Ai Musei Vaticani l’arte dello sport che abbatte le barriere
Paolo Ondarza e Marina Tomarro– Città del Vaticano
Una metafora della vita, lo sport è un'arte e la sua bellezza abbatte le barriere del pregiudizio, insegna ad accogliere il limite. Si può riassumere così il dialogo informale e libero svoltosi questo pomeriggio ai Musei Vaticani che ha visto protagoniste tre donne: la direttrice Barbara Jatta e due giocatrici, campionesse della Nazionale italiana pallavolo sorde, Silvia Bennardo, 31 anni, e Claudia Gennaro, 32 anni. L’evento, promosso da Athletica Vaticana grazie al Dicastero per la Comunicazione e al Dicastero per Cultura e l’Educazione si inserisce nella serie di incontri “Quando lo sport ti fa più nobile”, finalizzati a valorizzare la visione inclusiva e solidale dello sport di Papa Francesco.
Gioco di squadra, insegnamento di vita
“La bellezza – ha spiegato Barbara Jatta – può essere declinata in tanti modi e il gioco di squadra è una bella espressione della società. Lo sport è un’arte, è bellezza e armonia. Essere in armonia con i compagni di squadra è un insegnamento per la vita”.
La direttrice dei Musei Vaticani fin da giovane è stata pallavolista per passione e ha confidato di non poter fare a meno di praticare attività fisica quotidiana la mattina presto o la sera tardi, compatibilmente con i tanti impegni: “Ho smesso di giocare a pallavolo quando sono stata nominata ai Musei. Giocavo per un fuoco dentro. Lo sport è armonia, benessere psicofisico. Lo sport è una bellissima disciplina che richiede impegno e insegna a vivere: bisogna imparare a vincere, a gestire le vittoria, ma bisogna anche imparare a perdere. L’euforia di quando si vince aiuta anche nei momenti difficili”. Lo sport insegna inoltre a giocare in squadra: “il gioco di squadra imparato da piccola, l’impegno e la grinta di non mollare mai” sono il bagaglio fondamentale appreso dallo sport che Barbara Jatta racconta di portare con sé anche nell’impegno e nel servizio svolto alla direzione dei Musei Vaticani.
Lo sport per accettare il limite e andare oltre
“Come nell’arte, anche nello sport c’è tanto studio”, ammette da parte sua Silvia Bennardo, che consiglia a tutti i bambini di praticare sport, grazie al quale “ho imparato ad accettare i miei limiti e la sordità, a relazionarmi con le persone”.
“Quando ero adolescente non accettavo la mia sordità e non avrei mai pensato di poter giocare in una squadra, perché il gioco del sordo è senza chiamate. Le compagne non ti possono avvertire. Sei un po’ svantaggiata. Lo sport invece aiuta, ad esempio, la comprensione tra persone udenti e persone sorde, aiuta a relazionarsi: dovrebbero farlo tutti”.
Lo sport come l'arte
Dello stesso avviso è Claudia Gennaro, secondo la quale, come l’arte, anche il gioco di squadra è bellezza, pure quando si perde. Fondamentale è il dialogo all’interno di una squadra. Inoltre “lo sport è salutare per liberare la mente”. La pallavolista inoltre mette in luce la necessità di diffondere la cultura della sordità. “Molti non sanno che noi sordi pratichiamo sport” dice, aggiungendo che "a livello economico inoltre la disabilità uditiva è penalizzata". "Non facciamo parte delle paralimpiadi - spiega - ma i successi ottenuti da quando nel 2017 indosso la maglia azzurra stanno dando una dimostrazione che i sordi possono vincere”.
Oltre il pregiudizio
Non mancano dunque i pregiudizi da abbattere. Durante il dialogo si è affrontato anche il tema della disparità tra uomini e donne nella pallavolo. “Si avverte maggiormente nella pallavolo professionistica”, commenta Silvia Bennardo, secondo la quale la pallavolo femminile è più bella esteticamente, più armonica rispetto a quella maschile. Da parte sua Barbara Jatta ha condiviso il ricordo del ritorno in campo dopo l’interruzione imposta dalle tre gravidanze: “Quando ho ripreso, ho giocato in una squadra mista. Inizialmente gli uomini ci avrebbero volute solo in recezione, ma non ci siamo state”. Infine la direttrice ha raccontato la sua esperienza lavorativa in Vaticano: “27 anni fa, quando sono arrivata a lavorare alla Biblioteca Vaticana eravamo solo tre donne. Vent’anni dopo eravamo la metà. Poi sono giunta ai Musei dove il 50 per cento del personale è costituito da donne. Non siamo una quota rosa, ma parte della società e felici di esserlo”.
Sport, antidoto all'incomunicabilità
Durante il pomeriggio, moderato dall'ambasciatrice di Australia presso la Santa Sede Chiara Porro, è intervenuto anche il prefetto del Dicastero per la Comunicazione Paolo Ruffini,che ha messo in luce l’universalità del linguaggio dello sport, antidoto alle tante barriere delle incomunicabilità presenti nella Babele dei nostri giorni in cui gli esseri umani non riescono a parlare lo stesso linguaggio.
“La moltiplicazione e confusione dei messaggi porta al fraintendimento”. Come ritrovare nella Babele di oggi una comunicazione vera?”, è l'interrogativo posto da Ruffini. “Lo sport può insegnarci a diventare migliori e più umani, consapevoli dei nostri limiti, a costruire relazioni basate sul dono di sé”. “Anche l’arte - ha proseguito il prefetto - può fare intravedere ciò che è invisibile, conferire un orizzonte di bellezza ai nostri pensieri, modificare il nostro modo di vedere il mondo”. “Lo sport - ha concluso Ruffini - fa toccare con mano che ciò che ci unisce è più grande di ciò che divide”.
Lo sport ai Musei Vaticani
“C’è tanto sport nelle collezioni pontificie”, ha concluso Barbara Jatta. Il pomeriggio è terminato infatti con una visita ai Musei Vaticani tra le opere a soggetto sportivo: dai mosaici delle Terme di Caracalla alla Sala della Biga, passando per il Gabinetto dell’Apoxyómenos.
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