Processo in Vaticano, nuovo rinvio a giudizio per quattro imputati
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
È iniziata con due ore e un quarto di ritardo la sesta udienza del processo in Vaticano sui presunti illeciti compiuti con i fondi della Santa Sede, nell’Aula polifunzionale dei Musei Vaticani. Udienza che il presidente del Tribunale Vaticano, Giuseppe Pignatone, aveva definito nell’ultima seduta del 14 dicembre, “di mero transito” per stabilire il rinvio a giudizio o l’archiviazione circa i quattro indagati di cui era stata stralciata la posizione, perché non interrogati in fase istruttoria.
Firmata nuova richiesta
Così è stato. Il ritardo della seduta odierna - durata in totale circa 40 minuti – è stato motivato da Pignatone con la firma di una nuova richiesta di citazione a giudizio depositata dall’Ufficio del Promotore di giustizia per le posizioni rimaste in sospeso. Quindi: il finanziere Raffaele Mincione; l’ex funzionario della Segreteria di Stato, Fabrizio Tirabassi; l’avvocato Nicola Squillace; monsignor Mauro Carlino, all’epoca dei fatti segretario del cardinale Becciu. Proprio Becciu viene nuovamente citato in giudizio per i reati caduti nella prima fase di subornazione (il tentativo di far ritrattare il testimone monsignor Alberto Perlasca da quanto dichiarato ai magistrati) e peculato (i versamenti di importi attinti dai fondi della Segreteria di Stato alla cooperativa di Ozieri, in Sardegna, rappresentata legalmente dal fratello). Mentre è archiviata l'accusa di peculato per l'ex direttore dell'Aif, Tommaso Di Ruzza, restano in piedi gli altri reati a lui addebitati.
In questi mesi gli indagati avevano chiesto maggiori approfondimenti e soprattutto la possibilità di essere interrogati, ma, stando a quanto dichiarato dal promotore aggiunto Alessandro Diddi, fino a dicembre solo uno di loro aveva risposto alla convocazione. L’Ufficio del Promotore ha proceduto intanto agli approfondimenti e ha depositato al Tribunale “sette faldoni” con nuovi accertamenti.
Rinvio al prossimo 18 febbraio
Pignatone, da parte sua, ha spiegato di aver “semplicemente” firmato il decreto di citazione – al quale sono allegate una decina di pagine di motivazioni -, perché in questa fase “il Codice non lascia alcuna discrezionalità”. Tutto è stato rinviato al 18 febbraio prossimo, giorno in cui “si spera” sarà possibile riunire i due tronconi del processo: “Credo che sia un auspicio generale”.
La difesa di Becciu: ancora atti mancanti
È intervenuto poi l’avvocato difensore di Becciu, Fabio Viglione, che ha rinnovato la richiesta di nullità “radicale e assoluta” del rinvio a giudizio, a causa della mancanza di atti richiesti dalla difesa, già denunciata dall’inizio del processo del 27 luglio. “Siamo arrivati a gennaio - ha detto l’avvocato - con ancora un omesso deposito di atti e documenti informatici”. Si tratterebbe di una “ampissima parte ancora mancante” nell’hard disk depositato dall’accusa il 23 dicembre scorso. Secondo l'esame di un consulente tecnico di fiducia della difesa, Luca Governatori, della totalità dei 255 supporti informatici sequestrati, 239 non sarebbero stati rilasciati in copia. Dei 16 dispositivi nessuno "può essere qualificato come copia forense”. Inoltre, i dati esaminati sarebbero il risultato di un’esportazione selettiva e parziale con l’utilizzo di parole chiave.
Gli interrogatori a Perlasca
La lacuna principale sarebbe, tuttavia, quella relativa agli interrogatori a monsignor Alberto Perlasca, allora capo ufficio amministrativo della prima sezione della Segreteria di Stato. Dei 31 dispositivi informatici - tra cellulari, tablet, pc, chiavette Usb e un indirizzo di posta elettronica - alla difesa sarebbe stata consegnata una scelta dei contenuti dell’email e un IPhone 7, in cui erano presenti solo conversazioni WhatsApp tra interlocutori selezionati. Viglione ha parlato di “rate di depositi” che evidenziano la nullità.
Violazioni e lacune nei verbali
In Aula ha preso parola poi l’avvocato Maria Concetta Marzo, della difesa di Becciu, che ha giustificato l’assenza del suo assistito (presente ad ogni seduta) con il fatto che “non voleva ascoltare aspetti spiacevoli emersi dalla lettura dei dialoghi con Perlasca”. Il riferimento è a un interrogatorio che il monsignore comasco ha reso il 23 novembre 2020, in cui vi sarebbero pesanti allusioni sulla moralità di Becciu. Un interrogatorio "viziato", secondo la legale, perché al monsignore i promotori avrebbero fatto una serie di domande, insistentemente e con un linguaggio molto forte, su "voci correnti pubbliche" quali le imitazioni del cardinale da parte del comico Maurizio Crozza che minava la reputazione di Becciu. Questo violerebbe l’articolo 246 del Codice penale vigente. Inoltre, nei verbali non sarebbero stati riportati questi passaggi, né le risposte di Perlasca: “Ci sono prove non riportate neanche con una parola o un omissis”, ha detto Marzo.
Un’altra violazione si riscontrerebbe in un interrogatorio del 15 marzo 2021, in cui, parlando dei riscatti per il sequestro di missionari cattolici, si facevano battute sulla provenienza del cardinale Becciu dalla Barbagia, terra tristemente nota per i riscatti e i rapimenti. L’avvocato ha quindi eccepito la nullità di entrambi gli interrogatori.
Altre eccezioni
A tutte le eccezioni si è associato l’avvocato del finanziere Enrico Crasso, Luigi Panella, che ha ribadito "la radicale nullità del procedimento di citazione a giudizio" e lamentato il fatto che a Perlasca sarebbe stato chiesto conto, il 29 aprile 2020, di un presunto incontro di fine 2018 tra Crasso, Tirabassi e Torzi a Milano. Incontro “mai avvenuto”, secondo il legale: alcune chat certificherebbero che Crasso era Lugano. “Nulla so”, avrebbe risposto Perlasca per poi ritrattare all’insistenza dei promotori, dicendo di “dubitare della trasparenza dei rapporti tra Crasso e Tirabassi”. Frase messa a verbale.
La replica della difesa
Pronta la replica di Alessandro Diddi che ha esordito: “Mi astengo dal rispondere ai giudizi sul mio operato. Siamo tranquilli del lavoro fatto, non vediamo l’ora di cominciare il processo”. Dei profili tecnici, ha aggiunto il promotore aggiunto, “non capisco cosa non è stato dato”, visto che le copie dei supporti elettronici sono state effettuate dalla polizia giudiziaria. Su questo punto il Tribunale ha stabilito un nuovo termine, il 31 gennaio, per permettere di verificare quali atti mancherebbero ed eventualmente depositarli in Cancelleria. Ancora Diddi, sulla questione dei verbali, ha evidenziato che nelle circa 1200 pagine redatte “abbiamo cercato di rappresentare tutto quello che è stato dichiarato, senza lasciare traccia delle cose che potevano ledere la reputazione degli indagati”. “Abbiamo cercato di tutelarne la moralità”, cosa che, secondo l’avvocato, avrebbero dovuto fare anche i suoi difensori non riportando certe frasi e circostanze. Quanto alla presunta riunione di Milano, Diddi ha detto: “Noi riteniamo che la riunione ci sia stata e cercheremo di dimostrarlo in base a circostanze di luogo e di tempo ricostruite dalla polizia giudiziaria. Se non sarà vero, ne prenderemo atto”.
Prossima udienza
Pignatone ha rinviato il processo alle 9.30 del 18 febbraio alle 9.30. In questo tempo “si esamineranno le eccezioni preliminari sulle quali il Tribunale deve decidere”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui