Da Zagabria Parolin ribadisce l’impegno di Francesco per la pace in Ucraina
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Ultimo giorno di visita in Croazia per il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, giunto a Zagabria martedì sera in occasione del 30.mo anniversario del riconoscimento dell'indipendenza della Repubblica croata da parte della Santa Sede e nel 25.mo anniversario della ratifica di Tre Trattati tra il Vaticano e questo Paese europeo.
Stamani l’incontro con il presidente del parlamento croato, Gordan Jandroković, durante il quale il porporato ha ricordato gli appelli di pace per l’Ucraina, ribaditi più volte da Papa Francesco dall’inizio delle ostilità con la Russia. Dal canto suo, Jandroković ha espresso preoccupazione per la possibilità che la crisi si estenda dall'Ucraina all'Europa sudorientale, con particolare attenzione alla Bosnia ed Erzegovina. Nel dialogo, il presidente ha parlato della situazione della Croazia, esprimendo timori per il futuro e per la sopravvivenza del Paese, invitando poi la Santa Sede ad aiutare per una soluzione che garantisca l'uguaglianza di tutti e tre i popoli. Il presidente del parlamento ha espresso soddisfazione per i rapporti eccezionalmente buoni e amichevoli tra la Croazia e la Santa Sede, basati su legami forti e storicamente lunghi.
L’amato popolo croato
Proprio le buone relazioni tra le parti sono state al centro del lungo discorso che il cardinale Pietro Parolin ha tenuto al Parlamento di Zagabria, ribadendo con fermezza che “la Santa Sede è fedelmente al fianco del suo amato popolo croato”. Un affetto ed un legame che sono nati nel tempo e che, secondo il porporato, ben si esprimono con la presenza di una chiesa nel piazzale antistante il Parlamento. “Lo sviluppo di piazza San Marco - spiega Parolin - riflette l’intera realtà delle relazioni storiche tra il popolo croato e la Chiesa cattolica”. Una reciproca vicinanza che è cresciuta con la particolare predilezione e con il rispetto che nutriva San Giovanni Paolo II. “Come nessun altro - aggiunge il cardinale - ha compreso il fardello della storia, dell’ingiustizia e della sofferenza a cui i croati erano esposti come popolo slavo nella loro secolare aspirazione ad avere un proprio Stato”.
Giovanni Paolo II e la Croazia
Fu Papa Wojtyla, ricorda Parolin, a dare un grande impulso ad un’intensa attività giuridica e diplomatica sia prima che durante la creazione dello Stato croato contemporaneo, in particolare nel momento dell’indipendenza, riconosciuta formalmente dalla Santa Sede il 13 gennaio 1992, tra i primi a farlo. “Questo atto - sottolinea il segretario di Stato - rimane ancora oggi un segno di forte fede, fiducia, vicinanza, dedizione e sostegno reciproco”, ancora di più confermate nelle tre visite pastorali di Giovanni Paolo II, in una di queste aveva beatificato il cardinale Stepinac, strenuo avversario del nazifascismo e difensore della libertà religiosa durante il regime di Tito.
Gli accordi per portare concordia
Nel suo intervento, Parolin ha ricordato il valore dei trattati stipulati, specificando che gli accordi tra la Santa Sede e la Repubblica di Croazia “non devono essere visti a scapito di altre comunità religiose”, ma sono da considerarsi come “un modello” per prevenire conflitti o dissapori. Sono, in generale, “utili per regolare la vita della Chiesa e garantirne l’indipendenza di fronte al desiderio di interferire nella sua organizzazione”. Utili anche per la “costruzione di una società umana, giusta e solidale” secondo la prospettiva indicata dalla costituzione conciliare Gaudium et spes. A tal proposito, Parolin ricorda l’accordo sulla nomina dei vescovi tra Santa Sede e Cina, firmato il 22 settembre 2018, e ripropone una frase del cardinale Casaroli: “L’importante non è il concordato ma la concordia”, perché il valore degli accordi risiede “nel promuovere l’armonia e la convivenza nelle società di oggi”.
Sulla libertà religiosa, il porporato ha sottolineato come “quasi tutti i Paesi europei abbiano scelto il sistema degli accordi confessionali” per garantirla e la Chiesa cattolica intende “ottenere uno statuto il più possibile adeguato alle sue specifiche esigenze”. Ricordando che “il cristianesimo e la solidarietà cristiana rappresentano le fondamenta della cultura occidentale e dell’Europa”, il segretario di Stato ha aggiunto che al giorno d’oggi restano in Croazia i segni dannosi dei lunghi decenni di distruzione totalitaria che vanno sanati con amore e dedizione. “E’ giusto sottolineare - conclude - la salda fede del popolo croato e la bona fides nelle relazioni tra la Santa Sede e questo popolo”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui