Processo in Vaticano, la difesa parla di prove “mutilate”. L’accusa: tutto corretto
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
Non è ancora entrato nel vivo – e probabilmente ci vorrà ancora del tempo – il processo in Vaticano sui presunti illeciti compiuti con i fondi della Santa Sede, che, dopo la parziale restituzione degli atti all'Ufficio del promotore di Giustizia, vede solo sei imputati residui sui dieci iniziali: il cardinale Giovanni Angelo Becciu, gli ex direttore e presidente dell'Aif, Tommaso Di Ruzza e René Brüllhart, i finanzieri Enrico Crasso, Gianluigi Torzi, e la manager Cecilia Marogna (stralciate le posizioni anche delle quattro società).
“Ci vuole tempo per cominciare, se mai riusciremo a cominciare”, ha detto il presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe Pignatone, aprendo la quarta seduta nella sala polifunzionale dei Musei Vaticani. Udienza – durata 2 ore e 40 minuti, con un’ora di pausa in mezzo - interamente dedicata alla questione dei tagli e omissis da parte dei Promotori di Giustizia sul materiale depositato lo scorso 3 novembre.
Rinvio al 1° dicembre
Schermaglie procedurali, quindi, con gli avvocati della difesa, da una parte, che ancora una volta hanno eccepito la nullità della citazione a giudizio a causa di una “mutilazione” delle prove e un metodo di indagine “inammissibile”, che impedisce di esercitare a pieno il diritto di difesa, e, dall’altra, i promotori di Giustizia che hanno affermato che i tagli sul materiale depositato sono relativi a nuovi filoni di inchiesta ancora in corso che hanno posto la questione del segreto investigativo. Sentiti entrambi, Pignatone non si è pronunciato e ha rinviato tutto ad una prossima udienza, il 1° dicembre, alle 9.30.
Una nuova giudice supplente
A inizio dibattimento – presente tra gli imputati solo il cardinale Becciu – il presidente Pignatone ha dato notizia della nomina di un giudice supplente, Lucia Bozzi. Una scelta data dal numero di imputazioni, imputati e testimoni coinvolti in questo processo che, ha affermato Pignatone, “non avrà tempi brevi”.
Enorme mole di materiale
L’intera seduta si è concentrata sul materiale che l’Ufficio del Promotore di Giustizia ha depositato lo scorso 3 novembre, dopo ordinanza del Tribunale del 29 luglio, reiterata il 6 ottobre. Si parla di oltre 115 ore di conversazioni registrate, racchiuse in 53 dvd: un dvd con le intercettazioni telefoniche, gli altri 52 con i file audio e video dei cinque interrogatori a monsignor Alberto Perlasca, all’epoca dei fatti capo ufficio amministrativo della prima sezione della Segreteria di Stato, considerato ora il "testimone chiave". Gli avvocati difensori hanno lamentato anzitutto le “evidenti inadeguatezze del tempo a disposizione per esaminare una enorme mole di materiale”. Poi hanno criticato fortemente il fatto che ampi stralci delle dichiarazioni, tra cui quelle di Perlasca (si parla, ad esempio, di tagli anche di 60 minuti), in ragione di “esigenze investigative” sono state sottoposte a omissis dal promotore di Giustizia.
Richiesta di nullità
Fabio Viglione, avvocato del cardinale Becciu, ha parlato di una “natura falcidiata, mutilata” delle prove, sia quelle audio video, che le cosiddette copie forensi dei dispositivi informatici sequestrati. Non c’è la volontà di sollevare polemiche con i magistrati vaticani, ha chiarito, bensì di poter avere il materiale completo a disposizione per “poterci difendere”: “Vogliamo integrità e integralità che sono punti di riferimento irrinunciabili”. Secondo l’avvocato, “questo sistema è inammissibile”, ciò che si eccepisce è dunque una “irrimediabile nullità a cui non si può porre rimedio”.
Da parte di Viglione anche la richiesta di un’ulteriore verifica della veste processuale di Perlasca, dal momento che dall’Ufficio del Promotore è stato chiarito che per il monsignore comasco “si è proceduto separatamente”, senza però altri dettagli come date, eventuali imputazioni o provvedimenti di archiviazione, utili da sapere “per necessità e non per curiosità”.
