94 anni fa la storica firma dei Patti Lateranensi
L'Osservatore Romano
La celebrazione dei Patti Lateranensi, nell’anniversario della loro sottoscrizione, non costituisce solamente l’occasione per serbare memoria storica di un avvenimento che ha rappresentato una svolta nelle relazioni tra lo Stato e la Chiesa in Italia. Sollecita anche una riflessione sull’assetto istituzionale delineato dai Patti nel 1929 e sulla evoluzione e attualità di quel modello. La qualificazione di quell’evento come Conciliazione, termine adottato successivamente per denominare la via che apre senza alcuna barriera la città di Roma verso la basilica di San Pietro e la Città del Vaticano, sottolinea che con il Trattato Lateranense e con il Concordato è stato definitivamente superato e sanato il dissidio tra lo Stato nazionale e la Santa Sede, dando una soluzione concordata alla Questione romana, sorta con l’annessione di Roma al Regno d’Italia. Ne è derivato un assetto radicato nel diritto internazionale e idoneo a fornire alla Santa Sede le garanzie di “assoluta e visibile indipendenza” necessarie, come enuncia il Trattato, “per l’adempimento della Sua alta missione nel mondo”. Queste finalità sono alla base della costituzione e del riconoscimento dello “Stato della Città del Vaticano sotto la Sovranità del Sommo Pontefice”, unitamente alle altre garanzie e immunità personali e reali che il Trattato lateranense assicura. “Una minuscola sovranità temporale, quasi più simbolica che effettiva, Ci qualifica (…) liberi e indipendenti”, dirà Paolo VI nella storica visita in Campidoglio del 16 marzo 1966, la prima di un Papa dopo Pio IX. Alla costituzione dello Stato della Città del Vaticano ed alla sovranità territoriale si unisce il riconoscimento, anch’esso dichiarato nel Trattato, della “sovranità della Santa Sede in campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione nel mondo”.
Il contesto storico
Il contesto istituzionale delineato dal Trattato Lateranense ha contribuito a rafforzare, nel tempo, la presenza della Santa Sede in ambito internazionale, preservandone e rendendone manifesta l’indipendenza, agevolando i rapporti con gli Stati, anche a sostegno delle Chiese locali, e ne ha consentito l’indiscussa presenza in Organizzazioni e conferenze internazionali, con la finalità di adempiere in ogni contesto la sua missione di evangelizzazione, con una autorevolezza e un ascolto rafforzati dall’assenza di interessi temporali. Il Concordato Lateranense, qualificato nel suo preambolo come “necessario completamento del Trattato” e “inteso a regolare la condizione della Religione e della Chiesa in Italia”, è piuttosto legato alla situazione del tempo ed al contesto di uno Stato autoritario. Al riconoscimento delle libertà ecclesiastiche, quali il libero e pubblico esercizio del culto e della giurisdizione in materia ecclesiastica, e alla concessione di qualche privilegio si è accompagnato qualche cedimento a controlli dello Stato. Nel complesso il Concordato ha consentito di salvaguardare spazi di libertà in un regime a vocazione totalitaria, in particolare nella educazione dei giovani e per le associazioni cattoliche, nelle quali si è formata culturalmente una generazione destinata poi ad assumere un ruolo determinante nella costruzione e nella guida delle istituzioni democratiche.
La cornice dei Patti Lateranensi
La Costituzione repubblicana ha disancorato i Patti Lateranensi dal contesto politico e istituzionale nel quale erano stati stipulati e li ha innestati nel nuovo ordinamento democratico al più elevato livello delle fonti. Il riconoscimento della reciproca indipendenza e sovranità dello Stato e della Chiesa, nella distinzione dei rispettivi ordini, è la premessa e la cornice per l’affermazione che i loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi, come pure per l’apertura alle modificazioni dei Patti che le Parti avessero convenuto. È singolare la consonanza non solo sostanziale tra la formula dell’articolo 7 della Costituzione italiana e il paragrafo 76 della Costituzione pastorale Gaudium et Spes, per il quale “la comunità politica e la Chiesa sono indipendenti e autonomi l’uno dall’altra nel proprio campo”. Come pure l’affermazione, nello stesso paragrafo conciliare, che la Chiesa “non pone la sua speranza nei privilegi offerti dall’autorità civile”, prefigurando apertamente la rinuncia “all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti ove constasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza o altre circostanze esigessero altre disposizioni”.
Revisione del Concordato
Su queste premesse si è aperto il percorso della revisione del Concordato mediante un nuovo Accordo tra le Parti, come prefigura e consente la Costituzione, per dare nuova sostanza alla reciproca collaborazione nel rispetto dell’indipendenza e sovranità dello Stato e della Chiesa nei rispettivi ordini. La sottoscrizione, nel 1984, dell’Accordo che apporta modificazioni al Concordato Lateranense, nella sostanza sostituendone pressoché integralmente il testo, delinea un nuovo assetto nelle relazioni tra lo Stato e la Chiesa. Il Protocollo che riforma la stratificata disciplina degli enti e beni ecclesiastici e del sostentamento del clero in servizio nelle diocesi, integra e concorre a comporre il quadro concordatario, e apporta profonde innovazioni in coerenza con i principi costituzionali e adeguate alla riforma postconciliare del codice di diritto canonico. Queste pur sommarie osservazioni mostrano la perdurante attualità dei Patti Lateranensi, nel loro contenuto stabile ed essenziale, per quanto riguarda il Trattato destinato ad assicurare l’assoluta indipendenza della Santa Sede nel contesto internazionale, nella capacità di adattamento mediante nuovi accordi rispondenti alle mutate situazioni; per quanto riguarda il Concordato, orientato a promuovere nelle relazioni tra Stato e Chiesa la “reciproca collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene del Paese”.
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