Parolin: il magistero di Luciani, sguardo profetico sulle ferite e i mali del mondo
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Un magistero interrotto dalla morte improvvisa ma che resta scolpito nella storia per la sua lungimiranza e per il carattere di profezia che emerge preponderante in questi tempi bui feriti dalle guerre. Con lo sfondo della Venezia che vide Albino Luciani patriarca per quasi dieci anni, visibile dalle vetrate dell’Aula Baratto della Ca’ Foscari, il cardinale Pietro Parolin richiama alla memoria l’insegnamento e il messaggio condivisi da Giovanni Paolo I con la Chiesa e con il mondo durante i suoi 34 giorni di pontificato. Un magistero di “stringente attualità”, afferma il Segretario di Stato, presidente della Fondazione vaticana dedicata al Pontefice veneto beatificato da Francesco il 4 settembre 2022. Nel prestigioso ateneo lagunare, Parolin presenta il libro “Il magistero di Giovanni Paolo I”, volume che nel sottotitolo sintetizza l'accurato e scrupoloso lavoro compiuto dalle curatrici Stefania Falasca, giornalista e vice presidente della Fondazione Giovanni Paolo I, e di Flavia Tudini, docente presso l’Università Roma Tre: Uno studio storico e teologico attraverso le carte d’archivio.
Studio delle carte d'archivio
Proprio quelle carte d’archivio - l’insieme degli scritti autografi e del materiale documentale dal 1929 fino al 27 settembre 1978, oggi custodite dalla Fondazione - hanno aiutato in questi ultimi anni ad approfondire, a livello anche internazionale, la ricerca, gli studi, la divulgazione del lascito teologico, ecclesiale, culturale, spirituale di Luciani, superando ogni fake news e narrazione noir che ne hanno segnato la vita e soprattutto il post mortem. Un patrimonio già al centro della Giornata di Studi dedicata al Magistero di Giovanni Paolo I del 13 maggio dell’anno scorso, svolto in collaborazione con il Dipartimento di Teologia Dogmatica della Pontificia Università Gregoriana. Proprio a partire dal ricordo di quella giornata, salutata da Papa Francesco in un messaggio come “valido contributo volto ad approfondire i tratti peculiari del pensiero e del Magistero del mio venerabile Predecessore, così come emergono dalla documentazione archivistica”, si snoda l’intervento di Parolin: “Il convegno ha infatti inteso percorrere e approfondire dalle fonti le linee maestre del magistero di Giovanni Paolo I a partire dai sei ‘vogliamo’ del messaggio Urbi et orbi pronunciato l’indomani della sua elezione, il 27 agosto 1978, e declinati in programma di pontificato”.
La pace come priorità
Pontificato, sottolinea il cardinale segretario di Stato, di cui la pace è stato uno dei fili conduttori, come afferma Falasca nella sua prefazione al libro: “Proprio il favorire la riconciliazione e la fratellanza tra i popoli, invitando alla collaborazione per l’edificazione, l’incremento tanto vulnerabile della pace nel mondo turbato e arginare i nazionalismi come all’interno delle nazioni la violenza cieca che solo distrugge e semina solo macerie è – insieme all’impegno ecumenico e interreligioso, documentato dalla fitta agenda di udienze con i rappresentanti delle Chiese non cattoliche – posto a priorità nel discorso programmatico di Giovanni Paolo I”.
Il suo sguardo che nei tempi bellici odierni appare profetico sulle ferite e i mali del mondo, proviene dalla fede del popolo cristiano a cui Albino Luciani apparteneva, dice Parolin nell’intervento a Ca’ Foscari. In particolare richiama i numerosi appelli in favore della pace in Medio Oriente, in primis quello al termine dell’Angelus del 10 settembre 1978, nel quale Papa Giovanni Paolo “chiamava alla preghiera per la pace i leader di diverse fedi citando anche il Corano insieme alle Sacre Scritture”.
Il sostegno ai colloqui di Camp David
L’attività di promozione della pace, mette in evidenza il porporato, si concretizzò soprattutto in occasione dei colloqui di pace che dal 5 al 17 settembre impegnarono nel ’78 a Camp David il presidente americano Jimmy Carter, il presidente egiziano Anwar el Sadat e il premier israeliano Menachem Begin. Luciani diede pieno sostegno a quei colloqui e nell’udienza generale del 20 settembre, citando con i fedeli l’applauso del Congresso americano alla citazione di Carter delle parole di Gesù, “Beati i facitori di pace”, espresse l’auspicio “che quell’applauso e quelle parole entrino nel cuore di tutti i cristiani, specialmente di noi cattolici e ci rendano veramente operatori e facitori di pace”.
