Sud Sudan, Parolin: il potere del perdono scioglie le paure e crea fraternità
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
“È tempo di voltare pagina”, di fare spazio alla giustizia e alla pace. Cita Papa Francesco e pronuncia parole cariche di speranza il cardinale Pietro Parolin a Rumbek, in Sud Sudan, nel corso della Messa per la riconciliazione e la pace. Nel Signore Gesù, che dopo la morte in croce si fermò risorto tra i discepoli impauriti dicendo loro “pace a voi”, ogni paura può essere trasformata. Oggi quelle parole, ha proseguito il porporato “sono rivolte a noi”.
La tentazione delle armi e la forza del perdono
L’assenza di giustizia e pace, ha osservato il segretario di Stato, genera “paure e sentimenti di impotenza”: quando prevale la paura si cede alla tentazione di “riporre più fiducia nelle proprie armi che nel potere del perdono”, di confidare “più nei nostri mezzi che nella trasformazione che viene dal Signore risorto”, si diventa incapaci di impegnarsi per la giustizia e la pace e costruire una comunità più fraterna, si ampliano le cause della discordia, come le disuguaglianze economiche, si cede alla rabbia, alla sfiducia, all’orgoglio e all’egoismo. “La paura può anche nascere dall’interno di noi stessi, dalla realtà del peccato, ma Cristo ha scacciato il peccato, ha vinto la paura, ha rivelato l’amore perfetto”, ha ammonito il cardinale Parolin facendo appello alla comunità ecclesiale che “fa parte della società umana e porta con sé le stesse difficoltà e contraddizioni”.
Siamo Chiesa a servizio della riconciliazione
“La Chiesa è la sposa di Cristo, non un’agenzia umanitaria o un’azienda” ha proseguito: “Facciamo parte della Chiesa perchè Dio ci ha chiamati, affidandoci il ministero della riconciliazione”. Non si diventa infatti membri della Chiesa per assunzione, come in un ufficio, o per assegnazione di progetti nell’ambito dell’istruzione o della sanità. “Siamo servitori del Vangelo”, ha detto Parolin, “ci apparteniamo l’un l’altro per la nostra fede cristiana”, “indipendentemente dalla nostra provenienza o tribù di appartenenza”.
Il perdono, chiave della giustizia e della pace
Ogni danno arrecato ad una singola persona, “ad un fratello o ad una sorella, danneggia l’intera società”, ha continuato esortando a rinunciare alla violenza come mezzo per risolvere le divergenze: “è il perdono, ottenuto da Cristo in croce, la chiave della giustizia e della pace”, la non violenza l’unica strada per superare le divisioni all’interno di una comunità”. Il cardinale Parolin ha quindi ricordato - citando le parole di Papa Francesco durante la sua visita in Sud Sudan nel febbraio scorso - che facendosi piccoli e lasciando spazio al prossimo nel quale si riconosce un fratello, si diventa grandi agli occhi del Signore.
Famiglie cristiane e ministri altruisti
Forte l’appello ad abbandonare gli idoli dell’onore personale e del prestigio, ad andare oltre le differenze e le divisioni dettate dall’appartenenza a gruppi etnici. Essere Chiesa, ha aggiunto ancora Parolin, non vuol dire solo aver ricevuto una volta per tutte il battesimo o partecipare in modo passivo a qualche celebrazione. Da qui il monito a ricevere frequentemente i sacramenti dell’Eucarestia e della Riconciliazione, a valorizzare l’impegno cristiano nel matrimonio o nella vita consacrata: “La famiglia è la prima scuola della società e la vita religiosa è vitale per la missione della Chiesa, chiamata a servire non a comandare”.
Il coraggio della pace
“Siate coraggiosi”, ha detto il segretario di Stato: “Questo è il momento per impegnarsi, vedo il vostro entusiasmo, il vostro potenziale e il desiderio di mettervi in gioco”. La celebrazione eucaristica è stata animata da canti e balli tradizionali.
Cittadino del Sud Sudan
Stamani appena sceso dall’aereo a Rumbek Parolin è stato accolto da applausi e omaggiato dagli abitanti della diocesi con espressioni di affetto e corone floreali. Interpellato da un giornalista il porporato ha subito espresso la sua gioia per essere ancora una volta nel Paese: “Sto diventando cittadino del Sudan meridionale. È sempre un piacere essere qui”, ha detto precisando che il suo viaggio si svolge nel solco della visita ecumenica compiuta da Papa Francesco nel febbraio scorso con l'arcivescovo di Canterbury e il moderatore della Chiesa presbiteriana di Scozia “per promuovere, rafforzare, incentivare il processo di pace, riconciliazione e pace in Sud Sudan”. Il segretario di Stato ha quindi ricordato di essere già stato, martedì scorso nel giorno dell’Assunzione di Maria, a Malakal, un luogo dove “il problema degli sfollati e dei rifugiati è molto critico”. Quindi ha spiegato di aver accolto con gioia l’invito del vescovo di Rumbek a visitare la sua diocesi per un “momento di fede, di preghiera, di comunione nella Chiesa”.
Al suo arrivo a Juba, il 14 agosto scorso, Parolin incontrando il presidente sud Sudanese Salva Kiir gli ha consegnato un messaggio del Papa. Secondo quanto riferito da fonti governative locali insieme hanno discusso “un'ampia gamma di questioni relative all'attuazione della pace e alla preparazione del Paese alle elezioni generali del prossimo anno”. Dal porporato l’invito alla popolazione del Sud Sudan “ad abbracciare lo spirito di pace e riconciliazione per costruire una società armoniosa nel Paese”.
Sempre a Juba lunedì pomeriggio nella cattedrale di Santa Teresa a Juba, Parolin, con il Consiglio delle Chiese del Sud Sudan, organismo che riunisce rappresentanti cattolici, presbiteriani, pentecostali, episcopaliani, e poi con la gioventù ecumenica e con i bambini del Paese, ha piantato alcuni alberi come segno di pace, speranza e unità per le future generazioni. A Malakal dove ha detto di essersi reso conto di persona del grave problema dei rifugiati il porporato ha pregato affinchè cessino le vendette: “Il male - ha detto - non ha l’ultima parola”. Prima del Sud Sudan Parolin ha visitato l’Angola dall’11 al 13 agosto.
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