Preseminario San Pio X, assolti don Martinelli e don Radice
Alessandro Di Bussolo - Città del Vaticano
Il Tribunale vaticano ha assolto oggi per insufficienza di prove don Gabriele Martinelli, 29 anni, ex allievo del Preseminario san Pio X, dall’accusa di violenza carnale e atti di libidine ai danni di un compagno di sette mesi più giovane, quando erano entrambi minorenni. Assolto anche l’ex rettore del Preseminario, che si trovava in Vaticano fino a settembre 2021, don Enrico Radice, 71 anni, accusato di favoreggiamento. Entrambi i sacerdoti sono incardinati nella Diocesi di Como, che gestisce l’istituto attraverso l’Opera don Folci. Altri reati sono stati dichiarati non punibili e per altri è intervenuta la prescrizione.
La sentenza dopo quasi un anno di processo
È questa la parte principale della sentenza pronunciata alle 12.45, nella Sala polifunzionale nel complesso dei Musei Vaticani, dal presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone, per il processo per i presunti abusi che sarebbero stati compiuti, secondo l’accusa, nel Preseminario San Pio X tra il 2007 e il 2012, dal Martinelli, allievo minorenne fino all’agosto 2010, ai danni di L.G., compagno di 7 mesi più giovane.
Per don Martinelli assoluzione, non punibilità e prescrizione
Nello specifico, il Tribunale ha ritenuto don Martinelli non punibile per i fatti che gli sono contestati fino al 9 agosto 2008, in quanto minore di 16 anni. Lo ha assolto dai reati contestati per il periodo successivo per insufficienza di prove e ha dichiarato estinta l’azione penale per prescrizione riguardo al delitto di corruzione di minore, per il periodo tra il 9 agosto 2008 e il 19 marzo 2009.
La posizione dell’ex rettore don Radice
Per don Radice è scattata la prescrizione per il reato di favoreggiamento nel caso della lettera inviata all’allora vescovo di Como monsignor Coletti, nella quale gli chiedeva di archiviare la pratica perché le accuse erano prive di fondamento. L’ex rettore è stato prosciolto anche dall’accusa di aver scritto una seconda lettera ad apparente firma del Vescovo di Como perché il fatto non sussiste. Infine, dichiarato non punibile per le dichiarazioni rese al Promotore di Giustizia il 6 settembre 2018.
Diocesi di Como: vicini a chi è stato ferito da questa vicenda
In serata, in un comunicato, la Diocesi di Como, dall’ottobre del 2016 guidata dal vescovo Oscar Cantoni, “accogliendo con rispetto la decisione dei magistrati”, esprime “paterna vicinanza e piena solidarietà a tutte le persone e le comunità ecclesiali ferite in vario modo da questa dolorosa vicenda”. Nel comunicato si ricorda che è stato “un procedimento complesso”, nel quale la Diocesi lombarda “ha offerto fin dall’inizio la più ampia collaborazione, mettendo a disposizione del Promotore di Giustizia vaticano il fascicolo relativo all’indagine previa espletata dal delegato vescovile”. Confidando che “la chiusura del processo e il ristabilimento della giustizia potranno offrire un’autentica occasione di rinnovamento comunitario”, la Diocesi ringrazia quanti “hanno contribuito all’accertamento dei fatti” e invita tutti i fedeli “a pregare affinché il Signore possa donare a ognuno di noi la forza interiore per affrontare con trasparenza ed equità questa non facile vicissitudine”.
Il comunicato del Tribunale dopo la sentenza
Nel comunicato diffuso dopo la sentenza, i giudici vaticani sottolineano che l’accusa era “basata principalmente sulle dichiarazioni della persona offesa”, L.G., che anche in dibattimento ha confermato le accuse di aver subito più volte abusi sessuali, tra il 2006 e il 2012. La documentazione acquisita nel dibattimento, scrivono ancora i giudici, ha permesso una “valutazione più completa” sui rapporti intercorsi tra don Martinelli e la presunta vittima, “al loro evolversi nel tempo e all’attendibilità delle dichiarazioni” rese dalle parti.
