Sinodo, l'esperienza della Commissione: "verbalizzare" la voce dello Spirito
Adriana Masotti - Città del Vaticano
È stata istituita mercoledì 15 marzo la Commissione preparatoria all’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi: sette i componenti di provenienze e qualifiche diverse. Insieme dovranno raccogliere e discernere, nell'ascolto reciproco, tutto il materiale che sarà inviato entro marzo alla Segreteria generale del Sinodo, frutto delle Assemblee continentali che vedono ancora impegnata l'America Latina. La Commissione è stata ricevuta in udienza nella mattinata di giovedì da Papa Francesco.
Don Vitali: dal diritto di parola al dovere dell'ascolto
Tra i sette membri nominati dal cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo che presiede la Commissione, c'è anche don Dario Vitali, sacerdote della diocesi di Velletri-Segni, professore ordinario presso la Facoltà di Teologia Dogmatica della Pontificia Università Gregoriana e presso l’Istituto Teologico Leoniano di Anagni, nonché consultore del Dicastero per la Dottrina della Fede e di quello per il Clero. Al microfono dei media vaticani, don Vitali parla del ruolo della Commissione e della centralità della dimensione dell'ascolto nel percorso sinodale perchè sia lo Spirito Santo a parlare alla Chiesa.
Don Dario Vitali, qual è il compito che è stato affidato alla Commissione per la XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi?
La funzione della Commissione è una funzione preparatoria all'Assemblea che è questo grande evento ecclesiale che manifesta un secondo momento del Sinodo, che fino a questo punto si è svolto nelle Chiese particolari, cioè a livello di Conferenze episcopali nazionali, e poi nelle Assemblee continentali che stanno terminando proprio in questo periodo. Ora il compito in questa fase preparatoria è esattamente quello di raccogliere tutto questo processo e tutti i risultati di questo processo, per preparare l'Instrumentum laboris che verrà affidato all'Assemblea dei vescovi, a Roma, che è quella specifica che esprime il carattere universale della Chiesa.
Come vi organizzerete per il lavoro? Ci sarà una divisione di compiti o lavorerete insieme?
In realtà noi lavoriamo insieme in stile sinodale, perché le figure dei membri della Commissione sono state scelte per garantire una certa varietà, di provenienza e di competenze. E sulla base di questo poi si dialoga, ci si confronta, si decide insieme. Perché chiaramente l'esperienza sinodale ci ha insegnato anche un metodo e questo metodo s'intende rispettarlo fino in fondo attraverso proprio questo processo di ascolto. Se la sinodalità ha come fondamento l'ascolto e ascoltandosi gli uni gli altri si ascolta lo Spirito e si comprende come e dove lo Spirito vuole condurre la Chiesa, è evidente che noi possiamo e dobbiamo essere i primi a mettere in atto questo metodo dell'ascolto.
Il vostro è un lavoro di raccolta, ma qualcuno potrebbe temere che possa essere anche un lavoro di filtro...
Se qualcuno ha questa paura dovrebbe provare a pensare che il cammino della Chiesa in ascolto dello Spirito parte esattamente da un atto di docilità e di obbedienza. E l'obbedienza allo Spirito dovrebbe escludere ogni pretesa di filtrare quello che lo Spirito dice. Tutto il processo sinodale è fondato su questo, sulla consultazione del popolo di Dio, perché nel popolo di Dio c'è la profezia. Qualcuno dirà: ma questa è una follia, un'eresia! E invece questa è l'affermazione fondamentale che ci offre il Concilio Vaticano II quando, nel secondo capitolo della Lumen gentium, ci dice che il popolo santo di Dio partecipa alla funzione profetica di Cristo e tutta la Tradizione, non solo quella del primo millennio, ma anche quella del secondo millennio quando la Chiesa era più gerarchica, ci dice che c'è un singolare sentire insieme, concorde, straordinario, determinato dallo Spirito, dei fedeli e dei Pastori che non può sbagliarsi nel credere. Allora si comincia da lì, dall'ascolto di tutti in quanto figli di Dio, battezzati che hanno ricevuto lo Spirito e si prova, attraverso il processo del discernimento, a vedere quello che lo Spirito ci dice. Quello che noi ci diciamo è che vorremmo essere dei "verbalizzatori", vorremmo cioè offrire davvero un verbale di quello che lo Spirito dice alla Chiesa attraverso le varie fasi del processo sinodale. Questa è la nostra intenzione.
Lei è un teologo: c'è un contributo particolare che è richiesto ai teologi in questo processo sinodale e che verrà richiesto anche in questo lavoro della Commissione?
Certamente, perché la teologia è intelligenza della fede. Qual è il compito della teologia? Dare una forma compiuta e coerente a quella che è la fede e l'obbedienza della fede. Naturalmente, in questa prospettiva il rischio potrebbe essere che si pensi una sinodalità a partire dalla teologia, quindi dai grandi sistemi, e poi la si traduca all'interno di quelle che sono le strutture e i percorsi della Chiesa attraverso un qualche cosa che finirebbe per essere ideologico. In realtà - e io posso dare la mia testimonianza - quello che uno prova a pensare come teologo, rispettando le indicazioni che ci arrivano dalla Tradizione e dalla vita della Chiesa, io lo vedo realizzato nel dinamismo che lo Spirito mette in atto nella Chiesa. Quindi essere anche da questo punto di vista un certo "verbalizzatore" della meraviglia che il Signore sta compiendo attraverso questa apertura sulla dimensione sinodale della Chiesa, credo sia un'esperienza straordinaria. Lo dico stando all'interno di questo percorso sinodale dove c'è anche il compito dei teologi, ma non sono i teologi a fare il percorso sinodale, ma è il percorso sinodale a far comprendere ai teologi come dovrebbe essere la Chiesa e come può camminare la Chiesa sotto la luce dello Spirito.
Si è detto che la sinodalità, lo stile sinodale, non è una novità che si aggiunge alla Chiesa, ma che è un tornare alle origini: in un certo qual modo è tornare a come viveva la Chiesa nel primo millennio. Quindi non è una novità, ma c'è anche tanto da riscoprire e da sperimentare...
È vero che non è una novità, ma contemporaneamente è una novità, una cosa tanto antica e tanto nuova. Tanto antica perchè si rifà alla Chiesa del primo millennio, perché quello che interviene nella vita della Chiesa di allora è esattamente il principio di unità che deve salvaguardare la stessa esistenza della Chiesa. Lei pensi al primo millennio: c'è una esplosione, io parlo del Big Bang della predicazione apostolica, questi apostoli partono e prendono le vie consolari dell'Impero e arrivano per predicare il Vangelo. E dove predicano nasce la Chiesa. Queste Chiese in realtà non hanno una struttura di relazione tra di loro. Ma quando ci sono problemi comuni cominciano a mettersi in relazione e in questa maniera sono le Chiese che trovano un cammino condiviso attraverso il loro principio d'unità che il vescovo, ad esempio, e poi si arriva al Concilio che è la forma, potremmo dire, istituzionale della sinodalità. Nel secondo millennio si riflette ancora sul principio di unità e il Concilio Vaticano II raccoglie tutto questo e ce lo ri-offre esattamente in questo cammino di Chiesa che è fatto nelle Chiese particolari che sono in comunione tra di loro, perché il Papa è il principio di unità del Collegio dei vescovi che sono coloro che reggono le Chiese. Ecco, la sinodalità che adesso emerge è il frutto maturo di quella visione di Chiesa dove viene recuperata la funzione attiva del popolo di Dio, che passa attraverso la consultazione nelle Chiese particolari e, attraverso il discernimento dei pastori, è tutto un popolo che cammina insieme nella storia, ciascuno nei luoghi dove si trova, ascoltando lo Spirito che guida. Se lo Spirito c'è, lo Spirito parla, e se lo Spirito parla, bisogna ascoltarlo. Come si ascolta? Sinodalmente ed ecco qui la Chiesa che si mette in cammino verso il Regno, riconoscendo le vie che lo Spirito le indica.
Voi membri della Commissione avete avuto la possibilità di incontrare Papa Francesco giovedì mattina. C'è una parola in particolare, un augurio o una raccomandazione che il Papa vi ha rivolto?
Sì, quella di credere nello Spirito e di fidarsi dello Spirito, perché la sinodalità dipende dallo Spirito. E' interessante questo perché molte descrizioni della sinodalità partono da questa idea, che si tratti di qualcosa di complicato, di una prassi, di una metodologia. No, anzitutto si tratta di un ascolto. Certo, bisogna imparare ad ascoltare lo Spirito, bisogna disporsi in una dimensione di ascolto che non è anzitutto diritto di parola, ma è dovere di ascolto. Perché se io esercito il mio diritto di parola affermando ma non ascoltando gli altri, in realtà io sto imponendo un'opinione invece di permettere che, attraverso l'armonia delle voci di ciascuno, lo Spirito possa comporre il suo discorso quasi come uno splendido mosaico. Il Papa crede tanto a questo.
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