Il direttore dell’AIEA: "Rafforzare l’impegno per un mondo senza armi nucleari"
di Valerio Palombaro
Papa Francesco ha ricevuto questa mattina il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, in visita in Vaticano dove ha avuto colloqui anche con il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, e con il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, arcivescovo Paul Richard Gallagher. In un’intervista ai media vaticani, Grossi ha sottolineato l’esigenza di trovare soluzioni multilaterali alle crisi internazionali e di evitare un’escalation nucleare. In particolare, si è soffermato sulla delicata situazione nella centrale nucleare di Zaporizhzhia, annunciando che presto si recherà in Ucraina, per la quinta volta dall’inizio del conflitto.
Papa Francesco ha denunciato con forza la gravità della minaccia nucleare che oggi incombe sull’umanità. Quali sono i suoi sentimenti riguardo a questa minaccia?
Ho incontrato Papa Francesco perché la sua voce, il suo messaggio su queste minacce in questo momento difficile - con un’agenda internazionale complessa - mi pare indispensabile. Il lavoro dell’Aiea è diventato urgente: è un lavoro non solamente dedicato alla questione dell’Ucraina. Ci sono anche l’Iran e la Corea del Nord. In questo momento è chiaro che la messa in sicurezza degli impianti nucleari in Ucraina è diventata urgente, indispensabile. Naturalmente, per quanto riguarda la situazione attuale, è sempre precaria, sempre fragile: i bombardamenti attorno e a volte sulla centrale di Zaporizhzhia continuano. Dopo la mia visita nel mese di settembre scorso ho potuto stabilire una presenza continua dell’Agenzia a Zaporizhzhia: in questo momento il mio impegno è arrivare a un accordo politico tra Mosca e Kyiv, per assicurare una zona di protezione e di sicurezza nucleare attorno alla centrale.
Il Papa ha espresso più volte il sostegno ad un approccio multilaterale nelle principali crisi internazionali: quanto conta questo sostegno della Santa Sede ?
È fondamentale! Il sostegno della Santa Sede è fondamentale perché sottolinea l’importanza sul piano della pace, con una voce universale come lo è la voce del Santo Padre, e in particolare in questo conflitto in Ucraina che è un conflitto in Europa ma è un conflitto che sta coinvolgendo anche cristiani nel mondo. Ascoltare la voce del Santo Padre è indispensabile: è per quello che il direttore generale dell’Agenzia – non solamente perché è cattolico – si ritrova in questa guida spirituale del Santo Padre, ma anche per la forza reale nel mondo di questa voce in questo momento di guerra.
Lei ha menzionato l’impianto nucleare di Zaporizhzhia e la possibilità che si crei questa zona di sicurezza. Tra l’altro, lei ha visitato l’Ucraina. Quali sono le aspettative riguardo a questa possibilità di creare una zona di sicurezza?
Evidentemente, non è un negoziato facile perché è un tema che coinvolge aspetti tecnici e anche politici e militari. Ho detto ieri, qui a Roma: il tavolo dei negoziati è diventato più grande. Non parlo solo con i diplomatici, con i responsabili politici, ma anche con i militari: generali, colonnelli, gente che ha obiettivi militari in una zona di combattimento attivo. E questo devo anche farlo capire alla comunità internazionale, perché per le forze militari di due Paesi nemici – in questo momento – questa zona è una zona di intensa attività militare. La mia sfida è di arrivare a un punto in cui ci sia una santuarizzazione – per così dire, con un neologismo – della centrale che sia vista non come un problema ma come una soluzione alle eventuali conseguenze più gravi: infatti, è chiaro che un incidente nucleare avrebbe conseguenze non limitate a uno dei due Stati in guerra, ma a uno spazio geografico maggiore e forse all’Europa intera. E per questo c’è l’insistenza dell’Agenzia e mia personale. Dunque, in questo momento si parla molto di aspetti territoriali, perimetrali che sono le preoccupazioni dei militari delle due parti. Ho fatto progressi. La settimana prossima sarò ancora una volta in Ucraina, la quinta volta dopo l’inizio del conflitto, per continuare questo round di negoziati, dopo non è confermato ma credo che sia possibile andare anche in Russia.
Il Papa, parlando alcuni giorni fa al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, ha espresso preoccupazione per lo stallo riguardo all’accordo sul nucleare iraniano. Ci sono possibilità di progressi su questo?
Il Papa ha ragione: c’è una impasse, il negoziato si è visto interrotto, ci sono molte riunioni e scambi ed è per quello che l’Agenzia – e io personalmente – non vogliamo lasciare questo vuoto politico intorno a una questione tanto volatile e pericolosa. Ci sono due vie parallele: quella dell’accordo complessivo, il cosiddetto JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action), e anche il negoziato bilaterale tra l’Agenzia e l’Iran. Non abbiamo potuto fare progressi. L’Iran, allo stesso tempo, parallelamente fa passi in avanti, progressi nel processo di arricchimento dell’uranio, sviluppo e costruzione di centrifughe sempre più avanzate. Questo è veramente preoccupante perché naturalmente sono passi verso la proliferazione, mentre noi dobbiamo evitarlo. Spero di potere andare a Teheran. Io sempre dico che l’Agenzia è luogo di accordo, uno spazio, una piattaforma di comprensione mutua. Quindi sono pronto a viaggiare e a ricominciare, se possibile, al più presto.
Papa Francesco ha ripetutamente denunciato l’immoralità non solamente dell’utilizzo delle armi nucleari, ma anche del possesso. Cosa può fare l’Agenzia internazionale da lei guidata per promuovere un uso esclusivamente pacifico del nucleare?
L’uso esclusivamente pacifico del nucleare è importante, soprattutto in questo momento quando un’altra crisi, quella del cambiamento climatico, ha colpito l’umanità. È chiaro che c’è – non dirò una riscoperta, ma un’attenzione molto più intensa sulla capacità dell’energia nucleare di fornire una soluzione pulita, senza emissione di carbonio, per l’economia globale. Si vede nell’Europa dell’Est, si vede in Cina, si vede nell’Asia del Sud emergente, un po’ ovunque si vede questo. Allo stesso tempo, come lei dice giustamente, il problema del possesso delle armi nucleari è sempre lì. Naturalmente dobbiamo – e io come direttore dell’Agenzia devo – riconoscere che questo è un processo graduale e che ora l’obbligo del momento è evitare che sempre più Paesi cerchino l’arma nucleare, soprattutto in un contesto internazionale di tensione. I Paesi, tanti hanno l’idea – e questa è un’idea assolutamente non corretta – di pensare che forse in questo momento si deve ripensare la possibilità dello sviluppo nazionale delle armi nucleari. È a questo che l’Agenzia deve dire “no”: abbiamo già una situazione internazionale difficile e non dobbiamo renderla più difficile ancora. Se c’è una cosa che è chiara – il Santo Padre, la Chiesa l’hanno detto – è che l’arma nucleare non dà sicurezza: è il contrario. È il contrario! E questo si deve dire. Dobbiamo avere la pazienza e la capacità di convincere gli Stati, e questo non è facile.
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