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Migranti haitiani in fila per ricevere cibo alla frontiera tra Messico e Stati Uniti Migranti haitiani in fila per ricevere cibo alla frontiera tra Messico e Stati Uniti 

Mobilità umana e sicurezza

Pubblichiamo il bollettino mensile della sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale. Il numero 10 è incentrato sulla questione della sicurezza dei migranti e dei rifugiati alle frontiere e sulle normative in vigore per la libertà di movimento delle persone vulnerabili

Il più grande flusso migratorio nella storia umana è venuto a coincidere con lo scoppio della crisi pandemica e con molte altre sfide globali, quali il degrado ambientale, la povertà, le carestie e i conflitti armati. A causa della chiusura dei confini, il COVID-19 ha inciso gravemente sulla mobilità umana. Questa immobilità forzata ha esposto le persone in movimento a situazioni di rischio intollerabili. 

Migranti e rifugiati devono spesso attraversare diversi paesi, tra cui alcuni confini militarizzati, con il rischio che sia negato loro l’accesso. Essi vedono spesso i propri diritti violati; subiscono violenze, separazioni familiari e finiscono vittime dei trafficanti. In aggiunta, il perseguimento penale e la detenzione per violazione delle leggi sull’immigrazione scoraggiano i migranti dal chiedere protezione.

Gli stati tendono spesso a confondere la sicurezza nazionale con la difesa del territorio e la sicurezza interna. Tuttavia, la sicurezza nazionale non si limita al controllo delle frontiere ed è impossibile da garantire senza la sicurezza umana. Quest’ultima necessita che siano salvaguardati i diritti di tutti gli individui presenti in un determinato territorio, a prescindere dal loro status giuridico.

La Sezione Migranti e Rifugiati si augura di assistere all’adozione di sempre maggiori normative basate sulla libertà di transito e sul rispetto delle protezioni internazionali per le persone vulnerabili in movimento. In linea con tale pensiero, questo bollettino intende riflettere sulla posizione del Vaticano sulla questione della sicurezza dei migranti e dei rifugiati alle frontiere internazionali e presentare le iniziative di alcuni attori cattolici volte a facilitare il loro passaggio sicuro e il loro accesso legale ai territori.

Accogliere i nostri fratelli


In occasione del suo messaggio per la 104ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, Papa Francesco ha riconosciuto nella sicurezza dei migranti un valore primario, diffondendo il suo messaggio attraverso i quattro verbi “accogliere, proteggere, promuovere e integrare”. Accogliere significa “offrire a migranti e rifugiati possibilità più ampie di ingresso sicuro e legale nei paesi di destinazione”. Gli strumenti che il Santo Padre identifica per ottenere tale risultato sono: visti umanitari, ricongiungimenti familiari, programmi comunitari di sponsorship e corridoi umanitari per i rifugiati più vulnerabili. Il Santo Padre ha, poi, aggiunto che il personale preposto ai controlli di frontiera dovrebbe essere adeguatamente formato, nell’ottica di “anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale”. In tale occasione, il Papa ha anche fatto appello a “soluzioni alternative alla detenzione per coloro che entrano nel territorio nazionale senza essere autorizzati”, sottolineando che “le espulsioni collettive e arbitrarie di migranti e rifugiati non sono un’idonea soluzione”.

In un discorso sulla protezione internazionale (EN), indirizzato all’81ª riunione del comitato permanente dell’UNHCR a luglio 2021, la Missione Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra ha ribadito la necessità di politiche di reinsediamento più generose, insieme a un “maggiore impegno nella condivisione delle responsabilità”, al fine di assistere gli stati che ospitano la maggioranza dei rifugiati. Nell’intervento viene, altresì, rimarcato che per i rifugiati la pandemia si è trasformata in “una crisi di protezione e un’ulteriore causa di ritardo nel raggiungimento di soluzioni durature”. A tal riguardo, pur riconoscendo il dovere dei singoli stati di proteggere la propria popolazione durante le emergenze di sanità pubblica e rispettando il loro diritto esclusivo di gestire i propri confini, la Santa Sede ha rilevato alcuni lodevoli esempi che dimostrano come le preoccupazioni per la salute pubblica possono andare di pari passo con il rispetto del principio di non-refoulement (non respingimento) e del diritto di richiedere asilo, sanciti nella Convenzione sui rifugiati.

Durante la sua partecipazione al “Gruppo di Lavoro sul traffico dei migranti”, organizzato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine di Vienna, Yuriy Tykhovlis ha rilasciato una dichiarazione (EN) per conto dell’Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite. Questi ha lanciato l’allarme sui cosiddetti ‘surface’ e ‘dark’ web, “usati per agevolare il reclutamento e il trasporto nel traffico di migranti […] comportando di conseguenza lo sfruttamento degli stessi”. Secondo Tykhovlis, gli attori statali, e non, dovrebbero prevedere meccanismi volti ad aumentare la trasparenza e combattere l’uso illegale della tecnologia. Tykhovlis ha infine invocato la promozione di campagne di sensibilizzazione e programmi formativi specifici, che possano contribuire alla prevenzione del traffico di migranti e a rendere la migrazione più sicura, ordinata e regolare. 

Nel documento “Assicurare l’accesso al territorio ai richiedenti protezione internazionale”, la Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale riafferma il diritto di asilo e di non-refoulement, specificando che “a tutti coloro che cercano protezione internazionale deve essere concessa l’ammissione sicura al territorio su base individuale”. Ogni qualvolta l’eterogeneità del flusso migratorio non renda possibile valutare la natura dello status migratorio di ogni singolo individuo, “deve essere concesso a tutti l’accesso temporaneo al territorio”. Soffermandosi sull’emergenza del COVID-19, il documento evidenzia come, anche se necessarie, le misure di sicurezza sanitaria non dovrebbero mai essere discriminatorie e dovrebbero essere adottate “sulla base di un’equa valutazione dei rischi reali”.

Nel documento “Misure alternative alla detenzione dei migranti”, la Sezione Migranti e Rifugiati afferma che “Chiunque desideri chiedere protezione internazionale o presenti segni di problemi di salute fisica o mentale o di essere stato vittima del traffico di esseri umani non dovrebbe mai essere detenuto in relazione al proprio status migratorio”. Partendo da tale presupposto, il documento “raccomanda l’adozione in modo sistematico di misure non custodiali alternative alla detenzione dei migranti”, quali i centri di accoglienza non governativi e altri programmi di collocamento gestiti dalle comunità. Queste soluzioni assicurano una “protezione migliore dei diritti e della dignità dei migranti irregolari”. Inoltre, esse sono più efficaci e meno costose, sebbene debbono considerarsi esclusivamente quali soluzioni temporanee.

Consentire un accesso sicuro e legale al territorio


Il progetto dei corridoi umanitari della Comunità di Sant’Egidio garantisce l’ingresso legale in Europa alle persone in condizioni di vulnerabilità, attraverso visti umanitari e la possibilità di una successiva domanda di asilo. Dall’inizio del programma, 3.700 rifugiati provenienti dal Libano, dal Corno d’Africa e dall’isola greca di Lesbo sono stati accolti e integrati in Italia, Francia (FR), Belgio, San Marino e Andorra. Solo nel 2021 la Comunità di Sant’Egidio ha firmato con il governo italiano due protocolli per l’arrivo di 1000 profughi dal Libano e 1200 profughi afghani attraverso i corridoi umanitari, e ha rinnovato il protocollo con il governo francese per l’accoglienza di 300 nuovi rifugiati. Infine, la Comunità di Sant’Egidio in Messico ha organizzato un primo corridoio umanitario per un gruppo di bambini guatemaltechi, accompagnati dal Messico meridionale agli Stati Uniti per riunirsi alle loro famiglie.