Manca la prova che la presunta vittima sia stata costretta
Il Tribunale ha stabilito che siano “accertati” e veritieri “i rapporti sessuali, di varia natura ed intensità”, tra l’imputato e la persona offesa, che si sarebbero protratti per più di 5 anni. Ma manca la prova “per affermare che la vittima sia stata costretta a tali rapporti dall’imputato, con la contestata violenza o minaccia”. I giudici aggiungono anche che “l’impossibilità di ritenere la costrizione della vittima provata al di là di ogni ragionevole dubbio, deriva da alcune significative contraddizioni ed illogicità presenti nelle dichiarazioni rese in diverse occasioni dalla vittima”. Dubbi emergono anche per il contenuto dei messaggi telefonici scambiati con Martinelli e dal fatto che “molti dei testimoni presenti nelle stesse stanze in cui, di volta in volta, avrebbero avuto luogo i rapporti sessuali hanno ripetutamente affermato di non avere mai visto o sentito nulla”.
Prescritto il reato di corruzione di minorenne
Per i fatti relativi al periodo tra il 9 agosto 2008 e il 19 marzo 2009 (quando Martinelli aveva compiuto 16 anni, ma L.G. ancora no), che anche se “provati” non è certo siano stati compiuti con costrizione della vittima, il Tribunale riconosce che si configura il reato di corruzione di minorenni. Reato però dichiarato estinto per prescrizione “maturata già nel 2014, cioè molti anni prima della presentazione della querela (18 aprile 2018) e quindi dell’inizio delle indagini”.
La prescrizione e la non punibilità per don Radice
Sull’accusa di favoreggiamento per don Radice, i giudici analizzano le tre condotte oggetti d’indagine. Per la lettera inviata il 3 ottobre 2013 al vescovo di Como monsignor Coletti, con la richiesta di archiviare l’indagine in sede canonica, il Collegio giudicante ha rilevato che effettivamente verifiche ed accertamenti furono svolti dal rettore e dal vescovo “in modo assolutamente superficiale”, per arrivare “ad una rapida archiviazione”. Ma mentre Coletti, gravemente malato, non è stato possibile neppure “sentirlo in udienza”, per don Radice è stata dichiarata “l’estinzione del reato per prescrizione”.
La lettera che forse il vescovo non avrebbe firmato
Riguardo poi all’imputazione di favoreggiamento per la “creazione di una lettera con cui si comunicava l’imminente ordinazione sacerdotale di Martinelli” sulla quale Radice avrebbe apposto la falsa firma del vescovo Coletti, l’imputato è stato assolto “perché il fatto non sussiste”. La lettera, infatti, non avrebbe costituito “alcun aiuto ad eludere le indagini”. Infine, per le dichiarazioni rese nel settembre 2018 al promotore di giustizia, ritenute dall’accusa “non rispondenti al vero e funzionali ad ostacolare le investigazioni nei confronti di Martinelli”, Radice è stato dichiarato non punibile, perché “deponendo il vero, avrebbe esposto se stesso al rischio di incriminazione” per il comportamento tenuto. Ma anche nello Stato della Città del Vaticano vige “il rispetto del privilegio contro l’autoincriminazione”, principio “universalmente riconosciuto dagli ordinamenti giuridici moderni”.
Le richieste dell’accusa: 6 anni a Martinelli, 4 a Radice
Il rappresentante della pubblica accusa, il promotore di giustizia Roberto Zannotti, aveva chiesto la condanna a sei anni di reclusione per don Martinelli, per il reato di violenza carnale aggravata e atti di libidine aggravati, e quattro anni per don Radice, per favoreggiamento. Gli avvocati dei due imputati e dell’Opera don Folci, istituto della Diocesi di Como al quale è affidata la gestione del Preseminario, citata in giudizio per responsabilità civile dalla vittima, nelle arringhe finali avevano confutato ogni accusa.
Per le difese, nessuna prova credibile di reato
Per le difese non sono emerse nel processo, durato quasi un anno e tredici udienze, prove credibili di reato. Per cui l’avvocato di Martinelli, Rita Claudia Baffioni, aveva chiesto il proscioglimento per improcedibilità, quello di Radice, Agnese Camilli Carissimi, l’assoluzione con formula piena, come la legale dell’Opera don Folci, Emanuela Bellardini.
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