Urbańczyk: il nostro compito più urgente è evitare la guerra nucleare
Adriana Masotti - Città del Vaticano
"A quasi ottant'anni da Hiroshima e Nagasaki e a sessanta dalla crisi dei missili di Cuba, non abbiamo ancora compreso la lezione ben descritta nell'Enciclica Pacem in terris di Papa Giovanni XXIII - 'le armi nucleari devono essere bandite' - e ripresa da Papa Francesco che ha affermato che 'il possesso di armi nucleari è immorale'". E' l'amara costatazione che monsignor Janusz Urbańczyk ha espresso nel suo intervento alla riunione del primo Comitato preparatorio della Conferenza di revisione del 2026 delle parti del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, il 31 luglio a Vienna.
Fiducia reciproca e dialogo
Di fronte alla minaccia rappresentata dalle armi nucleari è indispensabile che all'interno della Comunità internazionale cresca la fiducia reciproca che può essere costruita solo attraverso "un dialogo che sia veramente diretto al bene comune e non alla protezione di interessi velati o particolari". Citando le parole di Papa Francesco, il rappresentante vaticano presso l'OSCE, ha offerto la visione della Santa Sede ribadendo che "ogni conflitto armato, in particolare la guerra in Ucraina, ci ricorda che la ricerca del dialogo deve essere incessante e che "le armi nucleari e le altre armi di distruzione di massa rappresentano un moltiplicatore di rischi che offre solo un'illusione di pace".
Le ragioni del bando delle armi nucleari
Monsignor Urbańczyk ha elencato poi le ragioni dell'impegno per un mondo libero dalle armi nucleari, prima fra tutte l'inadeguatezza di tali sistemi di difesa "nel rispondere alle minacce alla sicurezza nazionale e internazionale del XXI secolo". Quindi, le conseguenze "catastrofiche" dell'uso delle armi nucleari; lo sperpero "delle risorse umane ed economiche per la loro modernizzazione", risorse che potrebbero essere usate per raggiungere obiettivi come la pace, lo sviluppo e la sicurezza integrale. Ancora, il clima di paura e di sfiducia generato dal loro semplice possesso e infine "i rischi di un'escalation dei conflitti armati convenzionali che coinvolga l'uso di armi nucleari".
Le conseguenze sul pianeta della sperimentazione
A queste ragioni monsignor Urbańczyk ha aggiunto "l'escalation di una 'guerra nucleare dimenticata'" realizzata sul pianeta "impunemente attraverso la sperimentazione di migliaia di ordigni nucleari che hanno colpito sia le popolazioni che gli ecosistemi terrestri, causando effetti negativi per le generazioni future per centinaia e migliaia di anni a venire". La questione della armi nucleari è un problema, ha proseguito, che coinvolge tutti gli Stati e l'intera nostra casa comune. La loro riduzione rappresenta "una sfida e un imperativo morale e umanitario" e richiede "un'etica della solidarietà".
Rinnovare con urgenza l'impegno per il disarmo
La Santa Sede rinnova perciò l'appello agli Stati "ad adottare una rinnovata convinzione di urgenza e impegno per raggiungere accordi concreti e duraturi verso la non proliferazione e il disarmo nucleare". Per il diplomatico vaticano "l'attuazione dell'architettura giuridica del disarmo nucleare" non è procrastinabile e per fare questo è necessario che i singoli Stati riconoscano "che alcune questioni trascendono i ristretti interessi e le agende individuali in virtù del loro contributo al bene comune". "Il nostro compito più urgente è evitare la guerra nucleare", è stata la conclusione di monsignor Urbańczyk: per garantire la sopravvivenza dell'umanità e il bene delle generazioni a venire, "dobbiamo creare un mondo di fraternità, solidarietà e giustizia".
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