Parolin: la divisione pacifica della Cecoslovacchia modello per i conflitti di oggi
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Le Repubbliche Ceca e Slovacca, il 1° gennaio 1993, prima unite nella Cecoslovacchia, “si separarono pacificamente, dando davanti al mondo una eloquente lezione di come si possano risolvere fondamentali esigenze di autodeterminazione e di indipendenza nel reciproco rispetto, nella pace e nella vera fraternità”. E oggi, alla luce di conflitti come “la guerra in Ucraina scatenata dalla Russia” l’esperienza dei due popoli di 30 anni fa “continua ad essere una fonte di ispirazione”, un modello per altri Stati di come “risolvere pacificamente le loro divergenze, attraverso il dialogo e il rispetto reciproco”. Così il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, citando anche il discorso di san Giovanni Paolo II a Praga nel maggio 1995, ricorda la nascita delle Repubbliche Ceca e Slovacca, nella Messa per il 30° anniversario di quel “momento importante nella storia dell’umanità”.
La pace di Cristo è giustizia e concordia
Nell’omelia della celebrazione, tenuta nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore nel pomeriggio del 17 aprile, alla presenza degli ambasciatori presso la Santa Sede di Repubblica Ceca, Vàclav Kolaja, e Slovacca Marek Lisànsky, Parolin prende spunto dalle vicende dei due Stati europei “con radici ben piantate nelle tradizioni slave” per ricordare, “in questo periodo pasquale”, il messaggio di pace donato da Cristo. La pace del Signore “non consiste nell’assenza di conflitti, ma nella presenza della giustizia e concordia”. Come ha ricordato Papa Francesco nell’ultima Messa crismale del Giovedì Santo “costruire l’armonia tra noi” non è “questione di strategia o di cortesia: è un’esigenza interna alla vita dello Spirito”. Un messaggio universale, sottolinea il segretario di Stato, come quello di amore e riconciliazione “che trascende tutti i confini e ci chiama al rispetto reciproco, riconoscendo le nostre differenze e abbracciando ciò che ci unisce”.
La luce della fede continui a risplendere in queste Nazioni
L’auspicio del porporato italiano, è che questa esigenza di rispetto reciproco, “condivisa da entrambe le Nazioni”, fondata “sulla secolare eredità spirituale dei Santi fratelli Cirillo e Metodio”, conservata “nel corso dei secoli nonostante le persecuzioni, le dominazioni e le soppressioni”, sia fonte di ispirazione non solo per coltivare buone relazioni tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia, ma anche “forza trainante per assicurare la prosperità materiale e soprattutto spirituale ai loro abitanti”. Parolin si augura che questi possano “continuare a rendere lode al Signore in pieno giorno” e che “la luce della fede continui a risplendere in queste Nazioni, mentre le tenebre rischiano di ricoprire ancora una volta l’Europa”.
L’importanza della solidarietà e del rispetto reciproco
Nell’omelia della Messa, concelebrata con i rettori del Pontificio Collegio Nepomuceno e del Pontificio Collegio Slovacco dei Santi Cirillo e Metodio, il segretario di Stato ricorda anche che fu proprio nell’aprile 1993 che “furono riprese le relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Repubblica Slovacca”, in continuità con le precedenti relazioni esistenti dal 1919 sotto forma di “missione bilaterale”. Così fu anche “per il ristabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e la Repubblica Ceca, avvenuto tre anni prima, il 19 aprile 1990”. E sottolinea ancora “l’importanza della solidarietà e del rispetto reciproco nella costruzione di un mondo migliore, in cui prevalga una pace duratura tra gli uomini e le Nazioni, una pace che è frutto della giustizia ed effetto della carità”.
Eredità di evangelizzazione e identità culturale
Parolin rilegge l’episodio evangelico narrato da Giovanni, l’incontro Tra Nicodemo e Gesù, che gli dice che per vedere il Regno di Dio doveva nascere di nuovo, e quindi lo sfida “a vedere il mondo in una nuova prospettiva e ad abbracciare la forza trasformatrice della fede”. E paragona questo sforzo a quello degli abitanti della Grande Moravia nel IX secolo, chiamati “ad assumere una nuova visione della vita e del mondo fondata sul Vangelo”, dall’opera evangelizzatrice dei due Santi fratelli di Salonicco, Cirillo e Metodio, “proclamati compatroni d’Europa da Papa Giovanni Paolo II nel 1980”. Ripercorre la loro missione “di spiegare la vera fede nella lingua del posto” avviata nel 863 e la loro capacità di portare il Vangelo ai popoli slavi utilizzando “la loro lingua madre nella liturgia”. Un momento significativo nella storia del cristianesimo, poiché, ricorda il cardinale Parolin, per la prima volta “introdusse l’uso delle lingue vernacolari nelle celebrazioni liturgiche”.
Le sfide nei secoli dei popoli slavi di Cechia e Slovacchia
Nel corso dei secoli, conclude il segretario di Stato, “i popoli slavi di questa regione hanno affrontato diverse sfide, tra cui la dominazione e l’oppressione straniera”. Ma lo spirito di indipendenza e autodeterminazione “non si è mai affievolito e, grazie a questa intramontabile eredità di evangelizzazione e identità culturale, dopo la caduta del regime comunista, ha dato luogo alla separazione pacifica della Repubblica Federale Ceca e Slovacca nel 1993”.
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