Del resto, già nella prima udienza generale del 6 settembre 1978 sul tema dell’umiltà, rammenta Parolin, Papa Luciani aveva affidato alla preghiera dei presenti gli esiti dell’incontro nel Maryland: “Una intenzione - aveva detto - che mi sta molto a cuore... Queste conversazioni spianino la via ad una pace giusta e completa”. “Giusta”, aveva significativamente sottolineato il Papa, cioè con “soddisfazione di tutte le parti in conflitto”; “completa”, cioè senza lasciar “irrisolta” alcuna questione: “il problema dei palestinesi, la sicurezza d’Israele, la città Santa di Gerusalemme”. Questa dedizione totale al cammino per la pace portò a una pronta risposta il 17 settembre da parte del presidente Carter che scrisse all'allora Pontefice per informarlo dei risultati conseguiti dichiarando di aver ricevuto grande ispirazione dalle sue preghiere del per il summit e in generale per il Medio Oriente.
Gli sforzi della Santa Sede
Infine, il 21 settembre, lo stesso Giovanni Paolo I scrisse personalmente al presidente statunitense una lettera che si concludeva con la rassicurazione “che la Santa Sede continuerà, come per il passato, a seguire con profondo interesse gli sforzi per il raggiungimento di questo obiettivo. È pronta a collaborare con ogni possibile mezzo compatibile con la sua attività. Allo stesso modo, continueremo ad elevare le Nostre preghiere per quella pace che è così necessaria ai Paesi del Medio Oriente e del mondo intero”. Parole che sembrano riecheggiare gli incessanti appelli di pace di Papa Francesco per la “martoriata” Ucraina.
Ancora ripercorrendo la storia, Parolin richiama alla memoria collettiva il discorso di Luciani, il 4 settembre sempre del ‘78, agli oltre cento rappresentanti delle missioni internazionali, in cui il Papa sottolineava che la Chiesa, “umile messaggera del Vangelo a tutti i popoli della terra”, può contribuire a “creare un clima di giustizia, fratellanza, solidarietà e di speranza senza la quale il mondo non può vivere”.
Speranze e realismo
Nel corso dell’intervento del segretario di Stato, spazio anche al magistero di Luciani per la pace durante il periodo in cui era Patriarca di Venezia, citando alcuni passaggi significativi del discorso tenuto il 23 maggio del 1973 in occasione del decennale dell’enciclica di Giovanni XXIII Pacem in terris: ”Non si giudichino ‘utopistiche’ o inattuali le nostre speranze. Realista è non chi crede si possa andare avanti come prima, ma chi percepisce ‘il dinamismo di un mondo che vuole vivere più fraternamente’”. I conflitti di interesse tra Stato e Stato, aveva ammonito ancora il Pontefice, “scoppieranno sempre, ma le guerre non saranno mai capaci di risolverli. Eccoci, allora, davanti agli armamenti giganteschi e terrificanti. Essi rappresentano uno schiaffo enorme ai cittadini dello stato, che al posto delle armi costosissime, potrebbero avere scuole, ospedali e migliori servizi. Ma sono schiaffo anche ai popoli sottosviluppati privati degli aiuti indispensabili”.
Le armi del dialogo e dell'unità
Sono “ancora tristemente attuali”, per il cardinale Parolin, queste affermazioni di Papa Luciani e testimoniano quell’“afflato” alla concordia tra gli uomini posto a fondamento del breve pontificato di Luciani: Papa che ha fatto “progredire la Chiesa lungo la dorsale di quelle che sono le strade maestre del Concilio: la risalita alle sorgenti del Vangelo e una rinnovata missionarietà, la collegialità episcopale, il servizio nella povertà ecclesiale, il dialogo con la contemporaneità, la ricerca dell’unità con le Chiese cristiane, il dialogo interreligioso, la ricerca della pace”. Tutte “armi” efficaci in “un’epoca travagliata, che anche oggi, sotto i deliri di potenza, sotto l’aridità e l’indifferenza nasconde una sete illimitata di giustizia e di pace”.
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