Cupich: anche la perdita di una sola vita umana è un evento epocale
L’Osservatore Romano
La solidarietà è «la virtù che ci chiama a svelare e trasformare le strutture del peccato che sono alla radice di tanta sofferenza umana», ma chiama anche a sfidare le strutture sociali che «annientano l’identità morale dei nascituri» e a «vedere il peccato sociale nelle falsità e negli interessi economici che impediscono una risposta forte al cambiamento climatico». Così si è espresso il cardinale Blaise J. Cupich, arcivescovo di Chicago, in un discorso tenuto martedì 26 settembre, nel McNally amphitheatre della Fordham University di New York, sul tema «Il legame della perfezione: dall’etica coerente della vita a un’etica integrale della solidarietà».
L’iniziativa si colloca a quarant’anni dal memorabile discorso pronunciato dal cardinale Joseph Bernardin (1928-1996) — che fu presidente della Conferenza episcopale statunitense (1974-1977) e arcivescovo di Chicago (1982-1996) — nella stessa università, discorso in cui espose una «coerente etica della vita».
Il cardinale Cupich, suo successore sulla cattedra di Chicago, ha cercato di ampliare la conversazione iniziata nel 1983 prendendo come punto di riferimento il magistero di Papa Francesco e il pensiero del cardinale Bernardin, e inserendoli nel contesto sociale americano contemporaneo. Del resto, l’incontro alla Fordham University è stato promosso in un momento di intenso dibattito, a poco più di un anno dalla sentenza «Dobbs vs Jackson Women’s Health Organization» con la quale la Corte suprema degli Stati Uniti d’America, il 24 giugno 2022, ha cancellato il suo storico verdetto «Roe vs Wade» del 1973, sopprimendo il “diritto federale di aborto” e lasciando piena sovranità in materia ai singoli Stati. Senza dimenticare che il Paese si prepara a vivere l’importante appuntamento delle elezioni presidenziali del prossimo anno.
Anche quaranta anni fa, i temi legati alla tutela della vita erano al centro dell’attenzione e delle discussioni. In quel contesto, il cardinale Bernardin tenne un discorso fondamentale, che non solo segnò il corso del suo ministero ma cambiò anche il modo in cui la Chiesa si sarebbe occupata delle questioni relative alla vita per gli anni a venire. A Bernardin era stato chiesto di discutere la lettera pastorale della Conferenza episcopale statunitense La sfida della pace, che sei mesi prima aveva fatto notizia a livello nazionale per la sua opposizione alla logica morale della deterrenza nucleare e della guerra. Nel 1983, ha ricordato Cupich, la guerra nucleare era al centro dell’attenzione di molti milioni di persone, poi è stata a lungo “sopita” nella mente degli americani, fino a quando la guerra in Ucraina ha risvegliato nuovamente questa paura.
Quella lettera pastorale, ha osservato il cardinale, collegava i temi della guerra nucleare con l’aborto, ma senza farne un vero e proprio caso. Preoccupato per il modo in cui la questione dell’interruzione di gravidanza e altre questioni di giustizia sociale avevano diviso la Chiesa, Bernardin aveva progettato il suo discorso a Fordham per spiegare questo argomento, all’interno di un quadro che aveva definito «etica coerente della vita»: una prospettiva che egli continuerà a sviluppare fino alla sua morte, avvenuta nel 1996.
Il cardinale Cupich ha voluto riprendere questa intuizione essenziale del cardinale Bernardin, indicandola come un percorso per la Chiesa di oggi. È necessario, ha detto, recuperare ed estendere «l’etica coerente della vita» verso «un’etica integrale della solidarietà». In questo modo, la Chiesa potrebbe offrire un dono al popolo di Dio, anzi, a tutte le persone che cercano il bene comune. Infatti, se la comunità ecclesiale «prende sul serio la chiamata di Papa Francesco a incarnare una Chiesa sinodale, allora dobbiamo inculcare un’etica integrale della solidarietà in tutti i settori della nostra vita comune».
Questa visione, ha spiegato l’arcivescovo di Chicago, nasce dall’acuta percezione del cardinale Bernardin, convinto che una serie di questioni morali, molte delle quali sollevate dalle nuove tecnologie, crea la necessità di «un’etica coerente della vita». D’altra parte, la tutela della vita umana attraversa i temi della genetica, dell’aborto, della pena capitale, della guerra moderna, della cura dei malati terminali. Il cardinale Bernardin, ha sottolineato Cupich, ha radicato queste diverse questioni in un unico principio della fede cattolica: «la perdita anche di una sola vita umana è un evento epocale». In tale prospettiva, aborto, guerra nucleare, povertà, eutanasia, pena capitale condividono «un’identità comune nella negazione del diritto alla vita». Infatti, come affermò il cardinale nel suo discorso a Fordham, «se si sostiene, come facciamo noi, che il diritto di ogni feto a nascere dovrebbe essere protetto dalla legge civile e sostenuto dal consenso civile, allora le nostre responsabilità morali, politiche ed economiche non si fermano al momento della nascita. Coloro che difendono il diritto alla vita dei più deboli tra noi devono essere altrettanto visibili nel sostenere la qualità della vita degli indifesi tra noi: i vecchi e i giovani, gli affamati e i senzatetto, gli immigrati senza documenti e i disoccupati».
