dell’ayatollah Damad, capo del Dipartimento di Studi Islamici all’Accademia delle Scienze di Teheran, per il quale “la catastrofe ecologica è una crisi morale e intellettuale e i leader religiosi possono svolgere un ruolo fondamentale per affrontarla”. Nel mondo non c’è solo chi vede la natura solo come una cosa da sfruttare a beneficio dell’uomo, ma anche chi la considera divina, ed espressione di un’unica esistenza che manifesta il Creatore. “Per questi – ricorda l’ayatollah - la natura merita enorme rispetto. Nel Corano la natura parla ad Allah come fanno gli esseri umani, e glorifica ed esalta Dio. I credenti allora non possono corrompere la natura”. Dio stesso, all’inizio dei tempi, conclude il religioso iraniano, ha chiesto all’uomo due cose, di non farsi del male e di proteggere la natura. “Oggi l’umanità ha rotto questo patto. E la missione di tutti i credenti del mondo è riunirsi per rispondere a questo obbligo divino”.
Il "vescovo degli alberi" in Tanzania: stop alle emissioni di gas serra
Infine il vescovo Frederick Shoo, presidente della Chiesa Luterana in Tanzania, che la gente chiama “vescovo degli alberi”, racconta come per oltre 20 anni ha piantato alberi sulle pendici del Kilimangiaro, ed ora "ho invitato la mia comunità in Tanzania a fare altrettanto. Oggi lo fa ogni ragazzo che si prepara alla cresima. Il cambiamento climatico è una minaccia per tutti noi. Abbiamo l’obbligo morale di fare tutto ciò che possiamo per mettere fine alle emissioni dei gas responsabili dell’effetto serra”.
Gallagher: "Ora un'azione rapida, responsabile e condivisa"
La chiusura della mattinata di lavori è affidata all’arcivescovo Paul Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, che ribadisce come l’appello appena firmato “evidenzi chiaramente la necessità di cambiamento, trasformazione e conversione, una sfida che richiede una collaborazione ampia e coesa”. E ne riprende le parole conclusive: “Chiediamo alla comunità internazionale, riunita al Cop26, di intraprendere un'azione rapida, responsabile e condivisa per salvaguardare, restaurare e guarire la nostra umanità ferita e la casa affidata alla nostra custodia. Facciamo appello a tutti affinché si uniscano a noi in questo viaggio comune”. Nel pomeriggio l’evento prosegue con una sessione a porte chiuse a palazzo Borromeo, sede dell'Ambasciata d'Italia presso la Santa Sede.
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