Interrogatorio a Perlasca
Le stesse istanze sono state raccolte e rilanciate dall’avvocato Luigi Panella, difensore di Enrico Crasso, il quale ha affermato che gli omissis dei materiali depositati determinano una “nullità assoluta e insanabile” e che “dall’esame di oltre cento ore emerge un profilo di incompletezza dei verbali cartacei, redatti in forma sintetica che non danno conto di quanto detto”.
Prendendo in mano il computer, il legale ha poi cercato di far sentire al microfono lo spezzone del video interrogatorio a Perlasca del 29 aprile 2020, in cui, mentre si parlava della presunta estorsione di 15 milioni di euro alla Santa Sede contestata a Torzi, Crasso, monsignor Mauro Carlino, Fabrizio Tirabassi sull’acquisto dell’immobile di Sloane Avenue, a un certo punto il promotore di Gustizia interrompe il teste dicendo: “Monsignore, questo non c’entra niente! Noi prima di fare quello che stiamo facendo siamo andati dal Santo Padre e gli abbiamo chiesto ciò che è accaduto”.
“Hanno sentito come testimone il Santo Padre”, è stata la deduzione di Panella, “agli atti però non vi è alcuna dichiarazione del Santo Padre”. Dichiarazioni che peraltro sarebbero state contestate a un religioso vincolato da “obbedienza e subordinazione”. Dal video infatti, ha insistito l’avvocato, sarebbe ben visibile lo “sconcerto supremo” di Perlasca, così “sconvolto” da presentarsi poi spontaneamente il 31 agosto 2020 ai magistrati senza difensore. “Vi è un intervento diretto del Papa nelle vicende processuali, sentito come persona informata dei fatti. È come un rescriptum implicito, è inaudito”, ha concluso Panella, che ha spiegato anche di aver commissionato una consulenza tecnica del materiale censurato (circa 28 pagine), dalla quale sono emerse diverse criticità, in particolare la consistente mancanza di minutaggi di registrazione.
La replica del promotore di Giustizia
Dopo una sospensione di un’ora esatta, è intervenuto in replica il promotore di Giustizia, Alessandro Diddi, che ha esordito definendo “pretestuose” le questioni sollevate dalla difesa. Subito poi, in merito al presunto coinvolgimento di Papa Francesco, ha affermato: “Sia ben chiaro questo ufficio non ha mai sentito il Santo Padre, e mai ha contestato le dichiarazioni del Santo Padre a monsignor Perlasca”. “C’è stato un momento in cui Perlasca raccontava cose che lo portavano a sbattere contro un muro, l’Ufficio del Promotore si è limitato allora a dire: ‘Guardi che sta andando contro un muro, perché avevamo consapevolezza di quello che il Santo Padre – lo dico con emozione – ha testimoniato in tempi non sospetti in merito a questa vicenda”. Il riferimento è alla risposta che Francesco ha reso ai giornalisti nella conferenza stampa in aereo dalla Thaliandia al Giappone nel novembre 2019, in cui “ha detto come è avvenuto l’inizio del procedimento e perché questo ufficio ha avuto una interlocuzione con il Santo Padre”.
Nuovi elementi di indagine
Confutando poi le richieste difensive di nullità, il rappresentante dell’accusa ha anche giustificato gli “omissis” audio-video col “segreto investigativo”. Scelta “insindacabile”, essendo sopraggiunti in corso d’opera altri elementi paralleli all’inchiesta della compravendita del Palazzo londinese. “Inoltre a gran parte delle cose sottoposte a omissis erano presenti i difensori”. Quanto alle oltre 115 ore di videoregistrazioni depositate, esse, ha spiegato Diddi, “sono fedeli trasposizioni di quanto verbalizzato”. In ogni caso, “non credo che il tema del processo sia come noi abbiamo fatto le video registrazioni. Qualcuno sia più chiaro su quello che vuole da questo processo: se c’è chi pensa che l’Ufficio del Promotore ha prodotto dei falsi, denunciateci per falso ideologico. Queste insinuazioni sono una caduta di stile”.
Questioni complesse
A conclusione dell’udienza, Pignatone ha annunciato che il Tribunale vaticano vuole riservarsi di “provvedere alle questioni complesse sollevate”. Tuttavia, ha aggiunto en passant, “non cominceremo l’esame delle questioni di questo processo finché la difesa non avrà conoscenza completa degli atti”.
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