Il cardinale Stella a Cuba a 25 anni dalla visita di Papa Wojtyla
Alessandro De Carolis - Città del Vaticano
La storia durò 5 giorni e rimase Storia. Il 21 gennaio del ’98 Giovanni Paolo II sbarca a L’Avana, l’isola della rivoluzione di Fidel Castro dove il Papa che aveva dato una spallata al Muro di Berlino vuole portare la rivoluzione del Vangelo. E questo accadde, ricorda a distanza di 25 anni da quelle giornate il cardinale Beniamino Stella che da una settimana si trova a Cuba per un anniversario che all'epoca lo vide protagonista, in veste di nunzio apostolico, accanto a Papa Wojtyla.
La fede nelle piazze
Nella prima Messa celebrata il 24 gennaio nella cattedrale de L’Avana, il porporato ha sottolineato l’eredità di quel passaggio. “Con uno sguardo retrospettivo, che è fondamentalmente uno sguardo di fede, riconosciamo - ha affermato - la presenza di San Giovanni Paolo II come un momento di grazia e di benedizione per questa nazione, per tutti i suoi figli e figlie”. I cubani, ha detto, “hanno potuto fare una pubblica professione di fede nelle strade e nelle piazze”, permettendo a molti di riscoprire le loro radici cristiane e riscoprire “la Chiesa come una realtà che faceva parte della vita nazionale, al servizio di tutti, senza esclusioni”.
Il miracolo delle mani vuote
Dopo la celebrazione eucaristica iniziale, per il cardinale Stella - accolto al suo arrivo dal presidente Miguel Díaz Canel - è cominciato un giro sistematico delle comunità ecclesiali locali. Oltre a vari incontri, il prefetto emerito della Congregazione per il Clero, che a Cuba rimase come nunzio apostolico dal ’92 al ’99, ha presieduto una Messa al giorno in vari santuari e chiese dell’isola, passando di diocesi in diocesi. Ieri in particolare è stata la volta della cattedrale di Matanzas, appena rinnovata. Soffermandosi sulle Beatitudini, tema centrale del Vangelo domenicale, il porporato ha messo in luce il valore del discorso di Gesù, intreccio di umiltà e amore. “So - ha detto - che vi vivete come una Chiesa povera, piccola e vulnerabile”, ma io stesso quando ero nunzio apostolico - ha soggiunto - “sentivo spesso il mio amico monsignor Adolfo Rodriguez dire che la Chiesa a Cuba non poteva lamentarsi del suo Signore e lamentarsi del fatto che non le avesse dato nulla, perché Dio le aveva concesso quello che diceva Bernanos: il miracolo delle mani vuote, che sono le mani capaci di dare anche quello che non hanno”.
Un miracolo, ha concluso, testimoniato durante gli anni della pandemia e anche, ha ricordato, nell’incendio scoppiato lo scorso agosto alla periferia della città tra le supercisterne di un deposito di carburante. Alle vittime di questa tragedia e a quelle del Covid è stata dedicata la liturgia eucaristica.
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