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Congo Brazzaville, Czerny: i valori del Vangelo antidoto ai nuovi colonialismi

Il prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale in visita nel Paese africano per 140.mo anniversario dell’evangelizzazione del Congo sottolinea l’aiuto che la Chiesa può dare nella lotta alla povertà, nella promozione della salute, nella tutela del creato e dell’educazione

Michele Raviart - Città del Vaticano

Come la Chiesa può annunciare il Vangelo in un Paese come la Repubblica del Congo, che è segnata dall’ingiustizia, dalla sofferenza e dal peccato? Come si possono affrontare gli effetti del “paradigma tecnocratico”, che riduce la persona a un bene di consumo, e quelli più nefasti della globalizzazione? Quale può essere il contributo della Chiesa allo sviluppo della giustizia e della pace? A queste domande ha cercato di rispondere il cardinale Micheal Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, inviato speciale di Papa Francesco a Brazzaville per la celebrazione del 140.mo anniversario dell’evangelizzazione del Paese.

Colonialismo e evangelizzazione

Partendo dal presupposto sancito dalla Gaudium et spes, confermato e approfondito dal magistero di Papa Francesco e dei suoi predecessori, e cioè che la dignità della persona deve essere al centro dell’opera di evangelizzazione, il cardinale Czerny non ha mancato di premettere come “l’annuncio del Vangelo in Congo-Brazzaville sia avvenuto in corrispondenza del processo di colonizzazione da parte del Belgio”. Questo significa, quando si tenta di storicizzare questo fenomeno, che da un lato c’è il rischio “di costruire l'identità di oggi sull'odio per i misfatti del passato, o di rimanere imprigionati in un risentimento che si autoalimenta e di cadere in un vittimismo che dissipa ogni energia”, mentre dall’altro “non prendere le distanze dagli eccessi abusivi del colonialismo porterebbe a riprodurre atteggiamenti di dominio e sudditanza, assecondando un senso di svalutazione e di inferiorità”.

Sradicare la povertà

La prima sfida da affrontare, e vale per tutta l’Africa, è quella dello sradicamento della povertà. Il colonialismo, spiega infatti il porporato, “si ripresenta oggi in forme nuove, tra cui lo schiacciante fardello del debito internazionale, ingiusti termini economici per il commercio e condizioni troppo dure imposte dai programmi di aggiustamento strutturale”. Questo fa deteriore la situazione economica e sociale: salari bassi, contratti di lavoro ingiusti se non totalmente assenti, mancanza di tecnologie adeguate soprattutto nel campo dell’agricoltura, discriminazione sistematica subita dalle donne, dovuta all’”eredità di una cultura patriarcale che le relega in una posizione subordinata e servile, limitando seriamente il progresso di un Paese”. In questo senso il ruolo della Chiesa deve essere quello di “mostrare la sua faccia materna, sostenendo le aspirazioni della gente e accompagnando un autentico sviluppo umano”, in particolare verso le generazioni più giovani.

Il ruolo degli ospedali cattolici

Il diritto alla salute, come si è visto durante la pandemia di coronavirus, che si declina anche nella lotta alla mortalità infantile, all’accesso all’acqua e all’aumento degli standard di igiene, è un altro aspetto chiave, a maggior ragione in un Paese “in cui sempre di più anziani, orfani, disabili e malati vengono abbandonati dalle loro famiglie”.  Senza dubbio in questo settore, sottolinea il prefetto del dicastero, “l’Evangelizzazione ha dato un contributo significativo”, rendendo accessibili le cure a molte persone indigenti. Molte di quelle strutture sanitarie sono ancora attive in Repubblica del Congo, ricorda, “sebbene siano soggette a forti critiche per il loro approccio, giudicato troppo paternalistico e inadeguato ai reali bisogni della popolazione locale”.

Proteggere il creato

Il colonialismo e le allarmanti proporzioni dello sfruttamento del suolo sono anche alla base del degrado del creato e della perdita di biodiversità. Le attività estrattive non solo portano benefici solo a poche persone al di fuori del Paese ma, degradando l’ambiente, favoriscono anche le migrazioni e gli sfollati interni, aumentando le tensioni sociali. Qui, ribadisce il cardinale Czerny, la Chiesa “è chiamata ad agire insieme, con uno stile sinodale, innanzitutto diffondendo una cultura di rispetto per la nostra casa comune, “perché il grido della terra riecheggia quello del più piccolo dei nostri fratelli, l'escluso”.

L’istruzione alla base di tutto

Alla base del miglioramento di ciascuno di questi aspetti non può che esserci l’educazione.  “Le scuole cattoliche hanno dato l’opportunità di leggere e scrivere a molte persone in tutto il Congo, dalle aree rurali ai centri più grandi”, ha spiegato ancora il prefetto, “un lavoro portato avanti con passione da molte istituzioni religiose che hanno fatto uno sforzo straordinario nell’affrontare difficoltà considerevoli, compresa la varietà di linguaggi e dialetti locali”. Allo stesso mondo, sottolinea il porporato, bisogna allontanare l’idea che portare Cristo alle nazioni significhi “civilizzarle”. Le istituzioni educative cattoliche presenti in Congo, infatti, “non devono rinunciare al loro compito educativo, né alla specificità confessionale che le contraddistingue. Tuttavia, è necessario un attento esame delle forme da adottare per facilitare l'incontro tra cultura e Vangelo, con la valorizzazione e il pieno rispetto dell'identità dei popoli”.

Democrazia e Vangelo

Necessario, per avere progressi significativi nel risolvere questi problemi che sono spesso endemici è avere una classe politica stabile e responsabile. “La stabilità politica del Paese e l'ampliamento della base rappresentativa delle sue diverse componenti sociali”, afferma il porporato, “sono elementi essenziali per promuovere lo sviluppo. “La pace - osserva ancora il cardinale Czerny - viene spesso confusa con l’unanimità o con una tranquillità imposta dalla minaccia e dalla forza, garantendo il mantenimento del potere da parte di piccoli gruppi a scapito dell'intera popolazione”.  Inevitabilmente, sottolinea, “i cittadini si disinteressano e si disimpegnano”. “La vera democrazia, che tutela la dignità umana e promuove il bene comune, è”, pertanto, “una condizione indispensabile per lo sviluppo, ma anche un suo frutto”. Il coinvolgimento dei fedeli laici nella vita politica e nella leadership, conclude il porporato, è quindi essenziale per introdurre i valori del Vangelo nella società civile, perché “è l’incontro con Cristo, che non è né un’ideologia né una sociologia, che genera l’opzioni preferenziale per i poveri”.

 

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03 giugno 2023, 12:07