Spei Satelles, il messaggio di speranza del Papa in piena pandemia vola nello spazio
Maria Milvia Morciano e Andrea De Angelis - Città del Vaticano
Messaggi di speranza per tutta l’umanità, mandati in missione in orbita nell’immensità dello spazio. E questi messaggi sono racchiusi in oggetti immensamente piccoli: un nanolibro a sua volta spedito con un nanosatellite. Nel terzo anniversario della Statio Orbis, è nata la missione spaziale “Spei Satelles”, da un’idea di monsignor Lucio Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione, in collaborazione con l’Agenzia Spaziale italiana, il Politecnico di Torino, l’Istituto di Fotonica e nanotecnologie del CNR e ancora l’Apostolato digitale di Torino. Missione che troverà il suo compimento il prossimo 10 giugno, con il lancio nello spazio. Pochi giorni prima, mercoledì 29 maggio, Papa Francesco benedirà il satellite e il nanobook al termine dell’udienza generale.
Tre anni fa, proprio il 27 marzo, Papa Francesco fermava con la potenza della preghiera il tempo e lo spazio sospesi nell’angoscia. Era solo sul sagrato di San Pietro nella sera livida e fredda di pioggia, di fronte a due immagini sacre molto amate dai romani: la Salus Populi Romani e il Crocifisso di San Marcello. Tra le mani il Santissimo Sacramento per benedire l’umanità dolente. La pandemia sembrava voler inghiottire tutti, e su tutto risuonavano le parole di Gesù, ripetute dal Papa: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”.
Un libro nella banca mondiale dei semi
Ed è proprio questo il titolo del libro pubblicato l’anno successivo, nel 2021, dalla Libreria Editrice Vaticana e curato da monsignor Ruiz, a ricordo di quel momento irripetibile, con le parole pronunciate dal Papa e le riflessioni che ne sono scaturite. Quel momento di preghiera universale non si era esaurito con il tempo e le contingenze, ma era cresciuto come un seme messo a dimora. Aveva radicato e presto ha cominciato a dare frutti. Nell’anno ancora successivo la pubblicazione è stata depositata nella banca mondiale dei semi, nello Svalbard Seed Vault nell’arcipelago artico delle isole Svalbard a circa 1200 km dal Polo Nord.
Custode di speranza
Infine, la missione spaziale “Spei satelles” il cui nome, tradotto dal latino, mostra la potenza del suo significato: “Custode di speranza”, ha fatto notare monsignor Ruiz, nella conferenza stampa di presentazione in Sala Marconi. “Con un razzo che partirà dalla base di Vandemberg in California, metteremo in orbita un piccolo satellite che porterà il libro in un formato di nanobook”, ha annunciato.
Un piccolo segno di unità e speranza in un mondo diviso
Intervenendo in conferenza stampa, Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero della Comunicazione, ha osservato come sia “significativo che in un cambiamento di epoca quale è quello che stiamo vivendo, si riunisca oggi qui una comunità composta da scienziati, ricercatori, accademici e comunicatori. Per raccontare un lavoro fatto insieme e presentare un piccolo segno di unità e di speranza in un mondo così diviso e disperato”. Volgendo lo sguardo ai tempi che stiamo vivendo oggi, Ruffini ha ribadito l’importanza che ciò avvenga “in un giorno a sua volta emblematico della nostra storia recente, che tre anni fa sembrava quasi giunta ad un capolinea, uno stop imprevisto e cupo. E che oggi si dibatte nel vicolo apparentemente cieco di una guerra di cui non si vede la fine”. “Essere qui oggi significa poi anche dimostrare nel concreto la possibilità di una collaborazione fra donne e uomini di scienza e donne e uomini di fede”, ha concluso Ruffini, ricordando quanto afferma Papa Francesco nella Evangelli gaudium: la fede non ha paura della ragione; al contrario la cerca, ha fiducia in essa".
