Sinodo, nel Documento della fase continentale la voce degli ultimi e degli “esclusi”
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
Ci sono i poveri e gli indigeni, le famiglie, i divorziati risposati e i genitori single, le persone Lgbtq e le donne che si sentono “escluse”. Ci sono le vittime di abusi o di tratta o di razzismo. I sacerdoti, gli ex sacerdoti e i laici, i cristiani e i ‘lontani’ dalla Chiesa, coloro che auspicano riforme su sacerdozio e ruolo femminile, e quelli che “non si sentono a proprio agio a seguito degli sviluppi liturgici del Concilio Vaticano II”. C’è chi vive in Paesi di martirio, chi ha a che fare quotidianamente con violenze e conflitti, chi combatte contro stregonerie e tribalismi. C’è insomma l’umanità intera, con le sue ferite e paure, con le sue imperfezioni e le sue istanze, dentro le circa 45 pagine che compongono il Documento per la tappa continentale.
Le sintesi delle Chiese del mondo
Si tratta del Documento che servirà come base dei lavori per la seconda tappa del percorso sinodale lanciato da Papa Francesco nell’ottobre 2021 con la consultazione del popolo di Dio. Proprio durante questa prima fase, i fedeli – e non solo - di ogni diocesi di ogni angolo del globo sono stati coinvolti in un processo di “ascolto e discernimento”. E i risultati di riunioni, convocazioni, dialoghi e iniziative innovative – su tutti, quella dei Sinodi digitali – sono confluiti in sintesi inviate alla Segreteria generale del Sinodo, ora raccolte tutte in un unico documento: il “Documento per la tappa continentale”, appunto.
Un "quadro di riferimento"
Sviluppato simultaneamente in due lingue (italiano e inglese), il testo – spiega il Dicastero – “intende permettere il dialogo tra Chiese locali e tra Chiesa locale con la Chiesa Universale”. Non un riassunto, non un documento magisteriale, dunque, né una mera cronaca delle esperienze locali, tantomeno “un’analisi sociologica o una roadmap con traguardi o obiettivi da raggiungere”: “È un documento di lavoro che cerca di far emergere le voci del Popolo di Dio, con le loro intuizioni, i loro interrogativi, i loro disaccordi”. Gli esperti che tra fine settembre e inizio ottobre si sono incontrati a Frascati per redigere il testo parlano di “un quadro di riferimento” per le Chiese locali e le Conferenze episcopali in vista della terza e ultima tappa, quella universale, con l’Assemblea dei vescovi celebrata a Roma nell’ottobre 2023 e, di nuovo, nel 2024, come recentemente annunciato dal Papa.
Nessuno escluso
Nel dettaglio, il Documento rileva “una serie di tensioni” che il percorso sinodale ha fatto emergere: niente di cui aver paura, ma qualcosa da articolare per “sfruttarle come fonte di energia senza che diventino distruttive”. La prima è “l’ascolto come apertura all’accoglienza a partire da un desiderio di inclusione radicale”. “Nessuno escluso” è infatti uno dei concetti chiave del testo.
Le sintesi mostrano infatti che molte comunità hanno compreso la sinodalità come “invito a mettersi in ascolto di coloro che si sentono esiliati dalla Chiesa”. Sono tanti e sono diversi a sentirsi “denigrati, trascurati, incompresi”, in primis “donne e giovani che non sentono riconosciuti i propri doni e le proprie capacità”. L’essere seriamente ascoltati è stata pertanto una esperienza “trasformativa”.
Ex sacerdoti
Tra coloro che chiedono un dialogo più incisivo e uno spazio più accogliente ci sono, ad esempio, gli ex preti che hanno lasciato il ministero per sposarsi. Nel Documento si segnala "l'importanza di prevedere forme di accoglienza e protezione per le donne e gli eventuali figli di sacerdoti venuti meno al voto di celibato, che altrimenti sono a rischio di subire gravi ingiustizie e discriminazioni".
L'accoglienza alle persone omosessuali
Chiedono accoglienza soprattutto coloro che “per diverse ragioni avvertono una tensione tra l’appartenenza alla Chiesa e le proprie relazioni affettive”. Quindi divorziati risposati, genitori single, persone che vivono in un matrimonio poligamico, persone Lgbtq. “La gente chiede che la Chiesa sia un rifugio per chi è ferito e piegato, non un’istituzione per i perfetti”, si legge in un contributo proveniente dagli Usa. Mentre dal Lesotho arriva la richiesta discernimento da parte della Chiesa universale: “C’è un nuovo fenomeno nella Chiesa che è una novità assoluta in Lesotho: le relazioni tra persone dello stesso sesso. Questa novità rappresenta un motivo di turbamento per i cattolici e per quanti le considerano un peccato. Sorprendentemente ci sono cattolici in Lesotho che hanno cominciato a praticare questo comportamento e si aspettano che la Chiesa accolga loro e il loro modo di comportarsi. Si tratta di una sfida problematica per la Chiesa, perché queste persone si sentono escluse”.
Punti in comune e divergenze
Nonostante le differenze culturali, si notano somiglianze sostanziali tra i vari continenti riguardo a coloro che sono percepiti come “esclusi” nella società e nella comunità cristiana. D’altra parte, si riscontra un pluralismo di posizioni anche all’interno dello stesso continente o di uno stesso Paese. “Temi come l’insegnamento della Chiesa sull’aborto, la contraccezione, l’ordinazione delle donne, i preti sposati, il celibato, il divorzio e il passaggio a nuove nozze, la possibilità di accostarsi alla comunione, l’omosessualità, le persone Lgbtqia+ sono stati sollevati in tutte le Diocesi, sia rurali sia urbane. Sono emersi punti di vista differenti e non è possibile formulare una posizione definitiva della comunità su nessuna di queste tematiche”, affermano dal Sud Africa.
La voce dei poveri
Numerose sintesi esprimono rammarico e preoccupazione perché non sempre e non dovunque la Chiesa è riuscita a “raggiungere efficacemente i poveri delle periferie e dei luoghi più remoti”. Poveri intesi non solo come indigenti, ma anche anziani soli, indigeni, migranti, bambini di strada, alcolizzati e drogati, vittime di tratta, sopravvissuti ad abusi, carcerati, gruppi che patiscono discriminazione e violenza per razza, etnia, genere, sessualità. La loro voce appare il più delle volte perché riportata da altri. E quando appaiono nelle sintesi, questi volti e nomi “invocano solidarietà, dialogo, accompagnamento e accoglienza”
La crisi degli abusi
Molte Chiese locali riferiscono di trovarsi di fronte a un contesto culturale segnato dal declino di credibilità e fiducia a causa della crisi degli abusi di membri del clero. “Una ferita aperta, che continua a infliggere dolore alle vittime e ai superstiti, alle loro famiglie e alle loro comunità”, si legge nel Documento, che cita un contributo dall’Australia che afferma: “Si è avvertita la forte urgenza di riconoscere l’orrore e il male causato, e di accrescere gli sforzi per tutelare le persone vulnerabili, riparare il danno perpetrato all’autorità morale della Chiesa e ricostruire la fiducia”. Un’attenta e dolorosa riflessione sul male degli abusi ha portato molti gruppi sinodali a chiedere “un cambiamento culturale” della Chiesa, in vista di una maggiore trasparenza e responsabilità.
Partecipazione e riconoscimento delle donne
L’appello a “una conversione della cultura” della Chiesa è legato alla possibilità di instaurare “nuove pratiche, strutture e abitudini”. Ciò riguarda anzitutto il ruolo delle donne e la loro vocazione “a partecipare alla vita della Chiesa in pienezza”. È un punto critico presente, in diverse forme, in tutti i contesti culturali e riguarda la partecipazione e il riconoscimento delle laiche come delle religiose. Da ogni continente arriva infatti l’appello affinché “le donne cattoliche siano valorizzate innanzi tutto come battezzate e membri del Popolo di Dio con pari dignità”. Quasi unanime l’affermazione che molte donne “provano tristezza perché spesso la loro vita non è ben compresa” e “il loro contributo e i loro carismi non sono sempre valorizzati”. La sintesi della Terra Santa è indicativa in tal senso: “In una Chiesa in cui quasi tutti coloro che prendono le decisioni sono uomini, ci sono pochi spazi in cui le donne possono far udire la propria voce. Eppure costituiscono la spina dorsale delle comunità ecclesiali, sia perché rappresentano la maggioranza dei praticanti, sia perché sono tra i membri della Chiesa più attivi”.
La richiesta concreta è quella di un "ruolo attivo delle donne nelle strutture di governo degli organismi ecclesiali, possibilità per le donne con adeguata formazione di predicare in ambito parrocchiale, diaconato femminile". Posizioni assai più diversificate vengono espresse a proposito dell’ordinazione presbiterale per le donne: alcune sintesi la "auspicano", altre la considerano "una questione chiusa”.
Due le sfide correlate che la Chiesa si trova ad affrontare: “Le donne rimangono la maggioranza di coloro che frequentano la liturgia e partecipano alle attività, gli uomini una minoranza; eppure la maggior parte dei ruoli decisionali e di governo sono ricoperti da uomini. È chiaro che la Chiesa deve trovare il modo di attirare gli uomini a un’appartenenza più attiva alla Chiesa e di permettere alle donne di partecipare più pienamente a tutti i livelli della vita della Chiesa”.
Discriminazione delle persone disabili
Di scarsa partecipazione e riconoscimento parlano anche le persone disabili: “Le forme di discriminazione elencate – la mancanza di ascolto, la violazione del diritto di scegliere dove e con chi vivere, il diniego dei Sacramenti, l’accusa di stregoneria, gli abusi – ed altre, descrivono la cultura dello scarto nei confronti delle persone con disabilità. Esse non nascono per caso, ma hanno in comune la stessa radice: l’idea che la vita delle persone con disabilità valga meno delle altre”.
Le testimonianze di persecuzione e martirio
Spicca nel Documento la testimonianza di fede vissuta fino al martirio di alcuni Paesi, dove i cristiani, soprattutto giovani, devono affrontare “la sfida di una sistematica conversione forzata ad altre religioni”. Molte le sintesi che sottolineano “l’insicurezza e la violenza con cui devono misurarsi le minoranze cristiane perseguitate”. Si parla di fanatismi, massacri o anche – afferma la Chiesa maronita – “forme di incitamento settario ed etnico” degenerate in conflitti armati e politici, che rendono particolarmente dolorose le vite di tanti fedeli nel mondo. Anche in queste “situazioni di fragilità”, tuttavia, le comunità cristiane “hanno saputo cogliere l’invito loro rivolto a costruire esperienze di sinodalità e a riflettere su che cosa significhi camminare insieme”.
Difesa della vita "fragile"
Ugualmente risalta l’impegno del popolo di Dio per la difesa della vita fragile e minacciata in tutte le sue fasi. Ad esempio, per la Chiesa greco-cattolica ucraina, fa parte della sinodalità “prestare particolare attenzione alle donne che decidono di abortire a causa della paura della povertà materiale e del rifiuto da parte delle famiglie in Ucraina; promuovere un’opera educativa tra le donne che sono chiamate a compiere una scelta responsabile quando si trovano ad attraversare un momento difficile della loro vita, con lo scopo di preservare e proteggere la vita dei nascituri e prevenire il ricorso all’aborto”.
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