A Roma, un pomeriggio dedicato all’Amazzonia e ai sogni della sua gente
Tiziana Campisi e Renato Martinez – Città del Vaticano
Il futuro dei popoli dell’Amazzonia alla luce del Sinodo e il ruolo delle donne nella vasta regione sudamericana: se ne è parlato questo pomeriggio, a Roma, a Palazzo San Calisto, all’iniziativa “Le guardiane del bosco”, un dialogo con le tre vicepresidenti della Conferenza Ecclesiale dell’Amazzonia (Ceama), Patricia Gualinga, indigena ecuadoriana del popolo Sarayaku, Yesica Patiachi, peruviana di etnia Harakbut, e suor Laura Vicuña, religiosa brasiliana delle sorelle catechiste francescane, nativa Kiriri, preceduto dalla proiezione del documentario “Anamei”, di Alessandro Galassi, sulla resistenza e la speranza dei popoli amazzonici di cui, tra l’altro, Patiachi è protagonista. L’evento è stato organizzato dalla Pontificia Commissione per l’America Latina, in collaborazione con il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Per l’occasione è stata anche allestita la mostra fotografica “Amazzonia”, curata dalla Cospe, associazione di cooperazione internazionale senza fini di lucro, con istantanee di Giovanni Marrozzini e Giammarco Sicuro.
L'incontro delle vicepresidenti della Ceama con il Papa
Le tre vicepresidenti della Ceama, che hanno scelto con la loro vita di farsi custodi dell’Amazzonia per la sopravvivenza dei propri popoli e dell’umanità intera, sono state ricevute in udienza dal Papa l’1 giugno scorso. Con obiettivo di cercare “cammini di comunione e di unità per riflettere sui nuovi ministeri della donna nella Chiesa”, il 4 marzo scorso, avevano scritto una lettera al Pontefice esprimendo il desiderio di incontrarlo e di poter dialogare con lui e la risposta dal Vaticano non si è fatta aspettare. Le tre leader indigene hanno raccontato ai media vaticani che quella con Francesco è stata “una conversazione piacevole, calma e fiduciosa” e che dal Papa hanno avuto “molta sicurezza e fiducia”.
L’impegno della Chiesa per la cura dell’ambiente
Ha preso parte all’incontro suor Alessandra Smerilli, segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale che a Vatican News ha evidenziato quanto importante sia ascoltare le testimonianze di chi soffre sulla propria pelle i problemi derivanti dallo sfruttamento eccessivo della natura, aggiungendo che per l'Amazzonia e per tutte le zone in pericolo “bisogna agire con prevenzione” per evitare gravi danni all’ambiente e rischi per la vita umana. “È bene che la nostra coscienza sia allertata - ha sottolineato - e che tutti siamo consapevoli che ognuno di noi deve fare la nostra parte per l'ambiente”.
Papa Francesco ci invita continuamente a prendere coscienza delle problematiche ambientali, ma soprattutto agire. Quanta resistenza c'è ancora nel mettere in pratica esortazioni, normative, indicazioni?
Credo che una delle resistenze più grandi è pensare che il problema sia talmente grande da non potere fare molto. E invece è proprio questo quello che blocca. Se noi riuscissimo a pensare, nei nostri gesti quotidiani, nei nostri comportamenti, nelle azioni, di poter apportare un piccolo cambiamento, se tutti facessimo questo ragionamento il mondo cambierebbe. Quindi, secondo me, dobbiamo smascherare questi meccanismi che ci spingono a giustificarci per non far nulla. Dobbiamo credere che ciascuno di noi può fare qualcosa.
Qual è l'impegno concreto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale nella cura del creato?
Il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale copre tantissimi ambiti, ma cerca di mettere in pratica quello che Papa Francesco scrive nella Laudato si’ e cioè che tutto è connesso e che non si può pensare ai temi ambientali senza pensare alle migrazioni, senza pensare alla salute. Tutto è collegato. Quello che il Dicastero sta cercando di fare adesso è partire dall'ascolto, dall'ascoltare la concretezza di quello che i vescovi, le persone, che vengono a trovarci, ci portano dai loro territori, per cercare di capire come possiamo aiutare e come possiamo accompagnare. Crediamo che sia facile parlare di problemi globali, ma poi occorre mettere in campo azioni nei luoghi diversi. Quindi, il nostro servizio, forse silenzioso, è quello di stare accanto a chi sta soffrendo alcune situazioni e cercare di capire come possiamo accompagnare, come possiamo portare la sollecitudine e gli insegnamenti del Papa in questi contesti.
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