Europa e Africa, diplomazie unite per la pace
di Isabella Piro
Non a senso unico, ma bidirezionale: così dovrebbe essere il partenariato tra l’Unione Europea (Ue) e l’Unione Africana (Ua). È l’auspicio espresso, ieri pomeriggio, dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, intervenuto a Roma alla Conferenza degli ambasciatori dei Paesi membri dell’Ue e dell’Ua, accreditati presso la Santa Sede. Ad invitare il porporato, i diplomatici Alexandra Valkenburg per conto dell’Ue, e Martin Pascal Tine, in rappresentanza del Senegal, cui spetta la presidenza di turno dell’Ua.
L’incontro di ieri è giunto un mese dopo il sesto vertice Ue-Ua, svoltosi a Bruxelles nel mese di febbraio. Quel summit, ha ricordato il cardinale Parolin, «è stato un’occasione propizia per rinnovare le finalità del partenariato sviluppandolo in termini di solidarietà, per favorire la pace e permettere uno sviluppo sostenibile» dei due continenti. Centrali, a tal proposito, sono state le riflessioni sul «garantire un accesso equo ai vaccini» e sul «promuovere gli scambi culturali, soprattutto tra i giovani», attraverso programmi come l’Erasmus.
Riflessioni che restano tuttora rilevanti, perché la Santa Sede guarda «con attenzione» alla collaborazione tra i due organismi continentali, ha detto il porporato, come a «un’opportunità di sviluppo reciproco e di solidarietà, attraverso il contributo di tutti gli attori sociali, dagli Stati ai cittadini, e che passa attraverso la società civile e le comunità religiose».
Lontano, quindi, da una logica che vede l’Europa offrire semplicemente risorse economiche per la crescita dell’Africa, il cardinale Parolin ha auspicato «un partenariato proficuo tra le parti», in grado di creare «un circolo virtuoso tra i due continenti che favorisca lo sviluppo e il benessere di entrambi».
In questo contesto, ha ricordato il porporato, grande è il ruolo della Chiesa e della sua missione, la cui «regola d’oro è la vicinanza», che si concretizza attraverso «la realizzazione di opere sociali volte a combattere la povertà, accudire i malati, educare i bambini, accompagnare le persone sole, curare le ferite causate dai conflitti». Al riguardo, il segretario di Stato ha citato l’assistenza medica in Africa: in questo continente, infatti, «i pionieri nella cura dei malati sono stati i missionari, che hanno costruito numerose strutture sanitarie con l’intento di offrire cure di qualità, soprattutto ai poveri». Oggi, nel continente africano, la Chiesa cattolica gestisce «circa 1.200 ospedali, 5.400 dispensari, 200 lebbrosari, 200 case per anziani, malati cronici e disabili, 1.300 orfanotrofi, 2.000 scuole materne, 1.700 consultori matrimoniali, 2.900 centri di educazione sanitaria e 1.400 altre istituzioni di assistenza ai poveri».
Inoltre, basandosi sul principio che «nessuno deve essere privato in alcun modo delle cure necessarie», gli ospedali cattolici sono gratuiti o chiedono contributi minimi, oltre a presentare «personale ben formato e motivato». Ciò rappresenta, ha evidenziato ancora il porporato, «un perfetto esempio di sussidiarietà orizzontale e di quel contributo positivo che le organizzazioni basate sulla fede offrono all’intera comunità».
Un altro settore ugualmente importante è quello dell’educazione: «Circa sessanta milioni di bambini e giovani, dalla scuola materna all’università, studiano in istituzioni cattoliche», ha detto il cardinale Parolin, sottolineando come il valore di tali centri formativi sia riconosciuto, a livello istituzionale, anche per il loro «carattere inclusivo, essendo aperti a tutti i bambini e i giovani che lo richiedono, indipendentemente dalle possibilità economiche o dall’appartenenza religiosa».
E ancora: la Chiesa si fa vicina alla popolazione in ambito economico e sociale. Il segretario di Stato ha menzionato soprattutto la microfinanza che «ha le sue radici nei principî stessi della Dottrina sociale della Chiesa», e il microcredito che «dà accesso a piccoli prestiti per le famiglie e le comunità». In tal modo, si offre «un’opportunità di finanza etica, di empowerment degli individui nella sfera economica e un mezzo efficace per consentire lo sviluppo economico e sociale delle realtà locali».
Infine, ma non meno importante considerati i tempi attuali, la vicinanza della Chiesa «si manifesta nella creazione di spazi di dialogo sociale, politico e interreligioso», così da «salvaguardare la pace e l'unità nazionale e garantire uno sviluppo armonioso in molti Paesi diversi». Soprattutto in risposta «ai movimenti jihadisti che coinvolgono varie nazioni», la presenza ecclesiale nel campo dell’educazione alla pace «gioca un ruolo importante».
Come altrettanto significativo è l’impegno della Chiesa nel dialogo interreligioso, oggi più che mai «strumento potenzialmente prezioso per superare le contrapposizioni ideologiche e costruire società aperte al dialogo».
La cultura della solidarietà e dell’accoglienza testimoniata dai cristiani è oggi rilevante anche in Europa, «dove soffiano di nuovo i venti di guerra che speravamo di non vedere più», ha commentato il Segretario di Stato, ricordando che «di fronte alla tragedia in corso in Ucraina, non cessa l’impegno della Chiesa a portare speranza alle tante persone che sono state costrette a fuggire, così come non cessa l’impegno ad assistere i migranti che arrivano dall’Africa, né cessano i tentativi di favorire il dialogo e di aprire percorsi di riconciliazione tra le parti in conflitto», in nome della costruzione del bene comune e del rispetto di ogni essere umano.
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