Parolin a Kinshasa: lavorare per la pace nel Paese e per il bene della popolazione
Salvatore Cernuzio – Inviato a Kinshasa
“Unis par la joie de sa présence… Uniti dalla gioia per la sua presenza…”.
Un canto in francese accompagnato da un bongo ha segnato il primo incontro tra il cardinale Pietro Parolin e una rappresentanza di fedeli di Kinshasa, che hanno salutato con calore l’arrivo nella capitale del segretario di Stato, inviato dal Papa a compiere il viaggio in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan, che lui per problemi di salute è stato costretto a rimandare. In una mattinata ricca di visite e appuntamenti, il cardinale ha fatto tappa nella sede della Cenco (la Conferenza episcopale congolese), dove è stato accolto con un cartello di “bienvenue” e un mazzo di fiori. Accanto a lui il presidente della Cenco, monsignor Marcel Utembi Tapa, l’arcivescovo di Kinshasa, il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, e il nunzio apostolico, monsignor Ettore Balestrero.
"Qui per anticipare il viaggio del Papa"
Salutando il gruppo di donne che intonavano il canto e gli altri rappresentanti della Cenco, il porporato ha chiesto di recitare una preghiera comune per questo viaggio che il Papa desidera vivamente compiere appena le condizioni lo permetteranno. Proprio i saluti del Pontefice ha riportato il segretario di Stato, che ha assicurato: “Non vengo in sostituzione del Santo Padre, ma per anticipare il suo arrivo”.
Il colloquio con il presidente Tshisekedi
Per oltre un’ora Parolin ha poi dialogato con il presidente Felix Tshisekedi, nella città dell’Oua, enorme complesso affacciato sul fiume Congo che era prima sede dell’Organizzazione dell’Unione Africana, organismo che riunisce i Paesi del Continente di cui Tshisekedi fino all’anno scorso è stato presidente. Seduti al tavolo, accompagnati dalle delegazioni, cardinale e presidente hanno discusso di numerosi temi, tra cui la situazione della nazione, la sicurezza e la preoccupazione per le violenze nella parte Est del Paese. Il presidente, dopo aver chiesto informazioni sulla salute del Papa e aver ribadito la grande attesa della popolazione per la sua visita in Repubblica Democratica del Congo, ha espresso il desiderio di pace e stabilità per le regioni orientali segnate dai conflitti. Nel colloquio è stata poi rimarcata la necessità della collaborazione tra la Chiesa e le autorità civili a favore dei congolesi. Parolin ha assicurato la vicinanza del Papa e ha rimarcato l’impegno della Santa Sede e della Chiesa a favorire percorsi di pace e di sviluppo.
Incontro con la Monusco
La mattinata del cardinale era iniziata intorno alle 9 con un appuntamento nella Monusco Town Hall, sede della forza di peacebuilding dell’Onu in missione dal 1999 nella Repubblica Democratica del Congo per la stabilizzazione del Paese. In assenza della rappresentante speciale del segretario generale (a New York per il Consiglio di Sicurezza Onu), ad accogliere Parolin c’era il rappresentante aggiunto, Khassim Diagne, il quale in un briefing ha illustrato la situazione politica e di sicurezza, in particolare le problematiche nell’Est del Paese e l’emergenza rifugiati, oltre al lavoro della Monusco per far fronte ai drammi di questi territori.
La pace in Nord-Kivu
L’attenzione si è concentrata soprattutto sulle operazioni di protezione e pacificazione nel Nord-Kivu, teatro di violenze e continue minacce, dove lo scorso anno ha trovato la morte l’ambasciatore italiano Luca Attanasio e dove era prevista una tappa del viaggio di Papa Francesco poi rinviato. Diagne e gli altri membri della delegazione Onu hanno riferito al cardinale di “villaggi massacrati” e di una popolazione sotto costante “paura e panico” a causa di gruppi armati, nei quali sono infiltrati movimenti islamisti. Quindi è stato riportato nel dettaglio l’impegno per “proteggere i civili”, “restaurare l’integrità territoriale” e garantire una “multiforme sicurezza”.
Da parte sua, Parolin ha espresso la preoccupazione per la situazione umanitaria a Est e ha ringraziato la Monusco per il “grande lavoro” svolto. “La situazione è complicata e le sfide sono enormi”, ha affermato il cardinale, esortando a “trovare soluzioni” visto che tutta la situazione “pesa sulla popolazione civile”. “La speranza è che diminuiscano le violenze” in alcune zone del Paese, ha detto Parolin. Che ha pure esortato a “ripristinare l’economia a partire dalle risorse nazionali”, soggette a interessi economici, creando un “equilibrio” che possa anche contrastare la povertà endemica di questi luoghi. Insieme a questo mandato, anche quello di “proteggere la popolazione” e “accogliere i rifugiati”. Parolin ha inoltre ricordato il ruolo della Conferenza episcopale e dei sacerdoti e religiosi impegnati sul campo: “Insieme è possibile una collaborazione per migliorare la situazione”.
L'arrivo ieri a Kinshasa
Il cardinale era arrivato nella Repubblica Democratica del Congo nella tarda serata di ieri, dopo un volo di oltre dieci ore, partendo da Roma-Fiumicino e passando per Parigi fino a Kinshasa. All’aeroporto è stato accolto dal ministro degli Esteri, Cristophe Lutundula Apala, e dal nunzio Balestrero. In auto Parolin ha raggiunto l’edificio della Nunziatura: “Una delle più grandi Nunziature dell’Africa”, come è stato spiegato. Nel tragitto dall’aeroporto al comune di Gombe - libero da un traffico che dicono sia capace di bloccare le vetture anche per un paio d’ore -, una carrellata di volti di uomini e donne. Alcuni giovanissimi che, come riferito da gente del posto, si mette in strada in cerca di lavori occasionali e occupazioni giornaliere, con il rischio però di finire a zonzo per tutto il giorno. Molti giovani sono ogni sera riversati in strada, in quattro su una moto o all'interno delle camionette gialle, unico mezzo pubblico. Rimangono poggiati sui muri scrostati di Food Market, Casinò e altri locali notturni. Alcuni arrostiscono carne e pannocchie in banchetti anneriti sui marciapiedi, producendo un fumo che, mischiato alla coltre provocata da umidità e inquinamento, dà vita ad una nebbia che ogni sera, al calare del buio, ruba i colori di questa che, come osservato da un sacerdote congolese, “assomiglia ad un’unica grande periferia”.
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