Il diritto al cibo al centro di un Seminario: necessario cambiare il nostro stile di vita
Adriana Masotti - Radio Vaticana
"Senza una visione d’insieme non ci sarà futuro per nessuno". Potrebbero essere queste in estrema sintesi le parole per descrivere il Seminario di Studio che si è tenuto stamattina all'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum - Università Europea di Roma. Sono state pronunciate da Papa Francesco, nell'omelia della domenica della Divina Misericordia, nell'aprile 2020. L'incontro, promosso dalla Missione permanente di osservazione della Santa Sede presso la FAO, l'IFAD e il PAM, dal Forum Roma di Ong d'ispirazione cattolica insieme a UNESCO Chair in Bioethics and Human Rights stabilita presso l'Ateneo, aveva l'obiettivo di riflettere sull’urgente necessità di trasformare il modo in cui produciamo e consumiamo il cibo, per noi stessi e per il nostro Pianeta, consapevoli che ciò richiederà una cooperazione senza precedenti.
Turkson: seguire la bussola del bene comune
All’apertura dei lavori, moderati da Vincenzo Conso, coordinatore del Forum Roma, i saluti del rettore del Regina Apostolorum, padre José Enrique Oyarzun che introduce subito il primo relatore, il cardinale Peter Turkson. Il cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze individua tre realtà, le tre “C”, dice, che sono coinvolte nell’aumento della fame nel mondo: conflitto, Covid, cambiamento climatico. La sola pandemia ha condannato 132 milioni di persone alla denutrizione. Per l’umanità, afferma, la fame non è solo una tragedia ma una cosa vergognosa, un crimine - come scrive il Papa nella Fratelli tutti -, perché il cibo è un diritto inalienabile e appartiene a tutti, così come quello all’acqua perchè assicura la vita. “Bisogna - sottolinea Turkson - far crescere una mentalità che consideri cibo e acqua diritto per tutti gli esseri umani”. L’abbattimento dell’insicurezza alimentare è una questione sfaccettata e la soluzione va riconosciuta attraverso un approccio olistico. Ogni fattore che provoca l’insicurezza va, dunque riconsiderata: “Il modo in cui l’uomo tratta l’ambiente influisce su come tratta se stesso e gli altri e la pace nel mondo dipende da come il mondo tratta la questione della fame”. E conclude: dobbiamo seguire la bussola del bene comune per costruire un mondo più giusto dove ci sia cibo per tutti.
Zamagni: la fame è causata dal sistema economico mondiale
Le speranze di arrivare entro il 2030 alla cancellazione della fame nel mondo vedono oggi un drastico passo indietro: a partire dal 2018, infatti, sono tornate a crescere le persone affamate e quelle malnutrite. Da questa amara considerazione parte la riflessione dell’economista Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, che subito precisa che l’insicurezza alimentare non dipende dalla scarsità di cibo, quanto piuttosto dall’impossibilità per tanti di procurarselo per mancanza di potere d’acquisto. “Ecco perché – avverte - bisogna tener presente che la povertà e la fame dipendono dai meccanisti con i quali l’economia funziona nel mondo”. E indica alcune questioni da risolvere con saggezza come la necessità di aumentare le terre messe a coltura da coniugare con la salvaguardia dell’ambiente e della biodiversità, la questione che riguarda la produzione del cibo sintetico - che si dice non inquini perché prodotto in laboratorio -, ma che porterebbe alla scomparsa dei piccoli produttori. Il cibo, afferma poi, non può essere soggetto alla speculazione finanziaria perché non è equiparabile agli altri oggetti di consumo. Tanti i nodi da sciogliere, ma per Zamagni si può fare molto puntando all’educazione alimentare per incidere sugli stili di vita, intervenendo sulle regole del gioco. Per ultimo Zamagni cita il problema dell’accaparramento delle terre, il “land grabbing" a cui si affianca la privatizzazione delle falde acquifere: due terzi dell’Africa sub sahariana non appartiene più agli africani, afferma, le popolazioni locali non possono più produrre, lasciano le campagne per spostarsi nelle megalopoli e poi fuggono dalla loro terra incrementando il fenomeno migratorio. Ci troviamo di fronte ad una forma di neocolonialismo, conclude l’economista.
Diritti e responsabilità diffuse per un cambiamento
Il professor Alberto Garcia Gomez, decano della Facoltà di Bioetica dell’Ateneo che ospita il Seminario, interviene per chiarire il legame tra la bioetica che studia il comportamento umano riguardo alla vita e alla salute secondo la Dottrina della Chiesa, e l'alimentazione. Che cosa se non il cibo sano garantisce la vita e la salute dell’essere umano? Sottolinea poi che oltre che a parlare di diritti, prima fra tutti quello al cibo, oggi è necessario parlare di doveri cioè di risposte e di assunzione di responsabilità per la loro concreta realizzazione. E questo chiama in causa i governi e gli Stati, ma anche le organizzazioni, le comunità e ciascuno di noi.
La dottoressa Jyotsna Puri, vice presidente associato dell’IFAD, Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, mette in evidenza che oggi un terzo della produzione alimentare viene dai piccoli agricoltori, che sono dunque decisivi per la sicurezza alimentare, eppure la povertà aumenta proprio nelle aree rurali. Segnala inoltre la connessione tra i conflitti, il clima e l’insicurezza alimentare. Il cambiamento climatico è un moltiplicatore, afferma, della possibilità di conflitti, tensioni e instabilità politica. La crescita della capacità di resilienza dei piccoli produttori resta fondamentale negli investimenti dell’IFAD, conclude, e i dati mostrano che almeno il 70% delle famiglie sostenute dall'organizzazione stanno recuperando le perdite di reddito causate dalla pandemia.
Un'alimentazione che rispetti l'ambiente
“Alimentazione sana e sostenibile” è il tema dell’intervento della professoressa Manon Khazrai. Al centro la necessità dell’educazione ad uno stile di vita che porti benessere alla persona. Accanto all’aumento della malnutrizione, dice, l’OMS ci dice che dal 1975 in poi la popolazione con obesità è triplicata e il trend sta crescendo. Il nostro tipo di alimentazione incide sull’ambiente, un semplice esempio è l’eccessivo consumo di carne rossa a fronte di quello minimo di vegetali, frutta, cereali, legumi. “Tutti i cibi considerati sostenibili sono consumati in misura minima”, sottolinea, si sta dunque ancora cercando di capire come realizzare una dieta più sostenibile, perché, prosegue, “non è facile cambiare la mentalità delle persone, degli Stati e quindi dei mercati”. E conclude accennando a un aspetto psicologico di cui tener conto: il cibo è anche un bene rifugio, si mangia di più quando c’è un problema, un disagio ecc… E’ evidente allora che ci manca qualcosa che in noi c'è un vuoto interiore che spesso è il cibo a riempire.
La centralità del lavoro non solo come fonte di reddito ma come base per la dignità della persona e come contributo al bene comune è ciò che sottolinea Angelo Colombini della CISL. Il lavoro deve essere quindi continuamente valorizzato. E cita le parole di Papa Francesco agli imprenditori in una recente udienza in cui sottolinea la necessità di creare occupazione e di dare fiducia ai giovani.
Ancora un contributo da parte della FAO nella persona del capo economista Maximo Torero Cullen: 45 milioni di bambini sotto i 5 anni risultano malnutriti, esordisce, abbiamo perso terreno riguardo agli Obiettivi di sviluppo sostenibile a causa delle crisi energetica e climatica, della finanza e dei conflitti. Tutto influisce sul prezzo del cibo e tutti hanno un ruolo da svolgere per l’obiettivo Fame Zero. Guardare all’intero sistema, sostiene, è l’unico modo per far fronte a questo problema.
Le esperienze pratiche già in atto
Per non limitarsi alle sole parole il Seminario prevede il racconto di due esperienze pratiche. La prima è riferita da Francesca Benigno di New Humanity International che aderisce alla FOCSIV, la Federazione Organismi Cristiani Servizio Internazionale Volontario, e riguarda l’impegno in atto nel Myanmar attanagliato da una crisi alimentare senza precedenti a seguito del colpo di Stato. Il 40% della popolazione, dice, vive sotto la soglia della povertà, molti hanno dovuto lasciare le loro terre, altri a vendere le macchine agricole per poter acquistare cibo. E illustra il programma di sviluppo agricolo avviato in territori montuosi, di formazione a metodi agroeconomici più efficaci ma anche di educazione degli agricoltori, spesso a rischio di esproprio, perchè possano conoscere e difendere i loro diritti.
La seconda testimonianza è proposta da Mariangela Giorgi Cittadini, rappresentante internazionale presso la FAO dell’UMOFC, Unione Mondiale delle Organizzazioni Femminili Cattoliche. L’UMOFC, afferma, “è una sorta di antenna parabolica che attira ed emette suoni che giungono da organizzazioni cattoliche di tutto il mondo”, sono quasi 100 le sigle che vi fanno parte, tra gli 8 e i 10 milioni le aderenti impegnate localmente nello sviluppo. "Le diseguaglianze di genere, dice, sono tra le prime cause della fame e fanno sì che le donne in tanti luoghi mangino per ultime e poco, eppure svolgono un ruolo decisivo nello sviluppo. Possono essere le principali artefici dell’uguaglianza a un reale sviluppo sostenibile e ad un mondo realmente a Fame Zero".
Arellano: è arrivato il tempo di agire
Le conclusioni del Seminario di Studio sono affidate a monsignor Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso la FAO, l’IFAD e il PAM. “Tante le tematiche che sono state affrontate, afferma, e questo ci fa capire che per “non lasciare nessuno indietro” occorre adottare una visione sistemica, olistica perché la povertà e la fame sono purtroppo il risultato di una concatenazione di cause, che richiedono di essere affrontate sinergicamente e risolte con molteplici soluzioni concertate”. Sottolinea che obiettivo dell’incontro non è solo di “riflettere su contenuti importanti, ma anche di spronare all’azione giusta e creatrice di un autentico modello di sviluppo integrale dell’essere umano”. Ribadisce poi quanto posto all’attenzione dai diversi relatori nel corso della mattinata sottolineando come “la drammatica situazione di crisi alimentare" che stiamo vivendo oggi a livello globale "rischia di divenire ancora più triste di fronte all’ondata speculativa sui generi di prima necessità e sugli alimenti”. Ricorda che la sacralità del cibo ci porta a considerare la sacralità della persona immagine di Dio. “È arrivato il tempo dell’agire – conclude monsignor Arellano -, del prenderci per mano in unità di pensieri, affinché nel mondo regni la giustizia e la carità, che il Papa continua a richiamare come l’autentico motore che sarà trainante per una ‘civiltà dell’amore’”.
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