In risposta ai critici, i quali temevano che la logica che univa le questioni della guerra nucleare e dell’aborto fosse minata dall’inclusione delle questioni relative alla qualità della vita, il cardinale Bernardin cercò «di fondare l’etica in un quadro teologico più ampio». L’etica coerente avrebbe dovuto essere radicata «non solo nell’inammissibilità di togliere la vita innocente, ma più in generale nella difesa della persona umana», attraversando così «i diversi campi dell’etica sociale, dell’etica medica e dell’etica sessuale». Il tema unificante di queste tre aree, ha osservato Cupich, è la persona umana, la realtà centrale del pensiero morale cattolico.
In questo senso, Bernardin si era reso conto di ciò che Papa Francesco ha poi «continuamente sottolineato nel suo approccio agli insegnamenti sociali della Chiesa»: cioè che tutte «le minacce alla dignità umana sono intrecciate, non semplicemente per coerenza logica, ma per la realtà stessa, poiché le diverse minacce alla vita tendono a rafforzarsi a vicenda».
Nei quattro decenni successivi al discorso del cardinale Bernardin ci sono stati dei cambiamenti nella società statunitense. Cinque di essi sono particolarmente importanti, ha osservato il porporato, citando anzitutto la decisione della Corte suprema degli Stati Uniti nel caso «Dobbs», che ha ribaltato il caso «Roe vs. Wade», rimuovendo un ostacolo legale enormemente distruttivo per la protezione della vita nascente. In secondo luogo, si è acuita la questione del cambiamento climatico che minaccia il pianeta e quindi il futuro dell’umanità stessa; quindi, si sono sviluppate le nuove tecnologie che producono grandi benefici per l’umanità, ma portano anche nuove minacce mortali alla vita umana; ancora, vanno considerate le novità scaturite dai dieci anni di pontificato di Francesco; e, per ultimo, l’intensificazione della polarizzazione nella società occidentale. Si inserisce in questo contesto la solidarietà, che indica l’interconnessione di tutti gli esseri umani, l’unità per cui dovrebbero lottare e la responsabilità per il bene comune che tutti condividiamo.
La solidarietà, ha fatto notare Cupich, «ci protegge dalla disperazione di fronte alle grottesche disuguaglianze di reddito, alle morti precoci dovute alla scarsa assistenza sanitaria, alle barbarie della guerra e al razzismo che ci fa a pezzi». Essa «ci chiama a valutare e regolare moralmente le nuove tecnologie che minacciano la dignità della persona umana», ma offre conferma anche che «viviamo interconnessi e quindi ci aiuta a vedere che le strutture del peccato sono qualcosa che possiamo cambiare». Infatti, come ha osservato il cardinale Bernardin in un altro discorso del 1990, «la virtù della solidarietà può cambiare i cuori e trasformare le strutture sociali. Può liberare il potere di Dio in mezzo a noi e creare una società più giusta e pacifica».
Come disegnare allora gli elementi di un’etica integrale di solidarietà? In primo luogo, sia attraverso la comune ragione umana sia attraverso la Scrittura. In effetti, ha evidenziato Cupich, il cardinale Bernardin aveva ragione a fondare l’etica coerente in un quadro di diritto essenziale, rendendola accessibile a tutte le persone. Ma, ha osservato, «la legge naturale parla il linguaggio della ragione, non della passione». E nell’attuale clima culturale, «la ragione è troppo raramente accolta». Invece, un’etica integrale della solidarietà deve essere radicata nella fonte essenziale della dottrina sociale della Chiesa, ossia nella Scrittura. Il cardinale Cupich ha poi fatto notare, in proposito, che Dio desidera la salvezza non solo per l’intera umanità, ma per l’intera persona umana, come si evince appunto dai Sacri testi. Infatti, Gesù porta avanti l’opera del Padre nel suo ministero di guarigione.