Migra Segura è una piattaforma digitale, rivolta alle persone in mobilità umana, soprattutto venezuelane, che vi potranno trovare informazioni sicure e affidabili sui servizi di base e sulle politiche migratorie di Brasile e Ecuador. La piattaforma (ES; PT) fornisce informazioni sulle politiche migratorie, sui processi legali per ottenere asilo, rifugio e accesso all’assistenza umanitaria, e sulle opportunità di sostentamento, assistenza medica, ostelli, cibo e altri servizi. L’accesso alla piattaforma è facilitato grazie ad alcuni spazi sociali e servizi pastorali messi a disposizione dalla Chiesa: verranno forniti connessione Wi-Fi e apparecchi elettronici. Migra Segura è un’iniziativa di Caritas Brasile, in alleanza con Caritas Ecuador, con il sostegno del Catholic Relief Services.

La Community Sponsorship (sponsorizzazione comunitaria) è una soluzione sicura e duratura per accogliere e reinsediare i rifugiati. La comunità si assume la responsabilità di una famiglia di rifugiati, dal primo arrivo fino all’indipendenza stabilita come parte della loro comunità locale. In Canada – che è leader mondiale per numero di reinsediamenti di rifugiati – il Centro Cattolico per gli Immigrati (EN, CCI) gestisce due accordi di sponsorizzazione: l’accordo di sponsorizzazione della Corporazione Episcopale Cattolica di Ottawa, che serve principalmente le parrocchie locali, e un secondo accordo di sponsorizzazione per la CCI stessa, che serve gruppi di qualsiasi affiliazione. Altro esempio è quello della Diocesi Cattolica Romana di Saskatoon (EN) che, come titolare di un accordo di sponsorizzazione con il governo federale, aiuta le parrocchie e altri gruppi a sponsorizzare i rifugiati in forma privata, offrendo formazione e coordinamento. Il tempo medio da quando una parrocchia accetta di sponsorizzare un rifugiato o una famiglia di rifugiati fino al loro arrivo varia dagli 1,5 ai 2,5 anni. La pandemia del COVID-19 ha influenzato il processo e ha causato ulteriori ritardi e incertezze. Ciononostante, le persone hanno potuto insediarsi (EN), dopo un periodo positivo di quarantena.

Il progetto Corridoi Universitari per i rifugiati, promosso da Caritas Italiana, insieme ad altri partner, consiste nel rilascio di visti d’ingresso per motivi di studio per titolari di protezione internazionale in Etiopia. La selezione si basa su requisiti accademici e motivazionali all’interno di un bando che prevede l’iscrizione a corsi di laurea presso alcune università italiane. Queste provvedono all’inserimento del beneficiario nel percorso di studi, sostenendo i costi di vitto, alloggio e borsa di studio. Caritas Italiana, invece, si impegna nella diffusione del bando in Etiopia, all’assistenza per le pratiche, alla copertura dei costi pre partenza e al pagamento del biglietto aereo, oltre che all’erogazione di un contributo economico in favore delle Caritas diocesane, per la gestione del progetto quando i beneficiari raggiungeranno l’Italia. Le Caritas diocesane hanno l’importante ruolo di sostenere l’inserimento sociale degli studenti beneficiari del progetto, attraverso l’individuazione di un operatore diocesano e di famiglie tutor, figure chiave per l’accompagnamento dei beneficiari nel percorso d’integrazione.

Dare priorità alla sicurezza umana rispetto alle salvaguardie nazionali


In un’intervista a Crux (EN), Mons. Robert J. Vitillo, Segretario Generale della Commissione Internazionale Cattolica per le Migrazioni (ICMC), ha detto: “Quando le persone sono costrette a fuggire a causa di guerre, discriminazioni, persecuzioni, o della povertà estrema, non saranno i muri a fermarle”. Tuttavia, ciò che lo colpisce maggiormente sono i muri dell’indifferenza che alcune persone, tra cui anche credenti, innalzano di fronte alla “orribile sofferenza dell’annegamento, della fame e della sete [dei migranti] lungo il loro viaggio in cerca di sicurezza, libertà e nuove opportunità”. Egli si augura che le persone “superino il falso concetto e pregiudizio che i migranti e i rifugiati rappresentino un ‘peso’ per i Paesi ad alto reddito” e, invece, riconoscano “i doni e il potenziale di crescita economica che i migranti e i rifugiati possono portare”, come constatato in alcune aree rurali e nei paesi a basso e medio reddito. Sebbene alcuni potrebbero non essere d’accordo sul fatto che – come dimostra l’esperienza di ICMC – i percorsi legali, oltre alla sponsorizzazione e al reinsediamento, costituiscono la risposta migliore per affrontare l’emergenza nel breve termine, Mons. Vitillo sottolinea che un cambiamento radicale “verso un noi sempre più grande” e la costruzione della pace, sia dall’alto verso il basso che dal basso verso l’alto, sono step necessari per “eliminare la maggior parte delle cause alla base dello sfollamento forzato dei popoli”.

In una breve riflessione (EN), Peter Rožič SJ, Direttore del Jesuit European Social Centre, parla del cambiamento climatico come “uno dei più grandi rischi di sicurezza a livello globale”, le cui cause ed effetti sono lenti e difficili da notare, e per questo motivo troppo spesso sottovalutato. Tuttavia, questo problema mette a rischio la sicurezza umana da diverse prospettive, “causando non solo carestia, povertà, crisi abitative e migrazione (forzata), ma anche la perdita di interi territori e conflitti politici”. Infine, Rožič commenta la capacità del Papa di presentare la crisi ambientale come una crisi socio-politica, e il suo impatto nel coinvolgere i leader globali, così come il mondo imprenditoriale, nell’impegno di affrontare l’emergenza climatica.

Un rapporto pubblicato nell’aprile 2021 dal Jesuit Refugee Service USA e dal Georgetown University’s Institute for the Study of International Migration, intitolato “Seeking Protection in a Pandemic: COVID-19 and the Future of Asylum” (EN, Cercare protezione in una pandemia: COVID-19 e il futuro dell’asilo), ritiene che le restrizioni poste in essere per proteggere la salute pubblica durante la pandemia avranno un impatto duraturo sulle politiche globali in materia di asilo e che tali restrizioni amplieranno le disuguaglianze tra le popolazione sfollate e quelle ospitanti. La relazione rivela che le persone che cercano sicurezza dalle persecuzioni e dalla violenza non sono state in grado di farlo legalmente nell’ultimo anno. Infatti, 167 paesi hanno chiuso le loro frontiere, anche ai richiedenti asilo, in risposta alla prima epidemia di COVID-19 all’inizio del 2020, e a marzo 2021 c’erano ancora 57 paesi che negavano l’accesso al proprio territorio, senza eccezioni. Il rapporto contiene alcune raccomandazioni ai responsabili politici, tra cui la garanzia di percorsi sicuri e legali, la cessazione della detenzione di minori e l’aumento degli investimenti nei sistemi di asilo.

Il Journal on Migration and Human Security (EN) del Centro per studi sulla migrazione di New York offre diversi articoli e studi sulla “sicurezza umana”. Essi toccano i temi della creazione di condizioni sicure e sostenibili nelle comunità di provenienza dei migranti, della promozione di una migrazione sicura, ordinata e legale; dello sviluppo di un’immigrazione rispettosa dei diritti e di politiche di integrazione dei migranti che vadano a beneficio delle comunità di provenienza così come di accoglienza e consentano ai nuovi arrivati di condurre una vita dignitosa e sicura.

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02 dicembre 2021, 12:30