Arte, storia e fede: la colonna dell'Immacolata a Piazza di Spagna
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
La colonna su cui si innalza la statua in bronzo della Vergine Maria svetta di fronte all’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede e di fianco al palazzo di Propaganda Fide, sul prolungamento di piazza di Spagna, nella piazza Mignanelli, quasi in asse con la Fontana della Barcaccia.
Una iconografia riconoscibile
La Vergine veste una tunica e un mantello dalle pieghe profonde. Ha il capo scoperto, con i lunghi capelli sciolti, coronato da dodici stelle. Lo sguardo e la mano sinistra sono rivolti verso l’alto mentre la destra indica il basso, materializzando nella figura il suo ruolo materno di intermediazione tra Dio e l’umanità. Sta ritta sul globo terrestre, a sua volta sostenuto dai simboli degli evangelisti. La falce di luna sembra sorgere dai suoi piedi, mentre vittoriosa schiaccia la testa del serpente. La parte scultorea in bronzo poggia su una base attica, a sua volta sostenuta da un capitello composito in marmo, per un’altezza complessiva di circa 15 metri. Tutto l'apparato decorativo rimanda alla Vergine. Il capitello reca rami di olivo e gigli, simboli di pace e purezza. Alla base della colonna rilievi con scene della vita di Maria e quattro statue in marmo raffiguranti David, Ezechiele, Isaia e Mosè, ciascuna opera di un artista diverso.
La tradizione dell'omaggio all’Immacolata di piazza di Spagna
Il dogma dell’Immacolata concezione è stato sancito da Pio IX con la bolla Ineffabilis Deus. Il Pontefice è stato fautore anche del monumento alla Vergine in piazza di Spagna, che fu inaugurato l’8 dicembre 1857. In seguito, Pio XII inviava fiori nel giorno della ricorrenza, ma l’usanza di renderle omaggio personalmente partì da papa san Giovanni XXIII, nel 1958. San Paolo VI fu al cospetto della Vergine l’8 dicembre 1965, alla chiusura dei lavori del Concilio Vaticano II.
E tra le altre sono indimenticabili le immagini di san Giovanni Paolo II che in un’occasione le dedicò una lunga preghiera e di Benedetto XVI quando per Lei intonò una catechesi. Papa Francesco ha proseguito questa tradizione e non dimenticheremo quell’alba ancora buia e piovosa dell’anno scorso, quando a causa della pandemia vi si recò in forma privata. Come farà anche oggi.
Prima del monumento alla Vergine, la colonna antica
Il 17 settembre 1777, durante alcuni ampliamenti del monastero delle monache della SS. Concezione di Santa Maria in Campo Marzio, fu scoperta una colonna antica in marmo cipollino, alta 11,81 m e di diametro 1,45. La sua scoperta destò all’epoca grande scalpore. Si racconta che rimase distesa lì dove fu trovata per ben settantasette anni, finché nel 1854, anno della proclamazione dell’Immacolata concezione, si decise di trasferirla nel luogo odierno e farne un monumento dedicato alla Vergine. Le cronache descrivono le fasi avventurose della dissepoltura e la partecipazione popolare all’avvenimento. Ancora più vivaci sono le descrizioni dell’erezione della colonna, dirette dall’architetto Luigi Poletti, alla presenza del Pontefice e dell'Ambasciatore di Spagna che poterono assistere all’avvenimento dall'alto di un'architettura "effimera" una finta facciata costruita per l'occasione in legno e cartapesta.
Il legame dei vigili del fuoco con l’Immacolata di piazza di Spagna
Forse durante le dirette televisive qualcuno si sarà chiesto come mai all’omaggio del Papa in piazza di Spagna partecipino sempre i vigili del fuoco. Il motivo risale alle operazioni di erezione della colonna alle quali concorsero ben 220 vigili che, nel silenzio generale o al suono delle trombe, azionarono gli argani. E infatti la corona che vediamo pendere al braccio della Vergine, e che viene rinnovata ogni anno, è posta da alcuni vigili che si inerpicano fino in cima con una scala. Pensiamo che siano dei privilegiati: da lassù possono guardare da vicino il volto dolcissimo della Vergine. La statua quasi più vicina al cielo che alla terra certamente è rivestita di una dignità tutta particolare.
Il modello della Vergine nella Tipografia Vaticana
I vigili del fuoco hanno questo privilegio, ma chiunque può, se vuole, ammirare l’Immacolata da vicino. Nella scalinata che porta al primo piano della Tipografia Vaticana si trova il suo modello. Chi ci lavora lo sa bene e può salutarla ogni giorno. Non è un caso che si trovi lì. Proprio sotto l’edificio della Tipografia, in precedenza, sorgevano le fonderie vaticane. Esse sono testimoniate già nel 1577 in una pianta di Roma, la Nova Urbis Romae Descriptio opera di Étienne Du Perac, dove la città è disegnata come a volo di uccello con vignette che indicano con precisione i luoghi più importanti. Ancora nel 1618 appare nella pianta di Matteo Greuter. La fonderia apostolica o vaticana si trovava esattamente dove attualmente sorgono gli edifici della tipografia, che era stata istituita nel 1587 da Papa Sisto V, con il nome di Poliglotta tipografia Vaticana e traslocata nella sede attuale, costruita nel 1908 per volere di Papa Pio X. Non si trattava di una fonderia di poco conto. La rappresentazione del Du Perac la ha enfatizzata come un grande edificio a ridosso delle mura e isolato su un'altura, inoltre identificato da una scritta. Qui furono fusi grandi bronzi come le catene per la cupola di San Pietro di Giacomo della Porta o il campanone di San Pietro di Luigi Valadier.
Dal modello al bronzo
Sotto il profilo storico-artistico, l’importanza della statua della Vergine Immacolata sta nel fatto che si tratta di uno degli ultimi grandi bronzi fusi nell'officina vaticana e in generale nell’epoca moderna. Gli eruditi del tempo hanno tramandato l’avvenimento con grande attenzione. Il modello in gesso candido - solo la sciarpa in vita è sottolineata con il colore azzurro - è opera dell’artista modenese Giuseppe Obici, autore anche delle sculture in marmo del San Paolo della omonima basilica e del san Giovanni, sempre in marmo, della basilica di Santa Maria sopra la Minerva. Luigi de Rossi fu invece colui che fuse il bronzo. Viene raccontato come durante la colata il metallo si arrestasse a metà della figura e come il bronzista riuscisse a salvare il lavoro gettandone una nuova sulla prima, così che l’intera scultura si saldasse senza danni, come un’onda che dolcemente segue un’altra onda.
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