In secondo luogo, il porporato ha spiegato che un’etica della solidarietà efficace deve «essere animata dalla virtù della compassione, o empatia». Al riguardo ha ricordato che quattordici anni fa, la Conferenza episcopale statunitense ha intrapreso un progetto di ricerca, finanziato dal Lilly Endowment, che cercava di trovare un “ponte” tra cattolici animati da diverse visioni relative all’aborto, alla tutela della vita, alla povertà. L’idea “ponte” in grado di collegare «i due poli era la compassione». È questo che ha portato donne e uomini a superare le loro convinzioni per abbracciare la sofferenza umana nell’«altro campo», facendo comprendere che la sofferenza stessa accomuna le questioni dell’aborto, della guerra e della pace, dell’eutanasia, della pena di morte e della povertà, perché «gli elementi fondamentali della dignità umana sono sotto attacco». La compassione vanifica «la logica degli sport di squadra che sembra governare la vita civile di oggi, in cui la crudeltà verso i propri avversari ideologici ha assunto una forma perversa di moneta culturale». Lo fa sostituendo «la logica della competizione con quella dell’amore».
In terzo luogo, ha aggiunto il cardinale, un’etica globale della solidarietà ha bisogno di avere «una profonda prospettiva globale», come sottolinea Papa Francesco nella Fratelli tutti. Un’etica della solidarietà deve essere pervasa dal senso delle «responsabilità globali». Sui temi del cambiamento climatico, della guerra e della pace, le attività americane sono spesso determinanti per il mondo. In questo senso, il sostegno che viene dallo Stato può «salvare vite umane, sia di nascituri che di anziani, di coloro che soffrono la guerra e la carestia», di coloro che «cercano di meglio per le loro famiglie in fuga dalla persecuzione o dalla violenza»; oppure può indirizzarsi altrove e lasciarli abbandonati. Se un’etica integrale della solidarietà deve «essere veramente cattolica», ha affermato Cupich, «non può fermarsi ai nostri confini».
In quarto luogo, il porporato ha sottolineato la dimensione «sinodale» dell’etica integrale della solidarietà. «Viviamo in una Chiesa sinodale», ha fatto notare. Infatti, se c’è una speranza «di alimentare il sostegno a un’etica integrale della solidarietà, radicata nella compassione, formata dalla ragione umana comune e dalle Scritture, globale nella visione, dedicata alla difesa della vita e della dignità umana contro le loro numerose minacce, tale insegnamento non può essere imposto dall’alto». Molti di coloro che hanno partecipato ai dialoghi sinodali dello scorso anno negli Stati Uniti sono rimasti colpiti dalla libertà con cui hanno potuto condividere le loro gioie, i loro dolori e le loro speranze nella Chiesa e per la Chiesa. Il cardinale ha osservato, per esempio, che negli ultimi cinque decenni la Chiesa americana si è impegnata nel processo “Encuentro” per formare e attuare un piano pastorale per il ministero dedicato ai fedeli di lingua ispanica. Il processo è stato «profondamente sinodale e si è svolto a tutti i livelli della vita della Chiesa».
In quinto luogo, ha evidenziato infine Cupich, «un’etica integrale della solidarietà deve essere radicata nella preghiera». A questo proposito, il cardinale ha ricordato che nelle settimane precedenti la sua morte, il cardinale Bernardin stava lavorando a Il dono della pace, il libro di memorie spirituali che copre gli ultimi tre anni della sua vita. Il testo inizia con una forte meditazione sul suo cammino spirituale, al quale dedicò un capitolo intitolato Lasciar andare, un tema ricorrente mentre affrontava la fine della sua vita terrena. Già dai tempi del seminario aveva cominciato a rendersi conto di uno degli aspetti più importanti della kenosis: la preghiera. Essa «non è una pratica unilaterale. Piuttosto, la preghiera implica l’ascolto e la parola da entrambe le parti». La preghiera, spiegherà altrove, rende difficile «separare e scindere elementi che in realtà sono unità». In questo modo, ha evidenziato il porporato, forse si può pensare alla preghiera come «al primo dialogo. Un tempo e uno spazio che diamo al Signore, per parlare, ma forse più importante, per ascoltare».
Rivedendo la vita e gli insegnamenti del cardinale Bernardin, ci si accorge che «questo figlio del concilio Vaticano II» si è trovato proprio nei tempi e nei luoghi in cui doveva trovarsi. A giudizio di Cupich, più si legge di Joseph Bernardin, «più si ha la sensazione che la sua traiettoria sia in un certo senso inevitabile, cioè provvidenziale». L’uomo i cui genitori immigrati provenivano dal nord Italia, come quelli di Jorge Mario Bergoglio, ha visto il suo «tempo sulla terra segnato da niente di più che un’etica della riconciliazione». Da qui la conclusione del cardinale: «Che dono profondo alla Chiesa e al mondo è stato Joseph, nostro fratello».
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui