Farrell: lo sport al servizio della persona per promuoverne il bene integrale
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Lo sport può essere un ambito privilegiato per favorire l’aggregazione e la cultura dell’incontro, ciò che la Chiesa intende promuovere in ogni campo. E’ una delle motivazioni alla base del vertice internazionale "Lo sport per tutti - coesivo, accessibile e su misura per ogni persona", il 29 e 30 settembre nell’Aula Nuova del Sinodo in Vaticano, promosso dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, in collaborazione con il Dicastero per la Cultura e l’Educazione e la Fondazione Giovanni Paolo II per lo Sport, al quale prenderanno parte tra gli altri, Thomas Bach, presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Andrew Parsons, presidente del Comitato Paralimpico Internazionale, Filippo Grandi, Commissario dell’Unhcr, monsignor Melchor Sanchez de Toca, del Dicastero per la Cultura e l'Educazione, Aloysius John, segretario generale di Caritas Internationalis.
Lo sport, prezioso contributo al bene degli uomini
La Chiesa desidera il benessere altrui, di tipo materiale, ma anche quello che aiuta ad essere più umani e quindi più felici, e quindi il “bene morale dell’individuo e dell’umanità”, spiega il cardinale Kevin Farrell, prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la Vita, che, attraverso i contenuti dell’enciclica Fratelli tutti, spiega come l’interesse verso il mondo dello sport si basi su di una motivazione interiore, ma anche sulla necessità di rispondere ad alcune domande, come quella sul rapporto tra la dimensione religiosa e la pratica sportiva, che di per sé è laica e non confessionale. La Chiesa, è il punto, “ha a cuore il bene della persona e lo sport, se vissuto bene e presentato in modo corretto, soprattutto ai giovani, può dare un contributo molto prezioso al bene della persona umana”. Lo sport, per la Chiesa, “è per il bene della persona, non la persona per il bene dello sport”, non è un assoluto, è al servizio della persona e deve “servire a promuovere il suo bene integrale”.
La cultura dell’incontro
Ma cosa si aspetta la Chiesa dallo sport e quale contributo può dare al benessere della persona? Sicuramente quello di concentrarsi “sull’incontro e sulla cultura dell’incontro”, in un momento in cui si vive quella globalizzazione dell’indifferenza di cui parla il Papa, quando le persone “non credono più nei grandi ideali di comunione universale, o nel fatto che apparteniamo tutti alla stessa umanità, o nell'impegno a costruire insieme la giustizia e la pace”. La Chiesa, in questo contesto, si sente quindi spinta dal desiderio di riaccendere la speranza nei cuori delle persone, soprattutto di quelle più svantaggiate.
Non si resti prigionieri del cinismo
Durante il summit, spiega quindi Farrell, si discuterà di sport fatto su misura, per tutte le persone, anche con disabilità fisiche e mentali e con problemi psicologici; si parlerà di sport accessibile anche a chi vive situazioni di povertà e disagio sociale, e di sport coesivo per favorire l’unione e l'incontro tra il mondo dello sport professionistico e quello ricreativo. La Chiesa, pur consapevole che oggi lo sport è business, rifiuta di restare prigioniera “del cinismo”, continuando a lavorare per tenere viva la dimensione della solidarietà che non è mai mancata nello sport, per far sì che possa mantenere il suo “volto umano”, e che possa essere “praticato in uno spirito di comunione e amicizia sociale, che sono alla base dell'enciclica Fratelli tutti”. L’invito del cardinale è quindi quello a non restare “prigionieri del cinismo e a confidare nel comune impegno per un'umanità più fraterna e unita”.
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