Gli Archivi di cinema e cultura cattolica, un patrimonio inesplorato
Rosario Tronnolone – Città del Vaticano
Il lancio del progetto che ha concluso la due giorni del Convegno dedicato agli archivi audiovisivi, si propone di contribuire a rispondere all’urgenza culturale, emersa a più riprese nel corso dei lavori, di salvaguardare e valorizzare il patrimonio storico audiovisivo in vista di un superamento della prospettiva “logocentrica” negli studi sul cattolicesimo. È emersa inoltre l’esigenza di un dialogo non solo tra le discipline accademiche, ma anche e soprattutto tra accademici e archivisti, tra chi studia il patrimonio storico e chi lo possiede, per superare un uso solo sporadico e meramente utilitaristico di quel patrimonio, in vista di una possibile reciproca valorizzazione. Non si tratta solo di unire in un’unica porta d’accesso le collezioni dei vari soggetti conservatori, ma anche di porre nuova attenzione ad archivi poco conosciuti e a fonti raramente esplorate. Tra i progetti già in corso, ci sono la classificazione della memoria audiovisiva dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù e del materiale audiovisivo conservato nel Fondo San Paolo Film dell’Archivio Storico della Società San Paolo. Ne abbiamo parlato con Gianluca della Maggiore, direttore del Centro CAST e curatore del convegno con monsignor Dario Edoardo Viganò:
In cosa consiste il progetto?
Il progetto consiste nell'idea di offrire una porta di accesso (si parla appunto di portale) al materiale audiovisivo, ma anche fotografico e documentario, che oggi è disseminato in tantissimi archivi diversi. Al convegno abbiamo visto quale ricchezza di materiale audiovisivo è oggi sparso in tanti piccoli e grandi archivi ecclesiastici e non ecclesiastici: proprio stamani c'è stato l'esempio degli Home Movies, dei film di famiglia. Pensate alla bellezza e all'interesse di trovare in un unico portale, in un unico sito, la possibilità di avere accesso a tanti materiali diversi. Questo è proprio nell'ottica del nostro convegno e del nostro progetto, che si propone di sensibilizzare sull'urgenza di salvaguardare (nel convegno abbiamo parlato molto di salvataggio) un patrimonio storico come quello audiovisivo che oggi è scarsamente tutelato anche dalle istituzioni ecclesiastiche, anzi c'è una scarsa attenzione anche solo a definirlo come bene culturale. Quindi il nostro intento è proprio questo: sensibilizzare all'urgenza culturale e offrire strumenti perché questo materiale possa essere raccordato, fare sistema, e offrire momenti, opportunità e strumenti perché sia visto e perché sia fruibile da tutti.
In che senso questo materiale può essere considerato uno strumento utile per uno studio storico?
Per lo studio storico in tantissimi modi. Una delle cose che forse è emersa in maniera più rilevante in questo convegno è proprio il tratto interdisciplinare dell'approccio: può essere interessante per gli storici dell'età contemporanea, per gli storici del Cristianesimo, perché attraverso le immagini e l'audiovisivo hanno la possibilità di accedere a delle informazioni che non vengono in rilievo in altro modo: le carte non ti dicono che faccia avevano le persone, o come si muovevano; pensiamo ad esempio a come cambiano nel tempo le liturgie: come abbiamo visto oggi al convegno, una comunione del ' 44 non è una comunione del ' 70, cambia completamente la tipologia e la morfologia della costruzione liturgica, anche proprio nell’approccio a livello di famiglia, non solo di Chiesa; quindi pensate a quanto interesse culturale e antropologico tutto ciò rivesta. Questo può essere interessante per gli studi storico-religiosi, ma anche per gli studi di Antropologia, o per gli studiosi dei media, perché capiscono come cambia il linguaggio di costruzione filmica. Quindi abbiamo una interdisciplinarietà di approcci che è possibile ritrovare e valorizzare attraverso le fonti audiovisive.
È facile che questi filmati suscitino un po' di ironia, ma quanto è necessario, invece, entrare nello spirito del tempo per comprendere che cosa quei filmati significavano e come venivano letti allora, rispetto alla lettura forse superficiale e non del tutto esatta che possiamo darne oggi?
Beh sì, certo, questa magari può essere ovviamente la prima reazione, quella epidermica, di fronte alla benedizione delle auto, ad esempio, che è una pratica caduta un po' in disuso negli ultimi anni, oppure di fronte a chi filmava la preghierina della buonanotte. Beh si, l'ironia può essere il primo tratto che suscita, però, come dicevo prima, c’è un fascino antropologico in questo, una ricchezza antropologica che non abbiamo e che non possiamo rendere attraverso nessun altro strumento. La parola scritta non ti rilascia l'emozione che puoi ricevere vedendo la preghierina della buonanotte dei bambini che negli anni Cinquanta saltano sul letto e pregano, no? E quindi sì, fa sorridere, però inserito in un sistema interpretativo storiografico che sappia cogliere la densità della profondità antropologica della cosa, certamente ha un rilievo che altre fonti non danno.
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