L'impegno dei giovani studenti
Il nanosatellite, realizzato dagli studenti del laboratorio di Sistemi e tecnologie per la ricerca aerospaziale del Politecnico di Torino, sarà dunque lanciato a giugno nello spazio portando con sé il risultato delle ricerche più avanzate della nanotecnologia. Come ha spiegato Sabrina Corpino, direttrice del laboratorio di Sistemi e Tecnologie per la Ricerca Aerospaziale Politecnico di Torino, il progetto è la prova dell’impegno dei suoi giovani studenti, nonché “la testimonianza che l’università non è soltanto un luogo di formazione ma anche di ricerca e che deve dare risposte alle sfide dei nostri tempi”. Il nanolibro è “una struttura di silicio di due millimetri di diametro, in cui sono presenti circa 6 milioni di nano fori, ognuno dei quali ha una dimensione inferiore a un millesimo di un diametro di un capello umano”, spiega Andrea Notargiacomo, primo ricercatore dell'Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del CNR.
Fede e scienza in cammino insieme
Come nella filosofia più antica, l’infinitamente grande dello spazio accoglie l’infinitamente piccolo delle nanotecnologie. “Fede e scienza camminano insieme. La Chiesa partecipa al cammino della scienza”, ha detto padre Gabriele Gionti, vicedirettore della Specola Vaticana, sottolineando come il ruolo dell’osservatorio astronomico e centro di ricerca scientifica della Chiesa Cattolica sia quello di “riconoscere che la scienza è opera di Dio e come tale va abbracciata”. Insieme procedono anche tecnologia e fede, come sottolinea l’ingegnere Giorgio Saccoccia, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana. “La tecnologia infatti è parte della vita che conduciamo ogni giorno, quindi – afferma – può e deve essere utilizzata a servizio della fede”.
Un unicum
Il viaggio del piccolissimo satellite prolunga l’abbraccio di quella sera del 27 marzo del 2020 e continua a infondere speranza e a dirci: “Non abbiate paura”. Ha spiegato don Luca Peyron, direttore del Servizio per l’Apostolato digitale dell’Arcidiocesi di Torino: “È un unicum perché pur essendo un satellite per telecomunicazioni, dotato di sistemi di comunicazione per il suo governo e di una radio per diffondere dei messaggi, così come ci è stato spiegato da chi lo ha realizzato, comunica prima di tutto per il semplice fatto che c’è, che esiste e che contiene un libro”. “Se il tempo è superiore allo spazio – ha aggiunto monsignor Ruiz, spiegando le ragioni del progetto -, con questo piccolo satellite che porta questo messaggio nello spazio noi vogliamo collaborare per salvare il nostro tempo. Lo spazio ha uno fascino per tutti, specialmente per i giovani. Lo spazio ha quel mistero dell’universale, del profondo, del magnifico, e ci fa sognare a tutti”. La speranza non conosce letteralmente confini, gli stessi a cui fa riferimento ancora il presidente Saccoccia. “Dallo spazio – spiega – siamo abituati a non vedere confini osservando la Terra, forse uno sguardo dal cielo aiuta a capire che il nostro pianeta è unico e appartiene a tutti”.
Il logo
Tutti questi aspetti sono concentrati nel logo della missione, realizzato nell’ambito di un progetto didattico dagli studenti dell’Istituto Universitario Salesiano di Venezia IUSVE guidati da Marco Sanavio. Il logo richiama innanzitutto le iniziali di Spei Satelles: le due lettere “S”, disposte in maniera speculare, indicano la complementarità di “terra” (la semicirconferenza inferiore) e “cielo” (la semicirconferenza superiore), oltre a segnare l’orbita del satellite attorno al nostro pianeta. Un'altra traccia orbitale più esterna, tratteggiata, composta da 59 linee tante quante i grani del rosario, unisce tre forme, a rappresentare le tre grandi realtà presenti in Piazza San Pietro la sera del 27 marzo 2020: la croce; la stella a 12 punte, a rappresentare la presenza della Vergine Maria; il triangolo più piccolo che richiama la figura del Santo Padre. I tre puntini che compaiono a scavalco della traccia orbitale più esterna sono segno della presenza della Trinità, come pure il triplice annuncio della passione, morte e risurrezione nei Vangeli sinottici, messaggio che dona speranza all’umanità.
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